Med Business Days, un nuovo ruolo dell’industria italiana nel Mediterraneo

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Si sono appena svolti ad Algeri i Med Business Days, tra i tanti eventi promossi dall’Europa uno dei più qualificati per stimolare e rendere più facile la collaborazione tra le associazioni imprenditoriali del Mediterraneo. Non a caso partner dell’iniziativa è stata Businessmed che potremmo definire come l’Unione delle Confindustrie dei Paesi che gravitano intorno al Mare Nostro.
Per offrire un’idea dell’organizzazione basta dire che sono iscritte a Businessmed più di 800.000 imprese appartenenti a ventiquattro Confederazioni di venti Paesi tra cui, naturalmente, l’Italia con la sua Confindustria. Quest’ultima non solo esprime con Giovanni Lettieri il primo vicepresidente (il presidente è una imprenditrice tunisina, Saida Neghza) ma è destinata ad assumere presto una maggiore importanza.
Durante l’ultima Assemblea generale del sodalizio (Barcellona, novembre 2018) si è stabilito infatti che l’associazione guidata da Vincenzo Boccia potrà ospitare presso i propri uffici di Roma una sede distaccata del consesso mediterraneo. Potendo così esprimere con chiarezza la sua centralità tra l’area sud e l’area nord di una vasta area d’influenza anche grazie al collegamento con la propria delegazione di Bruxelles.
Insomma, Confindustria si pone come ponte tra il Mediterraneo e l’Europa delle imprese recitando nel campo dell’economia il ruolo che potrebbe e dovrebbe giocare il Paese nell’ambito della politica. Per la sua posizione geografica e anche per la particolarità del suo tessuto industriale – ricco di piccole e piccolissime aziende – l’Italia ha le caratteristiche giuste per dialogare e favorire lo scambio tra le due sponde.
La voglia d’intrapresa tra le popolazioni del Nord Africa cresce in maniera impetuosa. E, nonostante le difficoltà istituzionali che persistono in quasi tutti i Paesi con i quali ci confrontiamo, aumentano le richieste di partenariato e sale la consapevolezza che occorre creare nei territori le condizioni per una vita migliore attraverso la scoperta dell’industria e dei commerci regolati dal mercato.
Questa disposizione alla cooperazione è rafforzata dall’accordo raggiunto da Confindustria con San Patrignano e la sua mentore Letizia Moratti per formare in Italia giovani africani volenterosi che vogliano imparare un mestiere da spendere in patria e, inoltre, per impiantare in quei territori attività in partnership dove gli imprenditori italiani possono svolgere la doppia funzione di soci e tutor.
Insomma, lo spettro delle iniziative per trasformare i nostri dirimpettai in risorse anziché in fonte di problemi è molto ampio. E il contributo delle organizzazioni imprenditoriali, sull’esempio di Confindustria, può essere fondamentale nel dimostrare che non esiste solo una realtà legata alla sofferenza nel Mediterraneo ma anche e forse soprattutto una dimensione fatta di buone opportunità.
A crederci dovrebbero essere il Paese in tutte le sue componenti e l’Unione europea nella sua interezza. Anche perché mentre l’Europa si affaccia timidamente e con poca coordinazione sul Continente più giovane della Terra, c’è la Cina che si muove con determinazione e strategia per occupare spazi e conquistare ricchezze che noi avremmo a portata di mano se solo ne fossimo più coscienti e consapevoli.