L’assurdità avvenuta a Cardito

157

Due giorni fa si è verificato uno degli episodi più drammatici che si possano commettere da parte del genere umano e che a mio avviso evidenzia la carenza di responsabilità e di autorevolezza della figura materna. Tony Essobti, un ragazzo di 24 anni e compagno di Valentina, madre di due figli Giuseppe e Naomi, indotto dall’ira ha ucciso il bambino a seguito di pugni, calci e bastonate con un manico di scopa e ha procurato gravi ferite alla sorella minore. In tutto questo la madre delle due vittime era presente all’accaduto, senza riuscire evidentemente a fermarlo o addirittura a prevenirlo. Il ruolo del compagno appare molto chiaro in questa storia: quello di un soggetto caratterizzato da una personalità malsana, poiché a chi agisce in questo modo gli si può attribuire facilmente questo tratto. Si può rafforzare quest’ipotesi dal momento che motivi validi non c’erano e al contrario comunque non sarebbe giustificabile il dolore che hanno subito.
Quello che meno è comprensibile è invece la posizione della madre, che per quanto probabilmente impossibilitata dall’intervenire sembra assurdo abbia assistito alle torture inflitte alle sue creature senza intervenire in un modo qualsiasi per proteggerle.
Oltre al fatto in sé, che è sconcertante, come si può non fare un quadro generale della persona che hai al tuo fianco? Come puoi permetterti di far entrare nella tua vita e in quella dei tuoi figli un uomo/donna che non conosci abbastanza bene? I rischi si conoscono, la gente è informata su storie di questo genere che confermano l’importanza del cautelarsi e di cautelare chi ti è più caro. Una donna matura e con responsabilità non dovrebbe prendere decisioni con superficialità e allo stesso modo agire.
Il nostro cervello fa continuamente previsioni e tende a tenere sotto controllo l’ambiente in cui si muove. Chi non riesce a seguire questo schema predefinito o è impossibilitato da forze biologiche maggiori o non vuole vedere la verità perché fa troppo male.
Anche ammettendo che non ci fossero stati avvertimenti della cattiva inclinazione dell’uomo e che quella fatale sia stata l’unica deviazione del suo comportamento, comunque non si giustifica il silenzio della donna nel corso della vicenda.
Con questo non ho voluto ribaltare la parti perché il vero colpevole è chi ha agito e per questo dovrà pagare. Quello che ho voluto evidenziare è il ruolo genitoriale, in questo caso di Valentina, che non ha saputo prendersi cura dei suoi figli a causa di paura o superficialità.