Giornalisti all’inferno: nel romanzo d’esordio di Andrea Manzi la storia di un cronista tra informazione e potere

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In foto Andrea Manzi

“Giornalisti all’inferno” è il titolo dell’esordio narrativo di Andrea Manzi, giornalista di lungo corso, già redattore capo del Mattino di Napoli, quindi fondatore e direttore del quotidiano la Città, infine vice direttore del Roma. Manzi è autore anche diversi testi teatrali e di poesia e presiede l’associazione “Ultimi” per la legalità e contro le mafie. Anche il protagonista del suo romanzo è un giornalista di nome Carlo, cinquantenne vissuto pericolosamente, tormentato tanto da essere in analisi, con un matrimonio fallito alle spalle, pur essendo ancora molto legato all’ex moglie. La sua vita professionale, ma anche – come poi si vedrà – personale, ruota intorno al conflitto tra informazione e potere.
All’improvviso Carlo si ritrova accusato di omicidio, in maniera quasi kafkiana: “C’è qualcuno che vuole incastrarmi, facendomi apparire come il responsabile di un fatto gravissimo, che non ho ancora capito quale sia, e nel quale non c’entro nulla”. Si tratta di un delitto avvenuto anni prima, legato a un evento oscuro del passato. E’ a quel punto che la sua esistenza assume coloriture incerte: il giornalista si ritroverà, pian piano, intrappolato tra i gironi di un’umanità sofferente e disperata, capace di qualsiasi cosa. Il libro, appena uscito per i tipi di Europa Edizioni (pp. 171, euro 13.90), reca in epigrafe una citazione di Gesualdo Bufalino, tratta da “Bluff di parole” (1994): “Peccato che i delitti meglio eseguiti, i delitti perfetti, insomma, siano rimasti privi di firma; e che gli autori in cambio d’una banale impunità abbiamo perso la gloria”. Ambigua e intrigante quanto basta a spingere alla lettura di questa avvincente storia.