Teatro, dopo il successo de “L’amica geniale” Valentina Acca porta sul palco Leni Riefenstahl

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di Massimo Cerrotta

Torna a Napoli, al teatro “La giostra”, dopo l’esordio nella sezione “Sportopera” del “Napoli Teatro Festival 2018”, la parabola tragica di “Leni. Il trionfo della bellezza”.

Scritto da Irene Alison, diretto da Marcello Cotugno e interpretato da Valentina Acca, unica attrice in scena, protagonista recentemente della fortunata serie tv “L’amica geniale”, lo spettacolo ripercorre la vita e l’opera di Leni Riefenstahl, al secolo Helene Bertha Amalie, una delle più grandi registe della storia, pioniera ed innovatrice assoluta nello sviluppo delle tecniche di ripresa cinematografica e nel campo della narrazione di propaganda. Un talento fuori dal comune, il suo, una mente cablata unicamente per l’arte, ma che, purtroppo, ebbe il fatale difetto di farsi “ipnotizzare” dal “mago” sbagliato, come peraltro riaffermato nel corso della rappresentazione. Quel “mago” si chiamava Adolf Hitler, e il suo incantesimo fu il desiderio di una Germania maestosa e dotata di forza e bellezza inarrestabili. Alla trasposizione cinematografica di questi ideali estetici, la Riefenstahl consacrò la propria vita, tanto da subire, a guerra conclusa, diversi processi per le sue chiare attività filonaziste. Fu sempre assolta, poiché giudicata estranea a qualsiasi attività di sterminio, ma la sua carriera, fino a quel momento lanciatissima, ne subì una brusca battuta d’arresto.

In “Leni. Il trionfo della bellezza”, Valentina Acca si cala, con poliedricità e gamma interpretativa davvero eccezionali, nei panni di una figura complessa, attraversata da decine di inquietudini e aspirazioni, tutte però riconducibili allo Streben di goethiana memoria, ovvero a quello slancio conoscitivo, interiore ed eroico, che il grande poeta tedesco citò quale caratteristica fondante dell’essere umano. Attraverso capolavori quali “Il trionfo della volontà” (1934) e “Olympia” (1938), Riefenstahl esemplificò questo slancio con tale forza e convinzione da rimanere ella stessa dilaniata, divisa tra le forze della bellezza e quelle dell’orrore.

“Leni, Leni, un attimo prima eri su un palcoscenico, e un attimo dopo stavi danzando su un precipizio” ammette, ad un certo punto dello spettacolo, la protagonista, osservandosi dall’esterno con malcelato rammarico. E continua: “La verità è che tutta la mia vita è stata un esercizio di equilibrismo.”

“Il nostro intento” conferma infatti il regista, Marcello Cotugno, “era quello di restituire la controversa dicotomia di questa artista, difficilmente collocabile in un unico luogo della mente.”

Quella di Leni Riefenstahl, morta nel 2003 alla veneranda età di 101 anni, è dunque una storia di equilibrismo, spesso mancato, tra volontà di potenza e paura del fallimento, tra inseguimento della bellezza e fascinazione per il male, tra volontà incrollabile e smarrimento totale di fronte alle mostruosità realizzate in nome di un ideale inizialmente ritenuto legittimo.

“Leni. Il trionfo della bellezza” esprime magistralmente tutto questo.