Caravaggio si autointerpreta ma con qualche accorgimento il visitatore potrebbe emozionarsi di più

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Ancora poco più di un mese e la grande mostra organizzata al Museo di Capodimonte sul periodo napoletano di Caravaggio a Napoli sarà finita. La sala Causa al piano terra del Museo chiuderà e chi ama questo pittore, praticamente tutti, tornerà ad ammirarne le opere nei luoghi dove sono abitualmente esposte. E questi luoghi godranno di un impennata di visite. Tutti quelli che, in ritardo perpetuo, non hanno fatto in tempo ad ammirarle nella sala allestita a Capodimonte, potranno riprendere la caccia al Caravaggio non visto. Sic est. Tutti quelli che hanno goduto dell’insieme di capolavori esposti, avranno fatto il pieno di immagini indimenticabili ed avranno avuto il privilegio di poterle osservare e confrontare con le opere di Battistello Caracciolo ed altri suoi contemporanei. Forse. Se avranno avuto la buona idea di chiedere l’ausilio di una guida. Se la guida sarà riuscita a trasmettere loro l’emozionante risposta degli artisti napoletani alla grandezza del maestro. Se. Quanta incertezza per visite che dovrebbero essere una garanzia di interesse anche per un visitatore non particolarmente strutturato. Dopo anni di mostre su Caravaggio, si è imparato che è stato il primo fotografo della storia, ed al cospetto di una sua opera è ormai reazione comune l’osservare la luce sui volti dei suoi personaggi. Dopo questo guizzo dal coefficienteculturalestellato, i più ripiombano nella consuetudine della passeggiata tra cose belle, o che emozione e via. La colpa non è del visitatore. Non è scrivibile neanche a Caravaggio. Tutt’altro. Proprio Caravaggio con le sue descrizioni neorealiste, sia che rappresenti il sacro sia che dipinga altro, non avrebbe potuto che gioire della comprensione di quella gente che egli rappresentava con linguaggio cinematografico ante litteram. Caravaggio neorealista. I suoi personaggi e gli attori non attori di Sciuscià, il grande film neorealista. La pittura di Caravaggio rappresenta la realtà così come ci appare. Boom, questa è la sua rivoluzione. Ecco allora Salomè, il Martirio di Sant’Orsola, le flagellazioni: colpendo l’animo del visitatore avrebbero dovuto spingerlo continuare la visita per vedere le sette opere della Misericordia. Mostra itinerante. Accipicchia. È servito il servizio navetta a condurre al Pio Monte della Misericordia tutti i visitatori della mostra a Capodimonte? Si è voluto il raffronto con gli artisti a Caravaggio contemporanei che dalla sua pittura trassero ispirazione. Troppo giusto, avrebbero detto i paninari di piazza San Babila negli anni che furono. Giustissimo possiamo echeggiare. Quale il dato emozionale che si percepisce dal confronto? Caravaggio è un gigante, osservare le sue opere un opportunità eccezionale. Far comprendere solo con le emozioni ciò che ha inteso esprimere con le sue pennellate, permettere al visitatore di capire e ricordare per sempre quelle figure cavate dal nero è un compito assolvibile solo con le tecniche dell’interpretazione. Caravaggio interpreta se stesso ed il proprio tormento attraverso la realtà rappresentata per come la vede e non come la pensa. Basta davvero poco per regalare al pubblico il suo modo di guardare il mondo con occhi diversi, il suo prendere atto della realtà senza agire su di essa, la mancanza di differenza nel modo di dipingere la natura morta o il corpo umano. Il film girato sulla vita di Caravaggio ha mostrato il personaggio maledetto, quello che uccide, vive come un guascone, e dipinge quadri bellissimi. La mostra dei quadri napoletani mostra la sofferenza anche fisica dei suoi personaggi. Una sofferenza che è proprio quella di chi convive con la consapevolezza di aver ucciso, col tormento di non poter tornare indietro. Con le tecniche dell’interpretazione la sua realtà “vista dall’altra parte” potrebbe essere trasmessa al visitatore che potrebbe autoidentificarsi con questo sentire e sentirla vivere dentro di sé.