Ma le ingiustizie della giustizia sono ingiustizie giuste?

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Quel giorno Una delle tante date che non mi dicono più nulla. Dove sono andata quel giorno, che cosa ho fatto non lo so. Se lì vicino fosse stato commesso un delitto non avrei un alibi. Il sole sfolgorò e si spense senza che ci facessi caso. La terra ruotò E non ne presi nota. Mi sarebbe più lieve pensare di essere morta per poco, piuttosto che ammettere di non ricordare nulla benché sia vissuta senza interruzioni. Non ero un fantasma, dopotutto, respiravo, mangiavo, si sentiva il rumore dei miei passi, e le impronte delle mie dita dovevano restare sulle maniglie Lo specchio rifletteva la mia immagine. Indossavo qualcosa d’un qualche colore. Certamente più d’uno mi vide, Forse quel giorno Trovai una cosa andata perduta. Forse ne persi una trovata poi. Ero colma di emozioni e impressioni. Adesso tutto questo è come tanti puntini tra parentesi. Dove mi ero rintanata, dove mi ero cacciata niente male come scherzetto perdermi di vista così. Scuoto la mia memoria forse tra i suoi rami qualcosa addormentato da anni si leverà con un frullo. Wislawa Szymborska


Diego Marmo ha chiesto scusa. Trent’anni fa era il pubblico ministero che formulò pesantissime accuse contro Tortora, poi assolto con formula piena perché il presentatore non faceva parte della camorra. Ci sono, a volte, comportamenti del potere negativo che esprimono ancora di più l’arroganza quando tentano di manifestare il contrario, proprio perché possiedono un’involontaria “verità”del modo di sentire in profondità. Trovo in questo di Marmo una “violenza” pari a quella che espresse i giorni del suo odio per Tortora. Ma cosa pensava, cosa sperava? Forse che poteva ricevere una risposta del tipo: “Si va bene non si preoccupi”; “cose che capitano non ci pensi”; “si va bene è scusato”, “non lo faccia più mi raccomando” o così via. Probabilmente credeva che questo gesto sarebbe stato considerato come nobile, non so cosa poteva immaginare come reazione della famiglia. Poi chiede scusa, non perdono. Non è una differenza irrilevante. Ma ad ogni modo ricevere l’una o l’altra non toglie la gravità di quello che è successo, il danno, il crimine. Che significa accettare le scuse? Significa eliminare la negatività del comportamento? Non consente di far tornare le cose a posto e la percezione di chi ha ricevuto il dolore, non si può modificare. “Non volevo”; anche questa frase è ridicola, è ovvio che non voleva, ma in realtà voleva con tutte le sue forze ottenere quello che ha ottenuto. Che cosa non voleva? Non voleva scoprire di aver partecipato a un crimine? Beh è ovvio. Che significa “agire in buona fede”, se si uccide una persona? Come afferma Aldo Grasso sul corriere della sera: “Poteva starsene zitto. Poteva portare ancora il peso del suo silenzio. Poteva vedersela con la sua coscienza, che non fa mai dichiarazioni pubbliche.”. Sono pieno d’interrogativi, magari ne avesse avuti qualcuno in più Diego Marmo e gli altri, magari fosse stata scalfita la loro sicurezza, fondata principalmente su stati d’animo piuttosto che su fatti. Ricordo che Marmo, durante la requisitoria, nel 1985, descrisse il Tortora come «un cinico mercante di morte», non era da solo è vero, ma si ricorda la sua sicurezza e determinazione giustizialista. La giustizia che non paga mai i propri errori almeno si nasconda. Chiedere scusa è veramente ancora più offensivo, perché si può pensare che possa essere accettata. Anche perché sia lui che gli altri hanno poi nel tempo fatto carriera e quello che per alcuni è stata un’ombra per altri è stata una tragedia. Non scusabile!