Jorit, tre domande sull’Arte

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In foto il murale dedicato da Jorit al medico e ricercatore del Pascale Paolo Antonio Ascierto

L’occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

La rubrica L’occhio di Leone ha scelto di porre tre domande, semplici ma aperte a molte riflessioni, ad alcuni artisti che, oggi, rispecchiano il fare contemporaneo, secondo diversi punti di vista e prospettive. In un momento come quello che stiamo affrontando, a cui, forse non eravamo preparati, abbiamo scelto di incontrare Jorit Agoch, lo street artist di fama internazionale, di origine partenopea, il quale, proprio mentre stiamo scrivendo, ha reso noto il suo ultimo lavoro, un ritratto del dottor Paolo Ascierto, il medico napoletano in prima linea contro il Covid-19, nei giorni scorsi al centro di polemiche mediatiche, in una inutile guerra che si continua a svolgere tra Nord e Sud Italia. Jorit, accoglie così nella sua ‘tribù umana’ anche l’oncologo dell’Istituto Pascale di Napoli – un’eccellenza sanitaria nazionale – il quale ha avviato con buoni risultati la sperimentazione dell’oramai noto farmaco Tocilizumab contro gli effetti gravi del coronavirus.
Jorit, ancora una volta, si schiera, prende posizione, perché l’arte, per lui, è una sorta di missione, di racconto di ciò che, solitamente, viene celato e che Egli, al contrario, porta sui muri delle città, affinché la conoscenza sia per tutti.

Che cos’è, per te, l’arte?
L’arte per me è tutto e niente. È una parola che può indicare meraviglie e, al tempo stesso, incredibili banalità. Ormai tutti si definiscono artisti ma pochi effettivamente lo sono. Personalmente, io ho molta difficoltà a definirmi ‘artista’ perché per me l’arte è qualcosa di estremamente serio. È come la filosofia, la più alta espressione dell’essere umano. Anzi, direi che è addirittura un gradino sopra la filosofia perché a differenza di quest’ultima non ha limiti di carattere accademico né deve dar conto a una platea. L’arte è libera. Quella vera, inoltre, è profonda. Scava nella sostanza della realtà. E giudica e interroga. Non basta qualche chiacchiera per fare arte e non basta l’estetica… Molti mi considerano un artista figurativo ma io, se proprio debbo onorarmi di questa definizione, preferisco considerarmi un artista concettuale.

Cosa prospetta il panorama artistico, oggi, secondo te?
Vedo una grande crisi dell’arte contemporanea, quella museale per intenderci, quella che sotto una parvenza di spessore culturale nasconde la vuotezza di senso. Non a caso buona parte di questa cosiddetta arte è avversa dalle masse e alle masse appare come il dito medio di Cattelan: molti credono sia rivolto alla finanza e ai mercati in realtà è rivolto dalla finanza alle masse perché quest’arte è per le élite. Ma non quelle illuminate che si adoperano per il progresso. NO. Queste sono élite parassitarie e sciatte, che tendono inesorabilmente al declino. Al contrario, invece, vedo molta forza in Banksy, in parte del movimento della street art e più in generale in tutta quell’arte legata all’espressione popolare che sempre più pone domande e sempre più offre risposte aprendo, con chiavi semplici e accessibili, enormi porte di verità e umanità.

Gli artisti cosa si aspettano dai mediatori culturali, dai galleristi, critici, curatori e giornalisti?
Non so cosa si aspettano gli ‘artisti’… Io personalmente non mi aspetto niente, ormai molte figure sono destinate a scomparire e certe modalità di fare arte sono già parte di un mondo che non esiste più. L’artista di domani sarà quello che più di tutti renderà grande il chiedersi il perché delle cose. La decorazione è un’altra cosa…
In tale riflessione, Jorit, si propone come un artista lontano dalle regole che affollano quel contemporaneo che appartiene ai festival, alle fiere, alle gallerie, riportando il discorso di arte pubblica al centro della discussione con le istituzioni, chiedendo a queste ultime di assumersi responsabilità che paiono aver dimenticato od accantonato. La spettacolarizzazione non interessa a Jorit, così come quel punto di vista che ha usato la street art come ‘decorazione per le periferie’. I suoi ritratti sono altro, parlano di una storia che sale sulle facciate dalle viscere delle città, spesso dagli abissi degli ultimi, proponendosi come lampante realtà.

In foto Cina, opera murale di Jorit
In foto Cuba, opera murale di Jorit
In foto Diego, opera murale di Jorit
In foto Gennaro, opera murale di Jorit