Dagli esordi allo scioglimento della band: Peppino di Capri e i suoi Rockers nel libro di Gianmarco Cilento

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Di Anita Curci

“Spesso tendiamo a considerare il Peppino di Capri degli anni Sessanta un cantante solista. Ma non è così. In quel tempo divideva la scena e le incisioni dei brani col complesso con cui era artisticamente nato, i Rockers. Se andiamo a guardare le copertine dei vinili d’epoca, troviamo sempre l’intestazione: Peppino di Capri e i suoi Rockers. Già una decina d’anni fa mi chiedevo come mai circolasse così poco su quei quattro straordinari musicisti che avevano condiviso gli anni d’oro con l’artista caprese”. A parlare è Gianmarco Cilento, autore del libro recentemente pubblicato dall’editore Pietro Graus, Peppino di Capri e i suoi Rockers, testo che ha la ventura di portare la prefazione del compositore e cantautore Mimmo di Francia, padre del celebre brano Champagne e di molti altri pezzi che hanno impreziosito il mondo della canzone italiana dagli anni Settanta ad oggi.

Il libro, 142 pagine, euro 15, con illustrazioni fotografiche, si divide in sei capitoli, dove l’autore centra il periodo artistico di Peppino di Capri dagli inizi con il batterista Ettore “Bebè” Falconieri nel 1954 circa fino al 1968, anno dello scioglimento del complesso “Peppino di Capri e i suoi Rockers”, che presta il nome al titolo dell’opera.

“Da nessuna parte erano reperibili informazioni anagrafiche che riguardassero personalmente i Rockers, fatta eccezione per un’intervista al batterista Ettore “Bebè” Falconieri pubblicata nel 2005 e i vari ricordi dello stesso di Capri nell’autobiografia Il sognatore (2004)”, continua Cilento. “Capivo che bisognava fare qualcosa. Nel 2015 sono venuto a conoscenza della scomparsa del bassista del gruppo, Pino Amenta. Allora senza nessuna esitazione ho deciso di intervistare poche settimane dopo il mitico Bebè Falconieri. Meglio di lui nessuno poteva raccontarmi gli aneddoti dell’esordio e i successivi sviluppi che portarono la band al successo…”.

Testimonianza presente in una intervista video pubblicata poi dall’autore sul suo canale Youtube, seguita dall’intervento di un altro componente dei Rockers ancora in vita, il sassofonista Gabriele Varano. Nel frattempo, il consolidarsi dell’amicizia tra Cilento e Falconieri ha fatto il resto; i racconti del batterista, conditi di dettagli inediti, mai raccontati neanche dallo stesso di Capri, hanno portato all’idea di realizzare un libro. Così, dopo le interviste a Falconieri e Varano, è cominciato un vero e proprio studio su riviste specializzate dell’epoca, sui pochi libri in circolazione sull’argomento, integrando con altre interviste, sempre a musicisti e collaboratori del cantante caprese. Tra queste, quella con Mimmo di Francia da cui Cilento ha tratto nuovi aneddoti, sconosciuti e interessanti.

Ma chi sono i Rockers? “I più grandi music man italiani! Vabbè scherzo…”, risponde sorridendo l’autore del volume, calabrese ma residente a Roma. “Come ho già detto, Falconieri, caprese doc come Peppino, era il batterista. Musicista virtuoso e di grande presenza scenica. Mario Cenci, chitarrista perugino di eccezionale talento, nonché compositore di svariati brani, tra cui il noto St. Tropez Twist. Gabriele Varano, sassofonista romano che ha saputo distinguersi soprattutto per il “raucato”, tecnica di esecuzione difficilissima. Dulcis in fundo, il contrabbassista Pino Amenta, anch’egli romano, il più riservato di tutti. Grazie alla sua discrezione probabilmente è stato il Rocker durato di più nella formazione di Peppino di Capri; ha suonato con lui fino al 1991”.

E alla domanda sul perché sia così legato a questo personaggio e cosa l’ha colpito maggiormente di lui, Cilento chiarisce: ”Innanzitutto perché dal suo esordio discografico fino alla metà degli anni Sessanta, Peppino di Capri ha rappresentato il rinnovamento della musica napoletana a tutti gli effetti. Brani come Voce ‘e notte, Solitudine, I te vurria vasà e Luna caprese venivano finalmente cantati e suonati “all’americana”, sulla scia del Rock ‘n roll stile Platters e Paul Anka: canto a singhiozzo, chitarra elettrica distorta dal delay, rullate di batteria, energici assoli di sax. All’epoca sembrava qualcosa di incredibile e lo è anche adesso! E poi con i sessant’anni di attività festeggiati da poco, la carriera di Peppino parla da sola!”.

Sicuramente di Capri rimane l’emblema dell’interprete e dell’arrangiatore self-made man e ha rappresentato molto per l’Italia nel momento del suo massimo successo.

“Non è stato mai invadente, ma semplice e geniale allo stesso tempo. Soprattutto padrone di un sorprendente romanticismo che ha fatto scuola. Quando poi negli anni Settanta con la fondazione della sua etichetta discografica, la Splash, è diventato produttore di se stesso (superando quel breve periodo di crisi degli anni del Beat) penso abbia raggiunto l’apice della sua originalità creativa e produttiva. Da lì non ha più sofferto particolari momenti di crisi, segno che davvero era destinato a gestirsi da solo, perché lui sapeva quello che voleva e nessuno doveva dargli il libretto di istruzioni. Sono davvero molto dispiaciuto che quest’anno a Sanremo non gli sia stato assegnato il Premio alla Carriera che gli avevano promesso…”.

Con quali grandi della musica ha collaborato?

“Non moltissimi, purtroppo. Ha avuto l’onore di fare da apripista ai Beatles nella loro unica tournée italiana nel giugno 1965. Ha poi duettato strepitosamente alla Tv italiana con Mia Martini, Ben E. King, Lucio Dalla e altri. Ha conosciuto personalmente Frank Sinatra. Ha sostenuto nel 1996 un tour con Fred Bongusto, suo amico e gemello musicale”.