Gli occupati al Sud tornano sotto la soglia dei 6 milioni e più di un giovane meridionale su due non lavora. Il lavoro rimane l’emergenza per il Mezzogiorno, che non accenna a ridursi. Ma questo non è l’unico dato allarmante emerso nel consueto check up di mezza estate realizzato da Confindustria e SRM. Se il 2018 ha chiuso con dati positivi, seppure deboli, per l’inizio del 2019 si parla di vero e proprio arretramento e di segnali di frenata.
All’inizio del 2019 infatti ha smesso di crescere il numero delle imprese: le imprese attive sono meno di 1milione settecentomila al cui interno crescono quelle di capitali, gran parte con meno di 9 dipendenti, quindi microimprese. Anche l’export, che negli anni è stata la spinta maggiore per la tenuta del Meridione, mostra a inizio 2019 segnali di frenata, penalizzato soprattutto dalla flessione dell’export di prodotti petroliferi. Il 2018, invece, ha chiuso con un valore positivo delle esportazioni (+5,5%), per un valore complessivo delle merci esportate di circa 50 miliardi di euro. Cresciuto anche l’export turistico, ovvero gli arrivi e la spesa dei turisti stranieri pari a quasi mezzo miliardo.
In conseguenza di questo andamento lento, frena anche il Pil, che nel 2018 fa registrare al Sud una crescita dello 0,4%, meno della metà del +0,9% della media nazionale. Ristagnano anche gli investimenti, con una piccola eccezione delle costruzioni, che restano comunque lontanissimi dai valori pre-crisi del 36%. Accanto a quelli privati, a pesare è anche il contributo limitato degli investimenti pubblici, che accentuano il proprio calo soprattutto nelle regioni meridionali. Infatti, la spesa pubblica pro capite del Centro Nord si mantiene più elevata di quasi 500 euro rispetto a quella del Mezzogiorno. Ad eccezione del credito d’imposta per gli investimenti, è in forte calo anche la spesa pubblica per incentivi alle imprese.
Il passo dell’economia meridionale si fa dunque più lento, i motori dell’economia faticano a riaccendersi, i segnali più recenti indicano che gli elementi di preoccupazione sono più frequenti e più intensi. Invece passa proprio dal rafforzamento di questi segnali la strada per rimettere il Mezzogiorno sul sentiero di crescita stabile di cui ha estremo bisogno. Una strada che passa da un cambiamento di prospettiva dell’azione pubblica, “che deve fare proprio il punto di vista delle imprese nel disegno delle politiche di sviluppo e degli strumenti, nella scelta dei progetti e nella identificazione dei fabbisogni dei territori, a partire da quelli infrastrutturali, in cui i divari restano rilevanti”. Anche la programmazione della nuova politica di coesione 2021-27 potrà avere un ruolo decisivo. Quali azioni sono necessarie? L’analisi ne individua almeno due: rapido avvio delle Zone Economiche Speciali e rilancio del credito d’imposta per gli investimenti dedicati al Sud.