Opere che prendono parola San Domenico: l’arte è viva

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A cura di Cristian Fuschetto

Che la grazia di certe sculture possa toccarci fino al punto di sentirne le parole, fino al punto di parlare di sé, è una di quelle esperienze che chi ha avuto la fortuna di vivere difficilmente dimentica. Ora, grazie a un dispositivo hi tech sviluppato dal Distretto tecnologico per i Beni culturali della Regione Campania, anche chi non ha avuto la ventura di essere così sensibile al godimento artistico potrà “letteralmente” sentire la voce delle 250 opere esposte nella mostra “Il bello o il vero. La Scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento”, appena inaugurata e visitabile fino al 31 gennaio 2015 presso il Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore. Le opere parleranno ai visitatori attraverso speciali sensori e interazioni touch-less. In pratica i visitatori potranno conoscere tutti i dettagli delle opere attraverso un’app scaricata sul proprio smartphone. L’app si chiama “Dialogo” e nel complesso di San Domenico Maggiore sono stati predisposti due wifi per poter navigare e condividere i contenuti delle opere sui social. Si tratta di una delle linee di ricerca sulle quali Databenc sta operando sin dalla sua costituzione e rientra nell’ambito dei progetti Chis (Cultural Heritage Information System), Snecs (Social Network delle Entità dei Centri Storici), Ops (Opera parlanti Show) e Muse@Home. Tecnologie e godimento estetico Grazie alle tecnologie le singole opere esposte si animano e comunicano all’avvicinarsi delle persone generando occasioni di social networking. Ma le tecnologie assumono solo il ruolo di amplificazione per portare all’attenzione del grande pubblico un tassello del patrimonio artistico sinora tenuto disgraziatamente in disparte. “Alle spalle di questa mostra – spiega la curatrice Isabella Valenteun lavoro di 25 anni per riportare all’attenzione del pubblico un periodo finito ai margini della storia artistica. Ci sono intere e bellissime pagine di storia ancora da scoprire – sottolinea – coniugando progresso scientifico, divulgazione della conoscenza e godimento estetico. L’impiego delle nuove tecnologie – aggiunge – rende fruibile al meglio l’opera d’arte per i visitatori”. Particolarmente soddisfatto il vicepresidente della Regione Campania, Guido Trombetti, sostenitore tra i più attivi del distretto diretto da Angelo Chianese. “La prima applicazione di Databenc – dice – non poteva essere di più alto profilo”. E il prossimo step, annuncia, sarà l’applicazione del modello anche per i corso di alta formazione per i libri antichi. Con i supporti tecnici sviluppati da Databenc, i visitatori potranno muoversi attraverso un itinerario fruitivo dinamico, viaggiare nel tempo e nello spazio, tra i capolavori esposti alla mostra. A ogni opera è dedicata una “carta d’identità” multi-lingua, in grado di raccogliere descrizioni, dati e file multimediali. Diventa possibile dialogare con le opere e interagire con loro. Sfida (im)possibile Un connubio riuscito tra arte e tecnologia. Soprattutto perché dal punto di vista squisitamente artistico si tratta di una mostra difficile, di opere di grande e piccolo formato, provenienti da musei pubblici e collezioni private. Un’esposizione che propone per la prima volta al grande pubblico i complessi percorsi e le numerose personalità di artisti di un secolo che, a torto, fu tagliato fuori dalla storiografia moderna,ma che negli ultimi decenni è tornato all’attenzione degli studi con nuove e più attente prospettive. La scultura, per la stessa complessità della sua materia – troppo pesante, troppo voluminosa, o troppo piccola e fragile – non ha mai trovato grande spazio nelle esposizioni. Quella che si propone, dal titolo “Il Bello o il Vero”, che sintetizza i due poli più importanti del movimento artistico del XIX secolo, vuole offrire per la prima volta una panoramica effettiva di ciò che fu questa meravigliosa forma d’arte, facendo colloquiare, anche attraverso i canali digitali, opere “vere” con opere inamovibili, che rimarrebbero altrimenti sconosciute.