Che pazzia se il Bazar delle Follie decidesse di proiettare il film Sabrina! Sabrina, la protagonista, dice di sognare l’impossibile. All’obiezione che loro, i giovani, sono fuori tempo, Sabrina replica che quella in cui vive è l’epoca dell’impossibile. Sconfitti e devastati, sembrava impossibile che Italia, Germania e Giappone potessero registrare negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale tassi di crescita inusitatamente alti e sostenibili nel tempo. Eppure, l’età d’’ro del capitalismo, tra il 1950 e il 1973, è stata proprio l’età dell’impossibile che diventa possibile. Protagonisti del miracolo furono gli operai e i tecnici che sciamarono dalle fabbriche per fondare un’impresa in un capannone. Costoro crearono un team, ricorsero ai risparmi personali, trovarono qualche investitore, trattarono prestiti con le banche, negoziarono con clienti e fornitori. Nel tempo, l’enfasi si è spostata dal fare allo gestire, dall’imprenditorialità al management. Quanti dentro le imprese si adoperavano giornalmente per lanciare nuovi progetti, comportandosi così da intraprenditori, furono travolti dall’onda della gestione e assegnati a compiti di controllo. La promessa del management che bastasse gestire bene le imprese per accedere al regno dell’abbondanza garantendosi un posto di lavoro a vita sopì e annacquò nel corso del tran-tran giornaliero in fabbrica le passioni, motivazioni e attitudini imprenditoriali. Insomma, nel tempo abbiamo perso il pilota esperto. Ma chi è costui? In un suo editoriale comparso sul Financial Times del 14 dicembre 2014 (“Crowd-pleasing is no substitute for wise judgment”), John Kayha sostenuto che preferiamo affidare la navigazione di un aereo a un pilota specializzato piuttosto che fare affidamento sulla media delle opinioni dei passeggeri. Quest’affermazione non vale solo per una comunità accidentale e momentanea di passeggeri che per qualche ora condividono un’esperienza. Anche le imprese che sviluppano e mantengono la fiducia necessaria per rapporti durevoli nel tempo sono portatrici di un’opinione “media” comune sul tema (che sia un problema oppure un’opportunità) che tiene unita la comunità. Con le dovute eccezioni, ciascun membro della comunità ha una padronanza limitata del tema. L’opinione comune è l’opinione media che corrisponde al punto d’equilibrio tra i pareri espressi dai membri che vanno a formare la comunità. E quell’opinione si rafforza nel tempo attraverso un processo di “confirmation bias” per il quale nuove informazioni sono interpretate come un supporto all’opinione comune. È per questo che abbiamo disperato bisogno di leader imprenditoriali che siano piloti esperti, capaci di perseguire lo sviluppo imprenditoriale delle loro aziende anche promuovendo la nascita di nuove imprese dal loro seno, a dispetto dell’opinione “media”.