“Ercolano e Pompei” al Mann: viaggio con gli occhi del Grand Tour

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Ercolano e Pompei nel XVIII secolo erano due tappe importanti del Grand Tour, e le impressioni che le visite in quei luoghi hanno lasciato su viaggiatori eccellenti sono diventate a loro volta un “viaggio” nella capacità di percezione e nel gusto di un’epoca. La mostra “Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta”, ospitata nella sala della Meridiana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 30 settembre 2018 prossimo, in oltre 200 opere ripercorre le suggestioni che le città vesuviane, sepolte dall’eruzione del 79 d.C. e svelate dagli scavi borbonici, la prima nel 1738 e la seconda dieci anni più tardi, hanno esercitato su interpreti d’eccezione vissuti tra il Settecento e gli inizi del Novecento. Il percorso espositivo, nato dalla sinergia del Mann con il centro culturale Max di Chiasso, è, dunque, una narrazione a ritroso nel tempo, le cui tappe sono costituite venticinque preziosi reperti archeologici, lettere, taccuini acquerellati, incisioni, litografie, disegni, rilievi, matrici, gouaches, fotografie e cartoline. Un percorso in cui spiccano l’anello di re Carlo di Borbone, il taccuino con disegni acquerellati e annotazioni dell’inglese William Gell che viene dalla biblioteca del Mann, il manoscritto inedito dell’abate Ferdinando Galiani sulle ‘Pitture antiche che si conservano nella Real Villa di Portici’, la prima raffigurazione dello scavo di Pompei del naturalista-botanico Francois de Paule Latapie, il corpus di tre piante di Pompei ed Ercolano dell’ingegnere svizzero Karl Jakob Weber.
In una ricerca del passato, effettuata grazie alla collaborazione con circa venti istituzioni e privati che hanno prestato le opere presenti nelle loro collezioni in Italia, Svizzera, Francia e Stati Uniti, il filo conduttore e’ dato dallo stupore del visitatore davanti alle vestigia delle città antiche, da Karl Jakob Weber ai Piranesi, da Francois Mazois a William Gell, da Luigi Rossini a Pietro Bianchi, da Giacomo Brogi ai fratelli Alinari. La storia dell’archeologia si intreccia alla storia delle letteratura, della scienza, delle arti grafiche e del costume grazie al fatto che numerosi intellettuali europeic hanno divulgato lo splendore del territorio vesuviano influenzando diversi campi della cultura con l aloro testimonianza. La mostra, curata da Nicoletta Ossanna Cavadini (direttrice del Max) e Maria Rosaria Esposito (responsabile della Biblioteca del Museo Archeologico Nazionale di Napoli), ha avuto la sua prima tappa in Svizzera proprio al Max di Chiasso (dal 24 febbraio al 13 maggio scorsi) con successo, ed e’ ora all’archeologico partenopeo. “Da questa mostra ci perviene un chiaro segnale di quanto la cultura classica sia uno dei pochi pilastri su cui puo’ trovare fondamento il concetto di unione europea. Per questo, insieme al Max, abbiamo costruito un percorso non soltanto dalle solide fondamenta scientifiche, ma anche aperto a un dialogo sempre attento con il presente”, sottolinea il direttore del Mann, Paolo Giulierini. Il museo ha anche promosso un’iniziativa editoriale, il libro “Visioni di una scoperta. Otto racconti su Ercolano e Pompei” (Libreria Dante&Descartes, Napoli), frutto della collaborazione stabilita con gli istituti di lingua straniera a Napoli, tra cui il Goethe Institut, il British Council, l’Instituto Cervantes e l’Institut Francais. Nella silloge, alcuni importanti autori di diversa nazionalita’ (Luigi Trucillo, The’o Ananissoh, Gaston-Paul Effa, Mamadou M. N’Dongo, Gael Octavia, Andreas Schluter, Charlotte Higgins, Jose’ Vicente Quirante Rives) guardano, con gli occhi del presente, la straordinaria eredita’ viva nelle rovine delle grandi città vesuviane.