Rigenerazione, Porta Capuana è anche sonora

105

Non vi è dubbio che attualmente l’area della città di Napoli attraversata da maggior fermento e voglia di cambiamento Non vi è dubbio che attualmente l’area della città di Napoli attraversata da maggior fermento e voglia di cambiamento sia quella di Porta Capuana, area di storica tradizione manifatturiera e popolare fatta di fabbriche (nel senso settecentesco del termine) e monumenti straordinari – una tra tutte l’isola monastica di San Giovanni in Carbonara – percorsa da un salutare spirito di rigenerazione urbana, portato avanti con approccio multidisciplinare da imprenditori, urbanisti, innamorati della città, che hanno deciso di mettere del proprio nella scommessa di rilancio di questa bella storia collettiva. In tutti questi casi, ad iniziative volte ad attrarre nuovi investimenti e nuovi abitanti (sopratutto artisti) corrispondono iniziative per l’attivazione della popolazione locale, della rivitalizzazione dell’economia del quartiere e dell’aumento dell’offerta culturale. Parliamo di esperimenti come “I Love Porta Capuana” (www.portacapuana.info), progetto di rigenerazione urbana, fatto dell’incontro di tre componenti: passeggiate, artigianato e cucina, per innescare un processo attraverso cui si agisce sulla città per darle un aspetto nuovo, non solo tramite la sua riqualificazione fisica, ma anche con interventi di natura culturale, sociale, economica ed ambientale. Parliamo di realtà luminose quali Made in Cloister, progetto nato nel 2011 dal desiderio di coniugare l’operato di promozione e di innovazione della tradizione artigianale con la salvaguardia del patrimonio architettonico. Che ha portato come suo primo straordinario risultato il restauro, finanziato con una intelligente campagna di crowdfounding, del chiostro cinquecentesco di Santa Caterina a Formiello, massimo esempio di architettura rinascimentale a Napoli. “Made in Cloister” nasce dal desiderio di proteggere, di promuovere e di innovare la tradizione del fare artigianale, nonché dalla volontà di non assistere inermi alla dolorosa implosione di una città nota nel mondo per la sua ricchezza culturale e umana. L’individuazione e l’acquisto degli immobili situati all’interno del complesso del Lanificio, già convento dell’adiacente chiesa di Santa Caterina a Formiello, hanno permesso di dare uno spazio fisico al progetto, collocandolo in uno dei centri nevralgici della città. Proprio da questo luogo, ricco di emergenze archeologiche e monumentali e sfortunatamente legato a decenni di abbandono, gli artefici del progetto si propongono di far risorgere, attraverso l’articolazione di attività culturali, progettuali, conservative e imprenditoriali, alcune tra le più antiche tradizioni artigianali della città, e soprattutto, di innovarle facendole interagire con artisti, designer, e operatori culturali particolarmente attenti al valore etico del progetto. Un punto di incontro tra artigiani, artisti, architetti, operatori cultuali e istituzioni. Made in Cloister sceglie di enfatizzare la protezione e soprattutto l’innovazione della cultura artigianale, perché in essa individua quella forma di sapere non verbale continuamente minacciata da modalità produttive e esistenziali del mondo globalizzato, in cui l’umanità viene forzata entro logiche di consumo che ne sviliscono la propria natura. Convinti che un autentico artigianato di innovazione possa essere nutrito da un continuo scambio di saperi e di competenze acquisite e tramandate nel tempo, con strategie progettuali più dinamiche e mirate all’interpretazione di nuove tecnologie, “Made in Cloister” vede nel dialogo e nel confronto tra artigiani, artisti e architetti il requisito necessario affinché quelle regole preziose che definiscono il “fare” artigianale possano essere creativamente re-inventate, interpretando, in questo modo, le nuove istanze del contemporaneo. Nell’ottica di questo fruttuoso dialogo, Made in Cloister ha fatto parlare di Napoli nell’ultima settimana tutta la stampa nazionale ed internazionale, per aver ospitato il maestro del cinema David Lynch per un video musicale, interpretato dalla sua musa Chrysta Bell e diretta da Nicolangelo Gelormini. Porta Capuana tra musica e film Ed è sempre in quest’ottica che il quartiere riesce a convogliare nella sua offerta culturale anche alcune significative espressioni della musica “indie”, probabilmente fino ad un recente passato destinata ai teatri ed ai club del centro antico. Come “Rapsodia Satanica”, esperimento audio-video firmato dai Giardini di Mirò, storica band reggiana, legata i fasti del cosiddetto post-rock a cavallo del millennio, all’interno del Lanificio 25, uno dei primi spazi ad aver creduto nella sfida di Porta Capuana. Si tratta della sonorizzazione dal vivo della storica pellicola del 1917 firmata da Nino Oxilia, in cui Alba d’Oltrevita pattuisce col diavolo un ritorno alla florida giovinezza promettendo, in cambio, di non innamorarsi mai. Ma Alba s’innamora perdutamente e come deciso il diavolo si riprende la giovinezza e la lascia morire anziana e consumata. Oscillando come di consueto tra languide atmosfere rarefatte e furiose cavalcate elettriche, la band riesce sempre ad esprimere una grande qualità e compattezza, anche in relazione con l’immagine in movimento, nonostante una location non particolarmente attrezzata a performances di questa levatura e complessità. Tuttavia un altra bella pagina per una realtà metropolitana in continuo movimento.