Quegli eroi di un secolo fa

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Cento anni fa l’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico per completare il Risorgimento e conquistare il Sacro Confine della Patria. Le cose andarono diversamente, la Vittoria fu… “mutilata”, l’Epopea, alla fine triste e dolorosa, di Gabriele D’Annunzio a Fiume ne fu la conseguenza più vistosa ed allo stesso tempo più frustrante. Per lungo tempo, comunque, il bollettino della Vittoria del Generale Armando Diaz fece da contrappunto ai nostri primi studi sulla storia Patria. Il Fascismo fu, insieme, conseguenza della delusione di un intera generazione e cassa di risonanza per quella che, comunque, era stata una grande Vittoria, che aveva esaltato lo spirito patriottico degli Italiani alla prima prova dopo le Guerre di Indipendenza, che avevano determinato l’Unità d’Italia con Roma Capitale. Per troppo tempo le crudeltà “ordinate” dal Generale Cadorna, di cui alle tragiche “decimazioni” dei soldati Italiani, furono taciute per non scalfire quella Epopea. Dopo cento anni, nel mio piccolo, voglio rendere omaggio a tre umili vicini di casa, soldati nella Grande Guerra: Antonio e Vito Carcaterra, Michele Calise. Vicini di casa a Forio, sull’Isola d’Ischia, nelle campagne, allora, di Monterone. Avevo dieci, dodici anni e frequentavo soprattutto la casa di Antonio Carcaterra con la moglie Lucia, i figli Giuseppe, Carolina, Vito, Nicola. A casa non avevo ancora la luce elettrica, allora gestita dal privato, da loro andavo per ascoltare la radio, con la musica lirica, le partite di calcio, gli arrivi delle tappe del Tour de France e del Giro d’Italia. Antonio zoppicava ed aveva delle bende ad un piede che cambiava ogni giorno. Con la curiosità ingenua del bambino, gli chiesi il perché di quelle bende e lui, sempre simpatico, raccontò della vita al fronte, in trincea, in quella tragica Grande Guerra insieme a suo fratello Vito, a Michele Calise ed a tanti altri giovani, e di come avessero deciso, alcuni di loro, di lasciarsi congelare i piedi, pur di tornare a casa da quell’inferno. “Deciso” forse non è la parola giusta, ma è certo che quel congelamento, che aveva provocato una cancrena, che non sarebbe mai guarita, era il frutto della disperazione di migliaia di giovani spesso mandati letteralmente al macello da scelte, anche strategiche, folli, magari per conquistare solo uno sperone di montagna. Nelle stesse condizioni erano Vito Carcaterra e Michele Calise, anche se non zoppicavano. Questa storia mi colpì così tanto che, fra lo stupore degli esaminatori e della Presidente della Commissione d’esami, una professoressa “esterna”, colta e sensibile, volli raccontarla, cogliendo l’occasione della consueta, per quei tempi, domanda sulla prima Guerra Mondiale. Voglio rendere omaggio a quei tre vicini di casa ed a tantissimi giovani di quella generazione, che, alla mia giovanissima età cominciarono, con il racconto delle loro sofferenze, a farmi conoscere l’orrore della Guerra ed il valore positivo della Pace. Oggi il dibattito è aperto per riabilitare i morti per decimazione ed anche quelli per diserzione: come non capire, sul piano umano, il dolore, lo smarrimento di tanti poveri ragazzi, per lo più contadini o pescatori, fuori della casa per la prima volta, lontani dalle famiglie e con la morte negli occhi nell’orribile esperienza della trincea?! Non a caso Benedetto XV parlò “di inutile strage”. Mentre l’Italia e l’Europa celebrano questo centenario, anche io, con gratitudine, voglio ricordare questi “eroi” umili della vita, che non ebbero la forza di morire per una guerra che non comprendevano, che non sentivano come loro e non ne capivano le ragioni. A fronte di queste considerazioni, il coraggio di tantissimi altri, che, invece, combattererono, e morirono, assume ancora più valore! Furono loro a conquistare la Vittoria, ma resto ancora colpito dalla tragedia umana che vissero tantissimi altri oscuri, dimenticati, spesso dileggiati. Oggi che sull’Europa soffiano forti i venti della disgregazione, i Governanti sappiano essere all’altezza del loro compito e operare per conservare il valore della Pace e della Vita.Il problema della lotta alla corruzione non è solo quello di inasprirne le pene e l’altro di allungare i tempi della prescrizione. Nei Paesi in cui c’è la pena di morte non sono diminuiti i delitti. Il problema vero è quello di recuperare Valori, di creare opinione e diverso modo di pensare: non si delinque, non si corrompe perché le pene sono più elevate, ma perché non sta bene, non si vive meglio con il frutto del malaffare. Per fortuna Papa Francesco, forte del messaggio Evangelico, lo sta gridando a tutto il Mondo, a cominciare dalla Chiesa stessa. In questi giorni torna evidente la corruzione nel mondo del Calcio, che veniva considerato “lo Sport più bello del mondo”. La corruzione nello Sport è ancora più odiosa, eppure tanti, come dimostrano le inchieste aperte nel tempo, vivono proprio di corruzione, alla quale tentano di affiliare altri “proseliti”. Certo, nel settore calcistico gioca anche la mediocrità culturale dei massimi dirigenti, ma non vi è dubbio che anche quel mondo è lo specchio della deriva alla quale si sta avviando questa nostra società. E non sembra ci siano antidoti efficaci se non quello, auspicato, di Oscar Wilde: “la Bellezza salverà il Mondo”! Questa è la speranza! Infuria la battaglia sui candidati “impresentabili”, fra l’altro non tutti “identificati”, messi alla gogna fino all’invito, anche di Renzi, almeno per i suoi, a non votarli! Sarebbe utile anche un’altra battaglia, quella sugli incompetenti, sugli inetti, sugli incapaci, sugli assolutamente “improbabili”, sui tanti, e tante, che non sanno neppure cosa sia l’Istituto Regionale, previsto dalla nostra Costituzione!