L’Iran bussa di nuovo alle porte dell’Europa: diplomazie al lavoro

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In foto Giulio Terzi, già ministro degli Esteri

Sembra facile parlare di Iran o grande Persia come un tempo gli Usa intendevano , senza rilevare che oggi le cose sono cambiate moltissimo e la nazione islamica sta seguendo un corso molto particolare ma difficile. Embarghi e minacce, ormai lo si e’ capito, tendono solo a minare il dialogo diplomatico e portare ricadute molto negative sui flussi dell’internazionalizzazione e sull’economia in genere. Un esempio su tutti e’ quello della Russia che ha portato un danno all’evonokia di molti Paesi primi tra i quali la stessa Italia che aveva puntato molti su questo Paese, che indipendentemente da quello che faceva Putin, poteva rappresentare una sponda sicura per molti progetti primo tra i quali in campo aerospaziale, per non parlare dell’ ergogastronomia e dell’export di alimenti doc e drop quando da quelle parti neanche si sapeva cosa significava.  L’Unione Europea si apprestava ad accogliere la Russia come grande partner commerciale nello stesso scacchiere europeo fino a pensare di poterne fare parte a tutta regola, anche se questo significava che l’Europa avrebbe assunto i connotati di un impero di nuova fattura ma a traino russo, mentre le principali nazioni che spingevano in senso contrario erano proprio le ex repubbliche uscite dalla rovinosa esperienza della coltrina di ferro, e che si preparavano in tutta difficoltà a rialzarsi. In un dominio globalizzato però le cose sono cambiate in poco tempo e l’influenza Statunitense si e’ fatta sentire con i soliti giochetti che alla fine hanno dato adito agli oppositori dei regimi di riarmarsi e di giocare lo stesso ruolo che il fondamentalismo assume da tempo. Le cose non sono cambiate con la Cina e soprattutto con l’Iran, perché questa seconda potenza in particolare non ha raso al suolo tutte le incomprensibili realtà interne legate alla professione religiosa, anzi, ma ha accelerato un processo di modernizzazione e di necessità di interscambio con la stessa Europa che sembra riprendere ciò che avveniva a livello commerciale e politico prima della grande guerra. Negli ultimi giorni sembra ritornata l’attenzione mediatica sulla sistematica violazione dei diritti fondamentali e della dignità umana in corso nella Repubblica islamica iraniana. Il 9 aprile, il Presidente iraniano Hassan Rouhani ha dichiarato che gli Stati Uniti sono i veri “leader del terrorismo mondiale”, dichiarazioni successive all’ufficializzazione da parte Usa del Corpo delle Guardie della Rivoluzionarie islamica (Irgc) come organizzazione terroristica internazionale.  In un editoriale di Domenico Letizia, Analista geopolitico. Presidente dell’Istituto di ricerca di economia e politica internazionale (Irepi) si evince quali sono ora le prospettive economiche e geopolitiche che interessano questa grande area geografica: “Chi sono per etichettare le istituzioni rivoluzionarie come terroristi?” ha affermato Rouhani in un discorso trasmesso dalla televisione di stato. “Vogliono usare i gruppi terroristici come strumenti contro le nazioni della regione. Sono loro i capi del terrorismo mondiale. Chi sta propagando e incoraggiando il terrorismo nel mondo di oggi? Chi voleva usare l’Isis come strumento? Ancora oggi l’America nasconde gli autorevoli membri dell’Isis, e non è disposta a dire ai governi regionali dove si nascondono”, ha affermato Rouhani, che ha successivamente citato l’abbattimento dell’Iran Air Flight 655 nel luglio 1988 da missili lanciati dalla nave militare statunitense USS Vincennes. “Chi ha abbattuto il nostro aereo di linea civile nelle acque del Golfo Persico?” ha ribadito, aggiungendo che tale gesto era finalizzato a intimidire l’Iran. La polemica internazionale nasce in seguito alla scelta da parte dell’amministrazione Trump di inserire il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana (Irgc) nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. In un recente comunicato, la Casa Bianca ha dichiarato: “Questo passo senza precedenti, proposto dal Dipartimento di Stato, riconosce la realtà che l’Iran non è solo uno Stato sponsor del terrorismo, ma che l’Irgc partecipa attivamente, finanzia e promuove il terrorismo come strumento di governo. L’Irgc è il mezzo principale del governo iraniano per dirigere e attuare la sua campagna terroristica globale. Con questa azione chiariamo quali sono i rischi connessi all’entrare in affari con o fornire supporto all’Irgc. Chi entra in affari con l’Irgc, finanzia il terrorismo. Questa azione invia a Teheran un chiaro messaggio che il sostegno al terrorismo comporta gravi conseguenze”. Il presidente dell’organizzazione United Against Nuclear Iran (Uani), Joseph Lieberman e l’Ambasciatore Mark D. Wallace, hanno rilasciato una dichiarazione in cui applaudono “la decisione dell’amministrazione Trump di designare l’Ircg come una Foreign Terrorist Organization (Fto): per anni gli Stati Uniti hanno considerato Hezbollah, Kataib Hezbollah e le Brigate al-Ashtar come Fto, ma non la principale fonte di risorse umane, strutturali e finanziarie, cioè l’Irgc. L’Iran è il principale sponsor mondiale del terrorismo e l’IRGC è il principale veicolo attraverso il quale il regime finanzia organizzazioni terroristiche e i soci all’estero”.Condanne che provengono anche dall’Italia e dalle Organizzazioni non governative che operano in Europa. Recentemente, presso il Senato della Repubblica si è svolta la presentazione dell’undicesimo rapporto annuale sulla pena di morte in Iran, curato da Iran Human Rights e da ‘Ensemble Contre le Peine de Mort’. I lavori sono stati organizzati dal senatore Roberto Rampi e dalla Federazione Italiana Diritti Umani (Fidu). All’incontro hanno partecipato il senatore Roberto Rampi, Mahomood Almiry Moghaddam, portavoce di Iran Human Rights, Antonio Stango, presidente della Fidu, Eleonora Mongelli, vicepresidente Fidu e l’ambasciatore Giulio Terzi, presidente del Global Committee for the Rule of Law ‘Marco Pannella’. Durante i lavori è stato distribuito l’ultimo rapporto sulla pena di morte in Iran, pubblicato dalle Ong e si sono sviscerati i dati raccolti sulle esecuzioni capitali praticate in Iran, anche nei confronti dei minorenni.  Nel corso dei lavori l’ambasciatore Giulio Terzi, in linea con le analisi dell’organizzazione statunitense, ha ricordato che “gli esecutori dei 30mila oppositori politici nel 1988 si trovano ora al Governo dell’Iran con Hassan Rouhani, come il ministro della Giustizia”. L’ambasciatore Terzi ha sempre richiamato l’attenzione sui pericoli dell’Iran per il Medio Oriente, per l’intero sistema delle relazioni internazionali e per le sue infiltrazioni a Gaza, in Siria e in Libano. Nel 2018, l’ambasciatore scriveva: “La narrativa che ci viene propinata da molto tempo è che l’Iran è un Paese stabile, che guarda con fiducia al futuro e che vede nell’Italia la porta serena verso il mercato europeo. Questo dogma è stato diffuso senza vergogna. Invece ciò che dimostrano anche le recenti manifestazioni è che l’Iran è fortemente instabile e che il regime viene contestato anche al proprio interno. L’economia continua ad andare a picco perché i soldi vengono usati per folli spese militari che destabilizzano tutto il Medio Oriente.  E in tutto questo l’Europa si fa dettare la politica estera verso l’Iran da Teheran stesso”. L’Europa apra gli occhi sull’Iran e sulla sistematica violazione dei diritti umani che le autorità della Repubblica Islamica quotidianamente esercitano”.