Addio al giornalista napoletano Sandro Petrone, storico conduttore del Tg 2. Il ricordo di Alfonso Ruffo

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in foto Sandro Petrone

A 66 anni, dopo una grave malattia che tre anni fa lo aveva costretto ad andare in pensione, è morto questa notte il giornalista napoletano Sandro Petrone, a lungo inviato speciale e conduttore del Tg2. Assunto in Rai nel 1993, ha seguito gli avvenimenti più importanti degli ultimi decenni: dall’attentato a Giovanni Paolo II alla guerra nel Golfo, dalla caduta del Muro di Berlino agli attacchi alle Torri Gemelle, dagli attentati a Madrid a quelli di Oslo, fino alla primavera araba in Tunisia e Libia. Ha lavorato nelle sedi di corrispondenza della Rai di New York, Londra, Parigi e Mosca. Nel 1992 ha seguito le elezioni presidenziali americane, con lunghe permanenze negli Stati Uniti. Autore di programmi è stato tra i realizzatori di Rai Radiosoftware di Raidio Tre, la prima trasmissione d’Europa a comunicare con i computer via etere e a stabilire un circuito interattivo con gli ascoltatori. Prima di approdare definitivamente in Rai (con cui ha cominciato a collaborare nel 1979) ha lavorato a Telemontecarlo; ma nel suo percorso professionale c’eran anche l’esperienza di cronista al Quotidiano di Taranto, Brindisi e Lecce e ancora prima, lui giovanissimo, in alcune radio private. E’ stato inoltre docente di giornalismo e comunicazione, insegnando dall’89 in scuole di giornalismo ed università. Fin da giovane Petrone ha coltivato anche la passione per la musica. Cantautore della corrente culturale e musicale partenopea Vesu-wave, con la raccolta di canzoni e blues “Blues in blu” ha vinto il Premio Santa Marinella 2003. Nel 2010 ha pubblicato l’album “Last call – note di un inviato” e nel 2016 “Solo fumo” che aveva dedicato alla sua malattia (lo presentò a Sanremo nel 2018): una sorta di concept album, un disco che gira attorno ad un’unica storia, quella di un inviato speciale che, dopo quarant’anni in giro per il mondo, lascia il giornalismo per tornare cantautore, come in gioventù, nella Napoli della Vesuwave. Da circa cinque anni Petrone combatteva con un micorocitoma che aveva colpito i suoi polmoni e contro il quale aveva combattuto con grande forza, sottoponendosi anche a cure sperimentali.
“Una grave perdita per il giornalismo, un esempio per tutti”: così il direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, commenta con l’Adnkronos la morte del giornalista caporedattore degli Esteri del Tg2 prima di andare in pensione . “Io ricordo Petrone come un grandissimo professionista, una persona puntuale, innamorata di questo mestiere che in ogni cosa che faceva metteva entusiasmo della prima ora. Per lui il giornalismo non è mai stato una routine – osserva Sangiuliano – ma una ricerca attenta e un’indagine permanente della realtà”. “Era napoletano come me. Lo ricordo dai tempi del Giornale di Napoli dove lui fu praticante nella redazione spettacoli – racconta il direttore -. Quando lo incrociavo, mentre ero vicedirettore al Tg1, c’erano sempre dei simpatici scambi di battuta sulla comune napoletanità. Oggi gli dedichiamo un titolo in tutte le edizioni del telegiornale”.
“Era orgoglioso e appassionato del suo lavoro. Sempre gentile. Pronto a partire. Un professionista che amava la tv, amava la Rai, credeva nel Servizio Pubblico”. Così in una nota l’Esecutivo Usigrai ricorda lo storico conduttore del Tg2. “Sandro Petrone è stato un volto, è stato una firma. Ed è stato anche un docente per decine di giovani professionisti alla Scuola di Giornalismo di Perugia – prosegue l’Usigrai – ai quali trasmetteva la passione e la competenza per la televisione come linguaggio. Non ha mai nascosto la sua malattia. Anzi, ha lottato con grinta e determinazione. Ha portato sempre con sé l’orgoglio delle sue origini napoletane, e l’amore per la musica coltivato sin dagli anni ’70 insieme ai migliori interpreti e rappresentanti della musica partenopea. Alla sua famiglia, l’abbraccio delle giornaliste e dei giornalisti della Rai”.
“Sandro Petrone è stato un giornalista educato, sensibile e puntuale, che si trattasse di raccontare la guerra o di condurre un tg in studio. Era malato da tempo e la musica è stata la passione che lo ha tenuto legato alla vita. Mi dispiace tanto non ci sia più”. Lo scrive su Twitter l’ex direttore de ‘la Repubblica’, Mario Calabresi.

Il ricordo di Alfonso Ruffo
In principio è stato per me il figlio di Toto, straordinario pioniere della comunicazione in Italia. Presto è diventato Sandro. E ho voluto bene anche a lui per la gentilezza e la generosità nella vita e nella professione, qualità assai rare tra gli uomini e soprattutto tra i giornalisti. Che fosse inviato in guerra, conducesse un tg o introducesse i giovani al mestiere metteva lo stesso impegno, la stessa passione. Lascia un vuoto grande ma il suo esempio resterà per sempre.