Ferma, bloccata, che soffre

73

Mentre il rebus agostano della politica è ancora tutto da risolvere, nemmeno uno dei segnali provenienti dall’economia si mostra positivo. Solo pochi giorni fa l’Istat ha certificato una crescita acquisita del pil per il 2019 pari a zero: si deve fare i conti oramai con un paese fermo a crescita zero, da cinque trimestri in fase di stagnazione. Si aggiunge Confindustria che rincara la dose, definendo bloccata l’Italia.
Nella consueta analisi mensile flash, secondo il centro studi degli industriali l’economia appare ancora debole, dove perdura una lunga serie di dati negativi, che riflettono anche uno scenario globale non brillante e con rischi al ribasso.
L’industria, storico motore del secondo paese manifatturiero in Europa, soffre, è in affanno. L’indice pmi, infatti, segnala una flessione dell’attività per tutti i mesi estivi, e continuerà su una dinamica negativa. Secondo le previsioni del csc anche la produzione delle aziende è vista in calo a luglio (-0,3%), con una attesa di lieve recupero in agosto. La fiducia delle imprese manifatturiere è scesa ancora fino ai valori del 2015.
Un lieve miglioramento ha interessato solo il settore dei servizi dove infatti si è verificato un moderato incremento degli occupati, che non è avvenuto invece nell’industria. In questo scenario programmare gli investimenti privati si fa arduo, si attende così un ulteriore calo.
Altalenante anche l’export che era stato negli anni passati il nostro antidoto alla crisi:
a giugno le vendite italiane di beni hanno continuato a crescere (+1,2%), grazie al buon risultato nei mercati extra-Ue (USA, Giappone). Male invece l’export nei mercati Ue, specie verso la Germania, definita in panne. E le prospettive a breve sono negative: gli ordini manifatturieri esteri sono calati in misura marcata nei mesi estivi.
In generale, più che da fattori interni, lo scenario per l’export italiano è penalizzato dal calo che sta interessando l’intero commercio globale. Unico elemento positivo che continua ad offrire un sostegno all’export italiano e dell’area è l’euro stabile.
L’incertezza geo-economica, quindi, resta alta: male le borse, male i tassi sovrani – specie per il nostro paese – emergenti e Usa si confermano in frenata, e rischio hard-brexit.
Il momento di agire è ora.