di Fiorella Franchini
Michelangelo Merisi torna al Pio Monte, l’istituzione benefica napoletana nata nel Seicento e musealizzata nel 2005 per l’enorme patrimonio artistico che custodisce. Nel 1607 il pittore ebbe il pagamento di 400 ducati per l’esecuzione delle Sette opere di Misericordia, dipinto destinato al presbiterio della Chiesa. Nell’antico edificio Raffaele Messina, scrittore e critico letterario, presenterà il 2 ottobre, alle ore 17 il suo tascabile “Nella bottega di Caravaggio” edito da Colonnese, ambientato durante il suo soggiorno partenopeo tra il 1606 e il 1607, prima della fuga verso Malta. Artista già famoso e conteso dai mecenati del tempo che, stregati dalla sua bravura gli perdonavano la vita dissoluta e intemperante, il Caravaggio trovò nei contrasti della città, nelle luci e nelle ombre il combustibile per alimentare la sua foga creativa. L’autore spinge l’interruttore dell’immaginazione, illuminando il laboratorio del pittore, i gesti quotidiani e le irrefrenabili debolezze. La scrittura ricca e lo stile essenziale conferiscono al racconto una verosimiglianza coinvolgente. Un vero poetico in cui la voce narrante non è invadente e la coerenza dell’ambientazione e del personaggio rigorosa. Con gli occhi del garzone Minichiello, Raffaele Messina ci conduce tra i colori e le abitudini del Caravaggio, punta i riflettori dentro quell’ispirazione che gli consentiva di trasmettere nell’arte un profondo sentimento del reale. Particolarmente interessante è il racconto della creazione del dipinto commissionato dai governatori del Pio Monte della Misericordia, descritta con grande ricchezza di particolari, soprattutto nel momento di passaggio dalla mente del pittore alla sua composizione sulla tela. Messina si concede una piccola licenza, attribuendo proprio all’artista l’aggiunta della settima opera, seppellire i morti, secondo la versione medievale. “Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio” affermava Caravaggio e l’espediente narrativo rende evidente la profonda cultura religiosa e intellettuale che sosteneva l’arte del Merisi, intensamente partecipe del suo tempo ma dalla sensibilità artistica rivoluzionaria, così forte da influenzare una società. Minichiello, invece, diventa lo specchio in cui l’uomo si riflette ricordando la propria infanzia, le passioni e gli eccessi. Proprio i traumi infantili, la morte di peste, nel medesimo giorno, del padre e del nonno, sarebbero per gli studiosi più recenti, all’origine di quel carattere iroso, continuamente in lotta con un mondo percepito come un nemico. Un’occasione per lo scrittore di ricalcare uno dei temi preferiti della sua scrittura, il disagio infantile e adolescenziale. Estro e sregolatezza raccontate attraverso le risse e le esperienze trasgressive come il rapporto con la madre di Minichiello, un gioco dalle conseguenze tragiche come tutte le relazioni del Caravaggio. La novella mostra, senza sconti, la personalità disordinata e irrequieta di Michelangelo Merisi, dominata da un’ispirazione lucida e travolgente, traccia di una ricerca interiore angosciante. Per Andrew Graham-Dixon “egli è un uomo che non potrà mai essere conosciuto fino in fondo perché quasi tutto quello che ha fatto, detto e pensato si perde in un passato irrecuperabile”, eppure le pagine di Raffaele Messina, squarciano con un breve lampo il suo enigma.