di Riccardo Vizzino, avvocato
Danilo Griffo, avvocato
Giuseppe Lamberti, consulente d’Impresa
Michele Cavallone, presidente Unione Artigiani Italiani e Pmi di Salerno
L’Italia non si salva con gli slogan. A due mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria causata dal diffondersi del virus Covid-19, c’è chi in Italia, ancora non si è reso conto che il Paese non ha bisogno di slogan preconfezionati, ma di azioni intelligenti e concrete, non solo sotto il profilo sanitario, ma soprattutto in campo economico. Oggi l’Italia soffre per un sistema produttivo che già prima della pandemia si reggeva sull’inventiva e sulla determinazione dei privati, mettendo a nudo, di fatti, una macchina pubblica lenta e inefficiente. Ritornando al tempo attuale, ciò che davvero emerge e fa paura è sicuramente l’improvvisazione dettata da una totale mancanza di percezione della realtà: imprese abbandonate al proprio destino e costrette, tra l’altro, ad indebitarsi per far fronte ai propri impegni economici. Con il DPCM dell’8 Aprile, alla cronaca fantascientifica, conosciuto come “Decreto Liquidità”, il Governo Conte proponeva misure urgenti in materia di accesso al credito semplificando e garantendo l’accesso al credito da parte degli operatori economici, accesso poi rivelatosi ricco di ostacoli, a volte anche insormontabili. Ostacoli diventati sempre più concreti, al punto che, chi come il Premier Conte, si rivolge alle banche “chiedendo un atto d’amore” forse non conosce i limiti imposti dalle normative europee nella concessione di prestiti e ai vincoli a cui le stesse sono sottoposte, vincoli resi ancora più stringenti dalla mancanza di liquidità da cui oggi il sistema economico-finanziario è afflitto. Non siamo al Grande Fratello o a Stranamore, non servono “atti d’amore”, ma atti di Governo capaci di sostenere da un lato il sistema produttivo italiano composto in prevalenza da imprese di micro e piccole dimensioni, e dall’altro lato creare tutte le condizioni economiche in grado di generare uno shock economico inteso quale sostegno alla domanda di beni e servizi. Non servono professori, accademici o esperti internazionali, queste sono nozioni base di economia politica che nulla hanno a che fare con misure improvvisate e per nulla efficaci: il sistema produttivo del paese sta morendo e l’unica cura che gli si propone è quella di rendere più rapida la morte.Il nostro punto di vista, per quanto personale possa essere, trova inequivocabile fondatezza nelle dichiarazioni di svariati direttori di noti Istituti di credito, i quali senza mezzi termini e senza riserve, hanno ribattezzato il Decreto in “Decreto Indebitamento”, sottolineando come, con tale misura, il Governo abbia in sostanza spinto le imprese ad accollarsi i problemi e i limiti del <> e decretando la morte di decine di migliaia di aziende impossibilitate nel reggere l’urto economico causato dalla pandemia. Ma oltre al danno, anche la beffa: il Decreto, nella pratica, non apre la possibilità a quei soggetti economici che, negli anni precedenti, si sono trovati nelle condizioni di insolvenza creditizia, di accedere alle misure in esso previste, oltre a non tutelare chi è costretto, suo malgrado, ad indebitarsi con il sistema bancario per far fronte ai propri impegni d’impresa. Eppure, basterebbe ascoltare il mondo produttivo, le imprese, gli operatori economici che oggi si trovano, abbandonati, ad affrontare mille difficoltà pur di garantire ai propri familiari i pasti giornalieri e se c’è una cosa che il Decreto del Governo non tutela, è la dignità umana intesa come possibilità dell’individuo di provvedere alla propria sopravvivenza e a quella della propria famiglia.
La demagogia e la ontologica mancanza di concretezza risolutiva che caratterizzano gli atti di questo governo si possono riassume nel semplice fatto che: da un lato, nessuno sgravio fiscale è stato previsto a vantaggio delle pmi (che rappresentano il 98% del PIL nazionale), essendo invece stato predisposto un mero slittamento di qualche mese dei consueti adempimenti; dall’altro nessun finanziamento a fondo perduto è stato messo a disposizione (a differenza di molti altri paesi dell’Eurozona in cui, non solo sono stati previsti ma addirittura già eseguiti).
Il risultato ovvio che scaturisce da questo stato dei fatti è che a settembre (ovverosia quando gli effetti della crisi saranno probabilmente nel pieno della loro sublimazione), le aziende italiane più fortunate si troveranno a dover far fronte ai carichi fiscali ordinari oltre a quelli arretrati, nonché all’indebitamento bancario che si è dovuto assumere “coattivamente” per ripristinare un minimo di liquidità nel periodo di lockdown. Le aziende meno fortunate, di contro, avranno chiuso prima, magari giustappunto perché non saranno riuscite nemmeno ad indebitarsi ulteriormente in ragione dei frequenti dinieghi in questo senso posti dalle banche, come si sta già verificando.
Il tutto senza considerare che, sempre da settembre, atteso il differente “rating” dell’Italia rispetto a quello di altri paesi membri come, su tutti, la Germania (che genera un differente tasso di interesse sugli aiuti finanziari ricevuti), le imprese italiane subiranno come se non bastasse la brutale concorrenza delle aziende tedesche e francesi, molto più perforanti delle nostre sebbene non per propri meriti bensì per le diverse condizioni di indebitamento pubblico del loro sistema di appartenenza. Fenomeno in vero già strutturalmente in corso ma che, grazie agli effetti dell’odierna pandemia, accuserà un’accelerazione esponenziale e drammatica.
Si chiedono, pertanto, misure urgenti ed intelligenti, che vadano a sostenere realmente le imprese attraverso l’abbattimento dei costi fissi che, nonostante il lockdown continuano ad esserci, ed attraverso strumenti in grado creare un impatto economico valido alla tutela del mondo imprenditoriale:
La possibilità di accesso al credito anche da parte di quei soggetti che in passato, hanno contratto sofferenze bancarie, con conseguente iscrizione di morosità nelle centrali rischi creditizie;
Concessione di crediti su conti correnti vincolati, impignorabili, al fine di garantire i contraenti in caso di insolvenza ed evitando, inoltre, che tale situazione possa provocare un popolo di soggetti che, purtroppo, non potrebbero più affidarsi al credito per esigenze personali o aziendali;
La creazione di commissioni su base regionale, con compiti di controllo e vigilanza sui crediti concessi alle imprese, per garantire un utilizzo lecito e nel rispetto delle norme;
Soppressione momentanea, di tutte quelle spese e tutti quei tributi, anche locali, dovuti dalle imprese in quanto utilizzatrici di servizi come ad esempio le imposte relative alla produzione di rifiuti oppure alla quota per il trasporto dell’energia elettrica, visto che di fatto, ad oggi non potendo svolgere normalmente la propria attività, non godono di tali prestazioni;
Sospendere il pagamento delle utenze e dei canoni di locazione (sia commerciali che privati) per tutti i soggetti direttamente od indirettamente colpiti dalla crisi, per tutt la durata della medesima;
Rendere inammissibili/improcedibili le ingiunzioni di sfratto per morosità (sia commerciali che ad uso abitativo) a tutti i soggetti direttamente od indirettamente colpiti dalla crisi per tutta la durata della stessa; giacché l’inadempimento non è a questi ultimi imputabile;
Rendere inammissibili/improcedibili i ricorsi di fallimento avverso le aziende le cui inadempienze sono maturate nel tempo ed in ragione della crisi;
Decreti validi e atti di responsabilità, quindi, per risollevare un intero Paese, come ad esempio potrebbe essere la commisurazione delle indennità parlamentari alle effettive presenze in aula e destinando di conseguenza la parte eccedente al mondo imprenditoriale, quello che oggi, vista la situazione drammatica, non riesce nemmeno a provvedere al proprio sostentamento.
Sarebbe, infine, il caso di intensificare i controlli dei clandestini e dei Rom rimasti senza quel lavoro non dichiarato che prima consentiva loro di vivere, specie nelle grandi città, evitando così drammi come quelli che in questi giorni hanno interessato la città di Napoli, prevedendo a tal proposito pattuglie delle forze armate IN OGNI QUARTIERE E nei luoghi ritenuti più a rischio Slogan e atti d’amore, sono ingredienti di una ricetta che, come si è visto, non è in grado di risollevare il sistema produttivo italiano, ma sono solo strumenti per alimentare la visibilità mediatica.