Ricerca, anemia falciforme: da uno studio italiano la chiave per evitare complicanze

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Uno studio italiano apre nuove strade per la prevenzione delle complicanze dell’anemia falciforme. I pazienti affetti da questa patologia, oltre a essere anemici, in presenza di minimi stress come freddo, disidratazione e sforzo fisico sono frequentemente soggetti a gravi eventi acuti con danni d’organo spesso fatali per i giovani malati. Ora l’università degli Studi di Verona apre una nuova frontiera terapeutica. Il gruppo di ricerca coordinato da Lucia De Franceschi, del Dipartimento di Medicina diretto da Oliviero Olivieri, ha pubblicato su ‘Blood’ un articolo in cui si dimostra come il potenziamento della fase che promuove la soluzione dell’infiammazione attraverso la somministrazione di resolvina D1 permette di ridurre i danni acuti. Il concetto – spiega una nota – è quello di potenziare i meccanismi endogeni di soluzione anziché agire attraverso strategie antinfiammatorie per il controllo del danno tissutale. Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con centri internazionali come la Harvard Medical School, il Brigham and Women’s Hospital dove lavora Charles Serhan, uno degli esperti mondiali di resolvine, Carlo Brugnara del Boston Children’s Hospital che si è formato all’ateneo veronese, la Sorbona a Parigi, l’università di Chieti e la Federico II di Napoli. “Con la nostra ricerca abbiamo dimostrato che, in un modello di anemia falciforme, la fase pro-risolutiva degli eventi acuti è deficitaria, causando così un’amplificazione incontrollata della risposta infiammatoria”, spiega De Franceschi. “Grazie a un intenso lavoro del team di ricerca multidiscipliare e grazie all’utilizzo di innovative tecniche analitiche – continua – abbiamo dimostrato che il trattamento con la resolvina 17RvD1 riduce l’infiammazione e previene i danni d’organo rallentando la progressione della malattia”.