Tangentopoli, suicidio in 5 atti

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Una tragedia teatrale per raccontare un drammatico evento di cronaca realmente accaduto nel 1994. Cinque atti per l’opera “La bussola del sindaco” (Edizioni Il Papavero) firmata da Giovanni Savignano che ripercorre Una tragedia teatrale per raccontare un drammatico evento di cronaca realmente accaduto nel 1994. Cinque atti per l’opera “La bussola del sindaco” (Edizioni Il Papavero) firmata da Giovanni Savignano che ripercorre le circostanze in cui maturò il suicidio il sindaco della piccola comunità di Gesualdo, borgo della Valle Ufita: Francescantonio Mannetta si tolse la vita il 22 maggio di quell’anno, gettando nello sconforto l’intero paesino irpino che governava con un atto estremo su cui aleggiava l’ombra di Tangentopoli. Un sindaco socialista, come Bettino Craxi, in lotta con il suo destino mentre in tutta Italia il cancro delle tangenti mostrava tutte le sue metastasi di corruzione e il Sud dell’Irpinia subiva ancora, a distanza di anni, i colpi di coda di Terremotopoli. Savignano, medico radiologo dell’ospedale Moscati di Avellino, ha scelto di narrare gli ultimi istanti dell’esistenza di Mannetta in una forma insolita, distante dal romanzo e più vicina alla sceneggiatura drammaturgica, una decisione che offre al racconto un incedere più realistico e introspettivo. “Gli anni di Mani pulite – spiega nella prefazione Fabrizio Rizzi, giornalista e scrittore – che pur hanno disvelato una corruzione insospettabile, nascosta nelle pieghe degli anni di un crescente sviluppo industriale, sono stati segnati dal sangue di chi non ce l’ha fatta a tenere i nervi fermi, non ce l’ha fatta a mantenere il proprio equilibrio di fronte al tintinnio delle manette. Ce ne furono almeno 43 di suicidi in quegli anni di Tangentopoli, peggio che negli anni di piombo. Quel tragico elenco si apre con Franco Franchi, coordinatore di una Usl milanese, il 23 maggio 1992, che si uccise con monossido di carbonio inalato, attraverso un tubo, dalla marmitta della propria auto. Il suo nome non era ancora entrato nelle indagini,ma il suo timore (fondato) era di esserne coinvolto molto presto. La linea del bene e del male è sospesa, quando la si oltrepassa si è ingoiati dal buio. Persone perbene – continua Rizzi – che vengono affossate nel malcostume, ecco l’accusa più degradante. Come il mistero della morte di Francescantonio Mannetta, nel maggio del ’94, la cui vicenda si snoda nel libro da cui prende corpo la piece teatrale. Nando Dalla Chiesa, ex deputato, sociologo, figlio del generale Carlo Alberto, che ha voluto indagare quegli anni tragici, ha detto che i suicidi furono prodotti non tanto dalla detenzione in carcere, ma quegli uomini si tolsero la vita fuori dal carcere.Molti, anche dopo essere stati prosciolti”. Questioni di equilibrio psicologico, di non riuscire a tollerare l’onta di vedere infangato il proprio nome sui giornali o semplicemente l’insidia dei sospetti e delle supposizioni di collusione. Ogni atto del libro di Savignano, nato proprio a Gesualdo, è costruito come una sorta di psicodramma incentrato sugli ultimi giorni, su una quotidianità messa in bilico dalla pressione mediatica dell’epoca. “È un libretto teatrale intriso di realtà e fantasia – precisa Loredana Zarrella della Scuola di giornalismo dell’Università di Salerno nell’introduzione – che alla verità storica dei fatti affianca l’immaginaria ricostruzione di dialoghi molto verosimilmente avvenuti tra personaggi reali. In questa giostra di vicende, tra luoghi pubblici e privati, sono diverse le voci che si alternano e che, tuttavia, restano senza nome. Tranne una. È la voce del protagonista, Francescantonio Mannetta, conosciuto come Tonino Mannetta a Gesualdo, dove è stato sindaco per ben tre mandati. Avvocato, sostenitore del partito Socialista e amministratore di lungo corso, viene ricordato a 20 anni dalla sua morte. Un suicidio di cui all’epoca parlarono a lungo la stampa locale e gli ambienti politici della zona, non certo dispensata, come sospetta l’autore, dalla lunga mano di Tangentopoli. Mannetta fu forse vittima, anche lui, dell’accanimento dei magistrati? Ricorse al gesto estremo perché ebbe sentore di un imminente arresto? O fu semplice debolezza, scatenata dalla paura e dalla solitudine, da motivi soltanto personali? Una storia vera come il suo personaggio, un dramma umano che diventa universale”.