Cyber security in pieno boom Abate (Innovery Spa) lancia l’Sos: Formazione ancora in ritardo

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In foto Gianvittorio Abate, Ceo e fondatore di Innovery Spa

di Rosina Musella

Nasce in Italia agli inizi del nuovo millennio (oggi ha sedi anche in Spagna e Messico) la Innovery Spa, società specializzata nel fornire servizi relativi alla cyber security e digitalization. Un mercato relativamente nuovo, che si sviluppa alla velocità della luce causando l’affanno delle strutture scolastiche e accademiche che si sono reinventate per offrire i corsi adatti a chi voglia lavorare nel settore. Ma quanti sono, davvero, coloro che conoscono questo ramo dell’ingegneria e vogliano entrare a farne parte? C’è consapevolezza, da parte dei giovani che si stanno affacciando al mondo del lavoro, su quanto forte sia la richiesta di lavoratori specializzati in questo settore? Ne abbiamo parlato con l’ingegnere Gianvittorio Abate, tra i fondatori della Innovery Spa

Ingegnere, com’è nata Innovery?
L’azienda è stata creata ufficialmente nel 2001 come Srl ed è diventata una Spa nel 2004, seguita dall’apertura di una sede in Spagna, nel 2008, e in Messico, nel 2013. L’idea è partita da quattro persone; sembra una barzelletta, ma è così, eravamo un bresciano, un bergamasco, un milanese e un napoletano: io sono il napoletano. Eravamo e siamo tutt’ora, benché sia cambiata la compagine sociale, quattro persone che avevano creduto nel mercato della sicurezza informatica e di tutte le tecnologie preposte alla identificazione dei titolari, i cittadini, e alla digitalizzazione di documenti fisici e creazione di documenti informatici. Il Dna dell’azienda era quello e man mano si è evoluta andando, fino ad oggi, a coprire tutti i settori della sicurezza informatica, la cosiddetta cyber security: gestione dell’identità, sistemi di controllo della security, sistemi di controllo e protezione dell’enterprise e delle aziende, attività di brand reputation, fino alla gestione della sicurezza fisica. Siamo consapevoli che l’integrazione tra gestione della sicurezza logica e fisica sia un elemento cardine per il controllo della sicurezza dell’enterprise, che all’epoca ci vide come uno delle poche realtà italiane a coprire tutto il mercato della sicurezza informatica.

Prima, quindi, il mercato era nettamente diverso?
Garantire la sicurezza delle infrastrutture e dei dati gestiti era importantissimo, ma eravamo pochi don Chisciotte che combattevano contro i mulini a vento. Ci trovavamo di fronte clienti che, quando ci ascoltavano, non erano così lieti di dover spendere soldi per proteggere le infrastrutture. Oggi siamo in un mercato totalmente diverso, dove si parla di cyber war, spionaggio in ambito cyber. Si è completamente ribaltato l’assioma. Tutte le tematiche di security non IT based sono passate in secondo piano, mentre quelle della Ict, quindi relative alla cyber security, hanno un peso rilevante. Prima la sicurezza era un problema per le aziende, molte non la ritenevano importante, le pubbliche amministrazioni non esistevano proprio, in ambito militare qualcosina si faceva perché era d’obbligo. Erano realmente poche le enterprise che all’epoca investivano sulle tematiche di security.

Riscontrate richieste diverse tra le varie sedi sparse per il mondo?
Le parlo della nostra visione di mercato. Abbiamo progetti sparsi in diversi territori, non solo nelle sedi già citate: nell’Europa dell’Est, abbiamo lavorato nel Nord Africa e in diversi Paesi del Sud America. La richiesta di servizi è abbastanza similare, poi è chiaro che a seconda del mercato specifico ci potrebbe essere una richiesta un po’ più particolare in ambito finance, o energy. A seconda del livello di maturità di un mercato, la richiesta può essere più spinta da una parte piuttosto che da un’altra. Nel mercato dell’Europa dell’Est, ad esempio, la security riguardo le infrastrutture critiche, o gli ambiti militari è abbastanza forte, perché appunto sono un po’ indietro. Quella relativa all’ambito finance o transportation è un po’ più bassa. In generale non notiamo una forte differenza di richieste di mercato, perché c’è una forte richiesta in generale e una forte carenza e disponibilità di risorse su tutti i mercati che andiamo a presidiare.

Siete alla ricerca di professionisti, nella zona del napoletano, ma non ritrovate i profili adeguati. Da cosa crede che sia dipeso?
Il problema nasce dalla tipologia di richiesta. Noi ricerchiamo profili specifici che abbiano una competenza in settori particolari. La security, di certo, ma anche l’ambito big data e IoT. Ci sono strutture universitarie che rispondono a questa tipologia di richiesta e corsi che favoriscono il percorso per l’avvio di queste figure. Secondo me ci sono professori universitari che si sono adeguati per offendo un percorso formativo valido su questi ambiti. Il problema è la mancanza della materia prima: il numero di laureati e laureandi nel settore è estremamente più basso rispetto alla richiesta del mercato. La situazione di Napoli è molto simile ad altre, lavoriamo a Bari, Milano, Roma, Cagliari. C’è una tale carenza di risorse che comporta la classica differenza tra domanda e richiesta. Soprattutto Napoli è diventata un forte centro di competenza in Campania, in cui stanno investendo società come la Apple, Engineering, Accenture, grandi multinazionali che già hanno saturato la disponibilità di mercato del mondo universitario. Per questo motivo stiamo andando ad identificare istituti tecnici superiori che ci consentano di avere un percorso formativo di primo livello, un po’ più basso rispetto a quello dato dall’università, ma con un bacino di utenza più grande da cui attingere, per iniziare un percorso formativo di ragazzi più giovani che possano poi essere immessi nel mercato.

Da cosa può essere causato questo scarto tra domanda è risposta?
È la classica bolla che è esplosa velocemente. Si potrebbe colpevolizzare il non aver valutato quanto potesse esplodere, ma non mi piace fare commenti a posteriori. Nel 2000 non era facile identificare che sarebbe esplosa un’attività di questo tipo, se non per chi apparteneva già al settore. Al tempo parliamo di un mondo in cui c’era, nel ‘97, l’esplosione delle Telco. Erano più richiesti profili in ambito It, che potessero supportare dei business delle aziende, è esploso poi il mondo della digitalizzazione e adesso quello della security. Volente o nolente, l’ambito scolastico, sia quello secondario superiore sia quello universitario, non è riuscito a stare dietro a questo rapido sviluppo. Non voglio colpevolizzare nessuno. Magari si potrebbe pubblicizzare un po’ di più il settore per favorire l’iscrizione di più giovani nell’ambito, ma credo che ci sia il ritardo classico di un’organizzazione che deve adeguarsi all’evoluzione di mercato.