Caserta, Francesco e l’amico protestante

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Terra della pietà popolare, la città campana è anche il luogo che, secondo papa Bergoglio, testimonia al meglio la fantasia dello Spirito Santo condivisa da cattolici e riformati Papa Terra della pietà popolare, la città campana è anche il luogo che, secondo papa Bergoglio, testimonia al meglio la fantasia dello Spirito Santo condivisa da cattolici e riformati Non una, ma due volte. Non capita spesso di avere un papa – neppure Francesco che ai “fuori copione” ci sta abituando – due volte a Caserta e nelle sua diocesi (185 km quadrati, 182.591 abitanti). Tutto nasce dal desiderio di un gesto di amicizia per un amico di vecchia data, Giovanni Traettino, pastore della Chiesa Evangelica della Riconciliazione di Caserta, già salutato allo stadio Olimpico di Roma il 24 giugno, nel raduno del Rinnovamento nello Spirito. Come mai un protestante in un incontro promosso da un’associazione di fedeli cattolici che conta in Italia decine di migliaia di aderenti? Traettino è pioniere del dialogo tra evangelici e cattolici carismatici, anche se questa relazione, dicono le fonti ufficiali, avviene non tra istituzioni, bensì tra amici e movimenti di entrambe le parti. Un laboratorio di un più vasto movimento evangelico che, già nel 1994, esprimeva a Caserta l’Istituto di Studi storici e Teologici “G. F. Alois”. Anche la moglie del pastore svolge un ministero molto apprezzato come presidente della cooperativa che gestisce la scuola. Papa Francesco stima evidentemente gli intenti “dialogici” di questo laboratorio riformato, tanto da volerci andare in visita, seppur “privatissima”, non senza qualche disappunto sia da parte di comunità pentecostali riformate che di esponenti del clero della diocesi. Del resto, nell’udienza del 19 giugno scorso, pur senza nominare il suo amico pastore, Francesco l’aveva evocato: “Ma perché le divisioni tra noi? Vi racconto una cosa: oggi, prima di uscire da casa, sono stato quaranta minuti con un Pastore evangelico e abbiamo pregato insieme, e cercato l’unità”. Poi, come sappiamo da poco, riformulazione del viaggio papale e sua articolazione in due momenti: una “visita ufficiale ma del tutto familiare” stasera alla diocesi suffraganea di Napoli e una “visita privatissima” lunedì 28 luglio all’amico. Di fronte alla reggia vanvitelliana, il papa celebra alle 18.00 “una Santa Messa nel giorno della Festa della patrona Sant’Anna”, di cui l’antichissimo calendario marmoreo, conservato a Napoli, registra una festa “nel giorno in cui sant’Anna concepisce santa Maria”. Più di duecentomila i fedeli attesi. Se la chiesa, come ripete Bergoglio, è sempre un uscire da se stessa, un andare verso le periferie, sia quelle esistenziali che quelle geografiche e perfino religiose, ben venga questo visitare due volte una terra campana. Una terra della pietà popolare – come quella legata alla devozione per sant’Anna – che una recente Nota pastorale dei vescovi ha sollecitato a purificare da infiltrazioni profane, anche mediante un Centro universitario (l’Istituto Superiore di scienze Religiose “S. Pietro”). Ma, purtroppo, non solo della pietà: è anche la terra dei gravi disagi sociali ed economici, della difficile convivenza tra immigrati di colore e popolazioni locali; la terra dei clan organizzati che hanno potuto controllare, con qualche sponda politica, l’affare dei rifiuti speciali e inquinanti, depredando l’economia e l’immagine della fiorente agricoltura e zoocultura della Campania felix. Papa Francesco, a Sibari, ha ricordato la scomunica per gli appartenenti alle organizzazioni criminali e tante volte, a Roma, ha salutato i numerosi immigrati e quanti si impegnano a risolvere i loro problemi spesso gravi, causa di tante sofferenze e disagi. Conosce altresì bene la fantasia dello Spirito santo, che accomuna l’azione di riformati e cattolici nel territorio casertano. Ma da vescovo, nel santuario di Aparecida (Brasile) – come leggiamo nel recente volume “Dalla fine del mondo un nuovo umanesimo cristiano” di Carmine Matarazzo – aveva dovuto anche lamentare l’esodo di certi strati poveri della popolazione verso “l’evangelismo pentecostale” e le nuove sette, con una certa dis-identificazione della pietà popolare.