Riscoprire la speranza con Bergoglio
in primavera torna il sogno di Wojtyla

65

La speranza: un sogno fatto da svegli. Quando a Napoli venne san Giovanni Paolo II, con altri amici realizzammo un volume intitolato “Organizzare la speranza”. Allora ci La speranza: un sogno fatto da svegli. Quando a Napoli venne san Giovanni Paolo II, con altri amici realizzammo un volume intitolato “Organizzare la speranza”. Allora ci si rendeva ben conto che non basta genericamente sperare e sognare, ma occorre un vero e proprio management delle risorse, sia umane sia economiche, altrimenti non prendemai corpo quella che gli antichi ritenevano ultima dea. Non può che far piacere la ripresa del medesimo slogan-appello dall’Istituto Italiano per gli studi filosofici attraverso il seminario “Con Francesco per riscoprire la speranza”, in programma a palazzo Serra di Cassano lunedì 23 febbraio (dalle 16.30). Organizzare la speranza, dunque, nell’imminenza di questa visita-lampo che il papa ci regalerà. Lo farà partendo dalle periferie urbane, passando non soltanto per i luoghi-cartolina, ma per gli ambienti penitenziali, come quelli del carcere (luogo di penitenza in vista del recupero, non di semplice detenzione!). Secondo la tradizione cristiana, la speranza ha come oggettoDio stesso; dunque, come scriveva Tommaso d’Aquino, essa è sogno di un bene futuro arduo che, tuttavia, si può conseguire. A condizione che divenga anche un esercizio virtuoso. La pratica della virtù rende buono l’atto di un essere umano e fa sì che egli speri in qualcosa di possibile. Ancora di più se l’esercizio virtuoso è accompagnato dall’aiuto divino, di cui anche un Papa può essere il segno tangibile. Ecco perché la speranza diviene spesso una forza di resistenza alle avversità e al dolore. Se Walter Benjamin e altri, come Ernst Bloch, avevano già segnalato una finalità e una tensione insita nella storia umana, la quale marcerebbe verso un approdo comunque liberante, dopo le due guerre del secolo delle idee assassine, ogni tanto sembra di trovarci piuttosto sull’orlo del baratro. E non soltanto per il timore della distruzione nucleare o del saccheggio in atto delle risorse naturali del pianeta; ma per la violenza esercitata impunemente sui corpi delle persone lasciate morire sui barconi, o su quelli che vengono giustiziati sommariamente, bestemmiando il nome di Dio, per il solo fatto di esser cristiani. Si può davvero parlare di speranza e di futuro solo a condizione che il tempo non sia “chiuso”, ma “aperto” a una possibilità di azione e d’intervento; ma soprattutto se gli interventi e le azioni non siano soltanto sperati dall’alto o dal divino, ma anche progettati, strategicamente sequenziati, realizzati, monitorati, sia prima sia dopo, da chi permestiere dovrebbe fare lo stratega delle risorse, ovvero il politico. Sì, la visita di papa Francesco ci fa desiderare e sognare, soprattutto gli animi dei giovani. E tuttavia, il futuro dei piccoli, degli inventori, dei creatori, dei profeti dell’umanità, mentre continua a nutrirsi di desideri e di sogni, deve saper sognare ad occhi aperti. “I have a dream”, disse Martin Luther King al termine di una marcia di protesta per i diritti civili dei neri. Anche Napoli ha un sogno: che i suoi figli piccoli vivano in un contesto in cui i diritti non debbano più essere invocati come un “favore”. Un sogno, oggi!