Il Maschio Angioino e Futurismo – occasoni perdute, buona la prossima

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Il Maschio Angioino ospita di nuovo l’arte del 1900. Bene, sarà un successo. I Futuristi con la bramosia di modernità temporaneamente esposti in un castello tra i più antichi a Napoli.
Bella contraddizione. O forse mirabile accordo con la modernità di un altro secolo. In fondo anche il 1900 è ormai lontano ed una struttura che è riuscita ad essere per lunghi
periodi contemporanea alle vicende storiche della città, si presta perfettamente ad ospitare una mostra di futuristi. Mostra temporanea, s’intende, essendo i futuristi fanatici della
velocità del cambiamento. Ottima partenza. La possibilità, se pur temporanea, di mostrare in parallelo la modernità nella società dell’innovazione tecnica e i cambiamenti che il
grande castello napoletano subì col succedersi delle dominazioni. Un architettura che molto gioca sulle luci ed ombre, sui contrasti chiaro e scuro già in facciata, ben si prestava
ad esporre le opere di un movimento che accese luci abbaglianti su alcuni rappresentati lasciando nella penombra molte altre personalità.
Bene, bene. I famosi due piccioni con una fava: capire il futurismo vivendolo nel Castello detto Maschio Angioino che però di angioino, grazie al riordino che ne fecero gli
aragonesi, non ha quasi più niente. Occasione stimolante, ricca di spunti. Si prevedono emozioni forti e una narrazione coinvolgente. I futuristi ne sarebbero contenti. Lasciata la
prima contrapposizione tra chiaro e scuro dell’arco di marmo di Laurana inserito tra le due scure torri, attraversato il grande cortile interno, si accede alla mostra allestita nella
Cappella Palatina. Fantastico. Quasi. Potremmo aver usato il teletrasporto e, varcato l’ingresso, trovarci nella X gallery in un punto Y del mondo. I turisti a spasso tra I capolavori seguono il percorso, tante grazie ed ora al bar. Questo ai futuristi non sarebbe piaciuto. La percezione del mondo che traspare dalle opere esposte merita molto di più. Si è voluto sottolineare, quale senso della mostra, il legame dei futuristi con Napoli. Chi conosce davvero il legame dei Futuristi con la città?. Il battesimo del movimento futurista avvenne proprio a Napoli, dove il Manifesto di Marinetti fu pubblicato sul periodico La Tavola rotonda nel 1909. Nel 1910, fu presentato al teatro Mercadante con un parterre di tutto rispetto: Croce, Scarpetta, Scarfoglio, Matilde Serao, politici, professionisti ed un folto gruppo di giornalisti. Chi conosce la storia dell’arancia che, al posto del classico pomodoro, durante la presentazione giunse sulla
scen e che Marinetti prese al volo e, mentre continuava a parlare, cominciò a mangiare? Sono storie, ragazzi. La prima adesione napoletana al gruppo futurista fu quella di
Francesco Cangiullo che dedicò a Marinetti “La cocotta Futurista”, che ricevette un premio durante la Piedigrotta. Cangiullo condusse poi Marinetti a Capri. Il padre
del futurismo rimase talmente colpito da comporre per l’isola il poco conosciuto romanzo “L’isola dei baci”. Storie per l’autoidentificazione del visitatore con i futuristi e Napoli ce ne
sono moltissime ed aver trasformato la Cappella Palatina in un anonima sala espositiva, non gioca a favore del coinvolgimento e dell’emozione. La storia di Marinetti e Cangiullo
avrebbe certamente centrato lo scopo della mostra: mostrare ancora una volta a capacità attrattiva di Napoli sulle innovazioni e gli stravolgimenti culturali. Rompere gli schemi e
proporre modi e metodi richiede coraggio. Ma si sa “ chi non risica, non rosica” . Tant’è.