Italia e NATO, cooperazione diplomatica per le nuove sfide da affrontare

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Innfoto Francesco Maria Talò, ambasciatore permanente dell'Italia presso la NATO

L’appuntamento è per il 7 Febbraio 2020: la Conferenza “Italia e NATO: cooperazione e nuove sfide” con l’Ambasciatore Francesco M. Talò si prefigge l’obiettivo di analizzare, in modo critico, la partecipazione italiana alla NATO. L’Ambasciatore Francesco M. Talò, Rappresentante Permanente d’Italia presso la NATO, il Prof. Vittorio E. Parsi, docente di Relazioni Internazionali, il Prof. De Leonardis, docente di Storia dei Trattati e Politica Internazionale, e Fabrizio W. Luciolli, Presidente del Comitato Atlantico Italiano, discutono del ruolo della NATO all’interno del sistema internazionale odierno, con particolare attenzione al multilateralismo italiano degli ultimi 65 anni. Il luogo è Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore 1 Largo Agostino Gemelli .
L’Italia è uno degli Stati fondatori della NATO. Per quanto sconfitta nella seconda guerra mondiale, vi è stata ammessa fin dal principio ed ha partecipato alla sua costruzione. Il Trattato Atlantico nacque il 4 aprile del 1949 e fu pensato e voluto da USA e Gran Bretagna per “contrastare il comunismo”, di conseguenza la NATO è sorta come organizzazione tra vincitori e neutrali alla fine della seconda guerra mondiale; c’era bisogno dell’Italia e in Italia c’era una classe politica che aveva bisogno della nato (DC con il suo presidente De Gasperi). Attualmente sono assegnate alla NATO le seguenti unità operative dell’Esercito: 4 divisioni di fanteria (divisioni Cremona, Legnano, Granatieri di Sardegna, Mantova); 5 brigate alpine di 600 uomini ciascuna, assegnate alla forza mobile nato (brigate Cadore, Julia, Orobica, Taurinense, Tridentina); 2 divisioni corazzate (Ariete e Centauro); 1 brigata missili terra-aria (Mestre); 4 battaglioni di artiglieria con missili terra-aria. Tutta la Marina Militare italiana è assegnata alla nato. Per quanto riguarda l’Aereonautica Militare, sono assegnati alla V Allied Tactical Air Force della nato: 3 squadroni cacciabombardieri Starfighter ; 3 squadroni cacciabombardieri Thunderstreak; 3 squadroni cacciabombardieri Tornado ; 3 squadroni di attacco G91 Fiat; 3 squadroni da caccia F86k; 3 squadroni intercettori F104 ; 3 squadroni da ricognizione ; 3 squadroni da trasporto ; 2 squadroni lanciamissili .
In pratica quasi tutto l’esercito italiano è sotto comando USA o a sua disposizione. Nonostante questo spiegamento di forze e questo ampio “regalo” alla nato, all’interno dell’Alleanza l’Italia non ha un grosso peso militare. Messo a confronto con l’esercito USA e con quello della Gran Bretagna, l’esercito del governo italiano appare comunque una forza minoritaria.
All’interno dell’Alleanza la supremazia politica di USA e Canada non è in discussione, ma tra i partner europei c’è un delicato equilibrio da conservare, per cui l’Italia deve sopperire a questa debolezza militare in altri modi, come ad esempio mettendo a disposizione degli alleati le proprie installazioni per gli attachi USA. L’Italia partecipa alla NATO anche (forse soprattutto) economicamente: contribuisce alle spese NATO per il 9,2% del totale. La cifra nominale è in costante aumento anno dopo anno. Per il 2000 l’Italia ha versato alla NATO 43 miliardi di lire. Inoltre il governo italiano acquista continuamente nuovi sistemi d’arma dall’estero. Naturalmente, tranne poche eccezioni, si tratta di armamenti di fabbricazione USA. Infatti, come molti analisti affermano, l’utilità principale della nato sta nel realizzare uno sbocco naturale per l’industria bellica americana e nel fornire agli USA un esercito a spese dei governi europei. Qual è quindi il ruolo dell’Italia all’interno della Nato? Possiamo dire con certezza che il ruolo dell’Italia è quello di dare vita ad una polizia internazionale. Tale ipotesi è avallata dai primi “esperimenti sul campo”, avvenuti con l’invio di battaglioni di carabinieri prima a Sarajevo poi in Kossovo, in Afghanistan ed ora in Iraq per “il mantenimento dell’ordine pubblico”.
Notando lo squilibrio numerico tra forze armate e forze dedicate al mantenimento dell’ordine pubblico (350.000 militari contro 500.000 effettivi tra polizia, carabinieri e guardia di finanza), si può ipotizzare per l’Italia un ruolo effettivo di polizia/pulizia internazionale, auspicato dagli alleati, e l’ammontare delle spese dello Stato sembra confermarlo. Ogni qualvolta si prende in considerazione l’aspetto più eclatante del militarismo, quello che colpisce maggiormente l’immaginario e cioè la guerra, si tendono a trascurare i diversi effetti che questo comporta sui terrori dove risiede, opera e si estende. Durante l’attacco in Serbia e Kosovo, portato a termine dalla NATO con il patrocinio dell’ONU, le operazioni e i sorvoli dei cacciabombardieri alleati hanno lasciato su vasti tratti del mar adriatico residui e scorie di missili e cluster bomb. Il governo italiano di allora (centro-sinistra) accettò di far mettere il segreto Nato sulla mappa delle zone dell’Adriatico in cui “potevano” essere gettate le bombe. Quella sudditanza venne pagata allora dal ritrovamento accidentale degli ordigni bellici nelle acque antistanti le coste dove si ferirono 3 pescatori e si sfiorò più volte la tragedia. Provocando inoltre un dissesto all’eco-sistema marino e gravi perdite economiche ai pescatori.
Ma l’abitudine di sganciare ordigni in Adriatico, di scaricare sul territorio il contenuto dei serbatoi aerei in fase di atterraggio, di versare combustibile aereo nelle falde acquifere, di nascondere testate nucleari all’interno della basi USAF e NATO, di ignorare i piani di volo degli aerei militari in esercitazione sono una prassi e non un eccezione.
Il problema quindi è che molti giudicano il ruolo italiano nella Nato una pura sdditanza agli Stati Uniti, come se questo fosse ancora lo scotto da pagare per le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, e in parte questo è anche vero. Però è il carattere stesso della Nato, che è visto da molti erroneamente come un organismo internazionale e in particolare europeo, nasce come organismo militare angloamericano per contrastare la crescita del comunismo, e finisce per essere oggi una realtà priva di contenuti attuali ma sempre in mano all’egida americana. Il ruolo dell’Italia è però sempre più determinante perché tutti i movimenti che avvengono nel Mediterraneo, al largo delle nostre coste non possono essere ininfluenti sulla vita italiana , ma si deve per questo rivedere il prestigio e il ruolo del nostro Paese che non può essere quello che paga anora lo scotto di una guerra perduta.