Analisi delle preoccupazioni diplomatiche sull’espansione economica cinese in Europa

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In foto Li Junhua, ambasciatore della Cina in Italia

Dagli accordi commerciali tra Italia e Cina all’Innovation Week di questo periodo la domanda da porsi è quanto possa essere nociva l’espansione incredibile dell’industria cinese per la nostra economia. Da premettere che in realtà parametri di confronto c’è ne sono pochi soprattutto perché fino ad ora i mille vincoli politici ed economici al libero scambio non hanno mai permesso di portare a regime la contrattazione e la diffusione degli accordi un po’ come è successo con la Russia, ove si ha la sensazione che ci si è studiati e annusati senza mai mettere in campo, come termine di paragone, l’effettività e l’efficacia dei prodotti che si sono avuti e delle aziende che vi hanno concorso. Ne proviamo che la sostanzialità e il feedback è in una sorta di attesa perenne perché concretamente ci sono solo dei rapporti di comodo presenti adesso tra le diplomazie dei due Paesi, lasciando ancora una volta alla politica e all’influenza d’oltreoceano lo scettro della decisionalita’. Un’altra opinione interessante è di Domenico Letizia che su ‘Imprese del sud’ analizza lo stesso argomento in maniera molto più organica: “ Il Dragone è in Europa. I tentacoli geopolitici ed economici della Cina in Italia chiamano a raccolta l’intera classe politica che deve interrogarsi sul futuro dei rapporti da intrattenere con il colosso cinese, nuova superpotenza mondiale. “Operazione verità sul vero contenuto degli accordi Italia Cina. Il governo sta consegnando le chiavi di casa alla potenza mondiale che punta al dominio economico e militare globale. Il governo non ha dato alcuna garanzie sulle conseguenze degli accordi firmati con la Cina e che riguardano settori strategici per la nostra sicurezza nazionale e la nostra sovranità economica e tecnologica“, scrivono gli analisti della Fondazione FareFuturo che ha pubblicato un nuovo volume dedicato proprio allo stato di tali rapporti. Oggi la “via della seta” è la più importante infrastruttura navale, ferroviaria, logistica del mondo, quindi è acciaio più che seta. Altrettanto significativi i circa cinquanta accordi collegati, alcuni tra aziende pubbliche, quindi su indirizzo specifico dello Stato, altre di aziende private di varia natura.
Nel MoU non si affronta la tematica commerciale ma si parla di infrastrutture, trasporti, logistica, spazio, telecomunicazioni quindi di assetti strategici.
Ovviamente non si parla di commercio strettamente inteso perché come tutti sanno la politica commerciale è esclusiva competenza dell’Unione europea.
Si parla invece di economia, di finanza e anche di quei settori strategici ma non certamente di commercio in quanto tale, come si è voluto far credere. Il nostro export non ne trarrà alcun beneficio diretto. In questi anni, la Cina è profondamente cambiata, divenendo prevalentemente un Grande Rischio perché è molto accresciuta la sua forza competitiva e perché la presidenza di Xi Jinping ne ha cambiato la postura. Xi Jinping che risulta essere molto in “sintonia” con l’attuale ministero degli Esteri in Italia è l’unico presidente che ha assunto nelle sue mani, dopo Deng Xiaoping, tutti i poteri della struttura cinese: Segretario generale del Partito Comunista, presidente dallo Stato, coordinatore delle forze armate e altri dieci diversi incarichi di coordinamento. Ha inserito il suo Pensiero nella Costituzione cinese. Ha rimosso il vincolo dei due mandati e si pone come un nuovo imperatore della Cina e nel contempo ha modificato profondamente nelle radici la stessa legislazione cinese. “Nel 2017 la “via della seta” è stata inserita nello statuto del partito comunista cinese, come obiettivo strategico per cambiare il mondo. Nel 2018 lo stesso concetto è stato ribadito nel preambolo della Costituzione cinese come nuova alleanza globale, alternativa capace di soppiantare quella del blocco occidentale. Quindi, la via della seta è tutt’altro che uno spot commerciale e nemmeno meramente economico se è inserito nello statuto del partito e nella costituzione della Cina“, dichiarò Adolfo Urso, presidente della Fondazione FareFuturo, durante i lavori del meeting “Il Dragone in Italia. Opportunità e rischi per l’Italia” di cui la successiva pubblicazione degli atti. Inoltre dal 2015 con quattro differenti provvedimenti legislativi che riguardano la sicurezza si fanno una serie di obblighi legislativi tra i quali quello secondo cui i cittadini e le aziende cinesi operanti nel mondo hanno l’obbligo di fornire informazioni e assistenza al proprio Stato, ai propri servizi sicurezza e alle proprie forze armate per motivi di sicurezza. Per sicurezza non intendono soltanto la sicurezza nei confronti della lotta al terrorismo, ma intendono la sovranità economica e l’interesse sociale, in sostanza ogni aspetto della vita nazionale. La piattaforma commerciale Alibaba in Europa, così come ha fatto la grande distribuzione globale francese, favorirà la vendita dei prodotti cinesi in Europa saltando ogni tipo di controllo anche sanitari. Tutto ciò, mentre in questo campo, sull’economia digitale, sull’intelligenza artificiale l’Europa vuole recuperare i suoi macroscopici ritardi proponendo di realizzare un piano straordinario europeo per fare dell’Europa la prima economia sull’intelligenza artificiale. Preoccupazione condivise anche dall’Ambasciatore Giulio Terzi. “La principale minaccia del modello cinese è verso uno Stato di Diritto basato sulla libertà, sulla dignità della persona, su una giustizia equa che risponda esclusivamente a leggi adottate attraverso la libera espressione della volontà popolare e da istituzioni parlamentari che la rappresentino” , dichiarò durante i lavori l’Ambasciatore. “Bisogna tener presente che la Cina domina una vasta gamma di prodotti e servizi marittimi, è il più grande produttore di container marittimi al mondo, è leader per flotta di dragaggio, produzione di gru su nave e a terra. Lo sviluppo di questo comparto, neanche a dirlo, si basa su sussidi statali. Come parte del piano “Made in China 2025″, la Cina mira a catturare il 50% del mercato globale del trasporto marittimo ad alta tecnologia e l’80 dei sistemi e delle attrezzature essenziali per tali navi. Sono tutte attività dual use, civile e militare, che Pechino persegue dichiaratamente nella sua strategia di fusione delle due dimensioni. La storia è piena di esempi di navi civili e infrastrutture marittime impiegate per scopi strategici. La Cina lo sta già facendo nel Mar Cinese Meridionale. E ora la fa nel Tirreno e nell’Adriatico, grazie all’Italia“, è il sunto dell’analisi economica e geopolitica di Giulio Terzi che mette in guardia le istituzioni italiane ed europee ad accordi con la Cina senza imporre il rispetto delle regole e delle convenzioni internazionali sul rispetto dei diritti fondamentali. L’attuale governo italiano rischia di cedere la sovranità economica, politica, sociale e digitale del Paese a una potenza che costituisce, attualmente, la più grande minaccia per la libertà.