Occorre saper plasmare la visione

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La mente non pensa mai senza un’immagine. Aristotele Spartaco era un gladiatore romano che nel 71 avanti Cristo guidò la rivolta di un esercito di schiavi. Essi sconfissero per due volte le legioni

La mente non pensa mai senza un’immagine. Aristotele Spartaco era un gladiatore romano che nel 71 avanti Cristo guidò la rivolta di un esercito di schiavi. Essi sconfissero per due volte le legioni romane ma alla fine furono battuti dal generale Marco Crasso. Nel film “Spartacus” la scena centrale è quella in cui il generale dice, rivolgendosi ai sopravvissuti dell’esercito: «ditemi di chi voi è lo schiavo Spartaco e sarete risparmiati». Dopo lunga pausa Spartaco (l’attore era Kirk Douglas) si alza in piedi e dice di essere lui quello che cercano. A questo punto, quasi contemporaneamente, l’uomo vicino si alza e dice «sono io Spartaco». Poi si alza un altro e dice di essere lui e uno dopo l’altro si alzano tutti dicendo di essere Spartaco. La storia, indipendentemente dal fatto che sia vera o no, è certamente interessante per dimostrare cosa s’intende per visione condivisa. Certo gli schiavi alzandosi avevano scelto la morte e certo Spartaco era un leader, ma loro, gli schiavi, non morivano per Spartaco, loro erano leali a un’idea, a una visione che il leader aveva ispirato. La visione era talmente potente, attrattiva, avvincente che nessuno poteva rinunciare. Ricordo che in questo caso era quella della libertà. Dopo aver sperimentato la forza di questa visione, nessuno poteva ritornare in schiavitù. In fondo avere una visione condivisa, vuol dire rispondere a una semplice domanda: «che cosa NOI vogliamo creare?». La visione condivisa fa muovere le intelligenze e le passioni di molte persone perché in qualche modo è un reticolo che tocca una loro visione personale e si sente che il vantaggio è di tutti. I leader hanno e configurano la visione e la strategia per dare significato e cercano di coinvolgere, attrarre altri. I leader aumentano l’appartenenza, intesa soprattutto come “l’aver parte” piuttosto che “far parte”di un sistema, di un ambiente, di un’impresa. Di conseguenza, proprio come un regista teatrale aiuta gli attori a capire il senso della rappresentazione, lo scopo dei movimenti che compiono e del dialogo, un leader deve aiutare chi lavora con lui a capire il ruolo che ha nell’organizzazione, le responsabilità, le attese del sistema e deve dargli valore, così da riceverne. La forza della visione, e la strategia correlata dinamicamente a ogni livello, contribuisce sensibilmente a questa comprensione. Una comprensione emotiva e razionale intrecciata. Una strategia è come una mappa stradale o una traccia per l’azione. indica dove si va, in che modo, usando cosa, con chi, avendo concordato intensamente perché. Se la strategia è una traccia che illustra piccoli dettagli, la visione può essere considerata il modo in cui l’artista rende una struttura animandola con il colore e con immagini. Una visione si esprime in un’enunciazione di uno stato futuro auspicato – uno stato di cose che sotto qualche aspetto importante è meglio di quello attuale. La strategia e la visione al livello del gruppo scaturiscono non solo dalla strategia dell’azienda, ma anche da una base di valori comuni condivisi coerenti con la visione. La visione generale del sistema considerato è sviluppata da un gruppo al vertice dell’organizzazione. La sfida, quindi, con­siste nel comunicarla a tutti i livelli dell’organizzazione, fare in modo che ci sia un “contagio virtuoso” in grado di definire il clima del sistema, la sua cultura e le coerenze interdipendenti delle varie visioni sottosistemiche e personali. Il ruolo del leader consiste nell’affinare e nel plasmare la visione dando senso, collegando i membri del gruppo al lavoro svolto al livello dell’intera organizzazione dove il ruolo di ognuno sia logico in se ma in qualche modo possibile solo attraverso l’intreccio delle responsabilità, dove ognuno contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo dell’altro. Attraverso que­sto processo, le persone acquisiscono una maggiore certezza del valore del proprio lavoro e di come possono contribuire all’avanzamento complessivo dell’azienda e del sistema sociale in genere. Servono leader che attraggano, diano senso e valorizzino il sistema che governano. D’altra parte questo è anche l’unico modo per “giustificare” in potere che hanno. Un capo che non diventa (almeno un poco) leader e non fa crescere il sistema, non solo non serve, ma probabilmente è dannoso e un altissimo costo.