“Nel Pd regna il caos, di Caldoro non voglio neanche parlare”. Non ha peli sulla lingua, Paolo Cirino Pomicino. All’indomani della buona affermazione della coalizione Ncd-Udc “Nel Pd regna il caos, di Caldoro non voglio neanche parlare”. Non ha peli sulla lingua, Paolo Cirino Pomicino. All’indomani della buona affermazione della coalizione Ncd-Udc in Calabria e della nascita dei gruppi unici nei palazzi della capitale, l’esponente centrista prova a guardare al delicato momento politico con lucidità e concretezza. Si dimostra critico nei confronti degli avversari ma non risparmia stoccate neanche ai suoi dirigenti, incapaci finora di avviare un vero e proprio processo costituente. “Non c’è dubbio – analizza Pomicino – che l’unificazione dei gruppi in Parlamento rappresenti un passo in avanti importante e decisivo per costituire un unico partito di centro che abbia come preciso riferimento culturale quello del popolarismo liberal democratico. Gli amici dell’Udc e di Ncd però sono in grave ritardo”. In che senso? Nel senso che nonostante gli annunci non si capisce ancora quando si innescherà un processo costituente per offrire a questo sbrindellato sistema politico italiano un grande partito di centro. Intanto in Calabria Ncd e Udc correndo da soli, con “Alternativa popolare” e D’Ascola candidato governatore, hanno ottenuto un incoraggiante 7,7%. Un buon punto di partenza, non trova? Non c’è dubbio che la Calabria ci ha dato belle soddisfazioni ma ci sono ancora, soprattutto nelle regioni del nord, molte difficoltà a causa di dirigenti che pensano più a mantenere posizioni personali che non a mettere in campo un progetto di respiro strategico per il futuro del Paese. Detta in modo semplice, o i vertici di dimostreranno all’altezza della situazione o contribuiranno anche loro allo sfarinamento del sistema politico italiano. La Calabria, dunque, come modello da seguire anche in Campania? Quel modello è solo un inizio e neanche tanto perfetto visto che alle elezioni si sono comunque presentate due liste. Credo che il nostro obiettivo debba essere quello di realizzare un soggetto politico unitario e quindi una sola lista aprendo le porte a tutti quelli che vogliono starci e che vogliono avere un riferimento culturale collegato alla tradizione del cattolicesimo politico e al pensiero liberal democratico. E’ possibile questo in Campania? Lo è ma per far ciò c’è bisogno di un partito che sappia organizzare organismi collegiali sul territorio, che ripudi gestioni personalistiche e sappia vivere di quella democrazia interna scomparsa ormai da tutti i partiti in Italia. Da questo punto di vista però siamo ancora al “caro amico”. A proposito di democrazia interna, il Pd pare che ci stia provando a farla vivere con le Primarie. Lei come la vede? Quella non è democrazia, è un “casino”, mi lasci passare il termine. Devo dire che anche la grande tradizione di un partito di massa come quello comunista è ormai allo sbando. Nel Pd si capisce veramente molto poco, è una continua guerra fratricida tra tutti. E la cosa che mi dispiace di più è che in quel partito ci sono tantissimi esponenti della cultura democratico cristiana, specialmente dorotei. Lo stesso Renzi è in qualche modo espressione di quella tradizione, no? Sì ma Renzi non si interessa molto della periferia né può farlo. Non a caso nello stesso concetto renziano di partito i ruoli di Premier e di segretario di partito son ben distinti. Intanto però tutti nel Pd campano si attendono dal Premier una soluzione all’impasse delle Primarie con un nome che riesca a tenere unito il partito. ce la farà? Attesa vana. Un segretario di partito ha tante di quelle responsabilità che non può fare anche il presidente del Consiglio. Anche Renzi lo capirà. Non c’è tempo, non c’è testa. Del resto nessun grande leader della Dc ha ricoperto entrambi gli incarichi. Nessuno tranne uno, Ciriaco De Mita. Lui fu segretario nazionale della Dc e Presidente del Consiglio per soli otto mesi, poi però perse sia l’una che l’altra posizione. Nella Democrazia Cristiana i ruoli sono sempre restati distinti. De Mita volle forzare e gli andò male. Intanto nel centrodestra Caldoro un giorno sì e un altro pure minaccia di non ricandidarsi. Cosa ne pensa? La prego, non mi faccia parlare del consiglio regionale della Campania… E’ critico? Intravede in Regione un pensiero politico? Mi fermo qui. Un’ultima domanda. Crede che quanto sta accadendo a Roma possa favorire astensionismo e grillismo? Non c’è dubbio che sconcezze come quelle di Roma dimostrano la totale insistenza dei partiti che una volta erano i primi controllori delle proprie amministrazioni. Questa situazione si accentuerà sempre di più se si affermerà il giudizio sommario che tutto è schifezza. E di questo passo purtroppo il Paese rischia di non uscire più dal tunnel della recessione.