Cenacoli pompeiani, il gusto della Storia

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di Fiorella Franchini

La Caupona di Masseria Curato a Pompei ha inaugurato lo scorso 6 dicembre una serie di cene letterarie in cui saperi e sapori si fondono per ricreare originali suggestioni. Nei ricercati spazi dell’archeo ristorante che ricostruisce, attraverso la riproduzione dell’ambiente dell’epoca romana e un menù ispirato alle famose ricette tratte da il “De Re Conquinqria” di Marco Gavio Apicio, le atmosfere di un tempo passato, l’ingegnere Flavio Russo, esperto di storia militare e storico vesuviano, racconterà in dieci appuntamenti e fino a maggio 2020, le vicende del territorio, dai miti alla ricostruzione del cataclisma del 79 d. C., dalla vita quotidiana, alle ville famose e ai personaggi illustri, economia, religioni, arte, accompagnato dalle letture di Adelaide Oliano.

Ingegner Russo ci sono stati segnali che potevano far presagire la catastrofe o davvero tutti ignoravano che il Vesuvio fosse un vulcano?
Molti sapevano cosa fosse un vulcano e che il Vesuvio era appunto tale, soprattutto gli eruditi, Strabone, Plinio Il Vecchio, ma non ne temevano i furori reputandolo spento definitivamente o quiescente a tempo indeterminato. Per quanto riguarda i segni premonitori, sappiamo da che la zona vesuviana fu devastata da un terribile terremoto nel 62 d.C. L’evento di per sé non appare eccezionale, essendo l’intera regione fortemente sismica ma, Seneca racconta un fatto insolito: un gregge di numerosissime pecore morto asfissiato”. La manifestazione è tipicamente vulcanica e in quanto tale riconduce al Vesuvio anche il terremoto. Quanto agli sciami sismici, che precedono un’eruzione, sappiamo proprio dalla seconda lettera di Plinio il giovane che, almeno nel corso della settimana precedente la catastrofe, se ne percepirono anche a Miseno, cioè a quasi 30 km dal cratere del Vesuvio, con crescente frequenza. Significativamente Plinio il giovane ricorda, nella sua prima lettera, che un certo Pomponiano, la cui villa si trovava nei pressi di Stabia forse addirittura non lontano della foce del Sarno, già da alcuni giorni, aveva caricato quanto di più prezioso possedeva su alcune sue imbarcazioni. Essendo a vela attendeva, con comprensibile ansia, il vento propizio per allontanarsi dalla paventata minaccia. E poi ci sono i danni che avevano interrotto l’acquedotto augusteo, dovuti agli smottamenti del terreno. I segnali non mancavano ma, forse, per atavico fatalismo, in tanti non se ne curarono confidando nella protezione degli dei cui tanti templi erano stati innalzati.

Chi erano gli abitanti di Pompei, Ercolano, Olplonti, Stabiae?

Dopo il forte terremoto del 62 un con epicentro a Stabiae, Pompei, Ercolano e la piana circostante subirono numerosi danni e crolli. Il sisma ebbe un impatto negativo sulla vita cittadina: molte delle personalità più ricche, temendo per la propria incolumità, si trasferirono in altre zone, mentre il commercio calò bruscamente. Tuttavia molti facoltosi patrizi, a cui si aggiunsero commercianti e liberti, restarono e le città diventarono un cantiere dove l’attività principale fu quella della ricostruzione, con esempi di speculazione edilizia e molti si arricchiscono con gli affitti o con gli appalti dei lavori di restauro.

Perché la grande flotta di Roma, comandata dal suo ammiraglio, partì da Miseno?

Curiosità scientifica, sentimento di amicizia, senso del dovere. Partì per portare aiuto alla popolazione locale mettendo in campo un intervento di soccorso che richiese l’impiego di quadriremi. La prima operazione di protezione civile della storia. La nave di Plinio si chiamava “Fortuna” e quando nei pressi di Pompei cominciarono a piovere lapilli sul ponte della nave, al timoniere che gli chiese se non fosse il caso d’invertire la rotta, Plinio replicò: «La Fortuna aiuta i forti!». Purtroppo sia lui che molti soccorritori perirono nel tentativo di recuperare i fuggiaschi.

Il cranio conservato nel Museo dell’Arte Sanitaria di Roma è davvero quello di Plinio il Vecchio, morto nel tentativo di aiutare i suoi amici Pomponiano e Rectinia?

Il cranio appartiene a un uomo di circa cinquanta anni e Plinio, quando morì, ne aveva cinquantasei. Addosso allo scheletro sono stati trovati gioielli e simboli che fanno pensare a uno status di alto rango civile. Il corpo del presunto prefetto è stato trovato insieme ad altri settantadue altri scheletri nel fondo Bottaro, vicino al lido di Stabia dell’epoca. La prova decisiva arriverà da un esame scientifico effettuato con una tecnologia innovativa e a breve avremo le risposte.

Oggi si parla di Public History. Lei condivide questa tendenza a portare la Storia fuori dalle stanze accademiche per avvicinare un pubblico più vasto ai grandi contenuti?

Sicuramente. La Storia è una materia viva e deve essere resa fruibile a quante più persone possibili e per far questo bisogna uscire dagli ambiti specialistici.

Utilizzando forme di comunicazioni molto popolari, non c’è secondo lei, il rischio di una spettacolarizzazione della Storia?

C’è una forte esigenza di rendere riconoscibile la presenza del passato perché permette di ritrovare delle origini, un’identità. Se queste azioni rimangono ancorate ai dati scientifici e la ricostruzione è plausibile, ben venga lo spettacolo della Storia.
La caupona di Francesco Di Martino riproduce fedelmente una delle osterie, in particolare quella di Lucio Vetuzio Placido, in via dell’Abbondanza a Pompei. Tutto è fedelmente ricostruito rispettando i risultati archeologici: il giardino e le sue piante, l’impluvium, i graffiti sulle pareti e gli affreschi, il vino servito nelle coppe di terracotta, gli ingredienti sapientemente cucinati in stufati saporiti, zuppe delicate aromatizzate con alloro e garum. Un format che sarà molto presto esportato all’estero, forse in Lussemburgo, dove alcuni imprenditori hanno fiutato l’originalità della proposta gastronomica e culturale. In mostra anche “lo scorpione di Traiano”, un’arma anticamente utilizzata dall’esercito romano e oggi riprodotta su progetto di Flavio Russo, dopo approfonditi studi, da Archeotecnica di Torre del Greco. La Storia s’insaporisce d’ingredienti variegati, stupisce, emoziona, suggerisce una curiosità intrigante. Non ci resta che assecondare Quinto Orazio Flacco: “Nunc est bibendum” e ubriacarci di consapevolezza.