Liberalizzazioni, Cimmino avverte: Nessun passo indietro sulla legge

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Ripubblichiamo on line l’intervista a Luciano Cimmino, deputato di Scelta Civica, andata in stampa sul numero di oggi del Denaro con un refuso. Ci scusiamo con i lettori. Ripubblichiamo on line l’intervista a Luciano Cimmino, deputato di Scelta Civica, andata in stampa sul numero di oggi del Denaro con un refuso. Ci scusiamo con i lettori. Liberalizzazione degli orari nel commercio: i recenti disegni di legge targati M5S, Pd e Lega rischiano di catapultare il settore indietro di sette anni, riportando in vigore la disciplina antecedente il decreto Bersani del gennaio 2007. A lanciare l’allarme è Luciano Cimmino, vicepresidente di Scelta Civica per l’Italia e componente della X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera. Un deputato che ben conosce, da imprenditore, le esigenze del settore, in qualità di presidente di Pianoforte Holding, società a a cui fanno capo i marchi Carpisa, Yamamay e Jaked. Onorevole, perché si rischia di fare passi indietro? La liberalizzazione del 2011, con l’apertura estesa alle domeniche ed ai giorni festivi, è una libera scelta che si modella in base alle esigenze non solo delle aziende, ma anche degli addetti al commercio. Caduto il Governo Monti, si è messo in moto un movimento che, con motivazioni varie, si oppone alla liberalizzazione. Le proposte, più o meno riduttive, provengono da Pd, Lega e M5S, con questi ultimi che chiedono l’obbligatorietà della chiusura per 40 domeniche all’anno, oltre a 12 festività a scelta. Di questo passo si rischia di tornare a prima del decreto Bersani del 2007. Una scelta difficile? È una materia molto complessa e delicata, con molti interessi in campo. Ad iniziare dalla tutela dei lavoratori, per passare alle esigenze dei piccoli esercizi, contrari all’apertura domenicale, o a quelle, contrapposte, della grande distribuzione e della rivitalizzazione dei centri storici delle località turistiche o delle città d’arte. Come conciliare le diverse esigenze? Con razionalità e umanità, rispettando i tempi delle famiglie, dove entrambi i coniugi lavorano. Nei nostri negozi, ad esempio, abbiamo scelto di far ruotare i turni di riposo del personale in modo tale che ognuno possa farsi due domeniche di festa al mese. Come influisce la crisi sulla liberalizzazione degli orari? Ritengo in modo determinante, in quanto le famiglie concentrano gli acquisti nel fine settimana, ed un colosso come Ikea realizza un quarto del suo fatturato la domenica. Che cosa propone? Innanzitutto va incentivato chi sceglie di lavorare la domenica: per questo, già da sette mesi, sto promuovendo l’adozione di un meccanismo di defiscalizzazione degli straordinari. Per fare questo, però, è necessario verificare se, in base ai dati Istat e Cnel, la liberalizzazione ha portato vantaggi sul piano occupazionale ed economico. Credo che in questo periodo di grave crisi, anche un incrementi relativo degli addetti è significativo. Non possiamo permetterci di perdere anche un solo posto di lavoro. E per quanto riguarda i consumi, come sono cambiati con la liberalizzazione degli orari? Anche qui bisogna fare i conti con la contrazione del mercato: gli acquisti sono rimasti sostanzialmente stazionari, ma su un fronte di caduta libera della domanda, anche questo è un risultato più che significativo. Come risolvere questo rebus? Guardi che andare per slogan e dogmi, come qualcuno sta facendo in questo momento, è un modo scorretto di affrontare il problema. Io, come Scelta Civica, chiedo di rendere effettiva la liberalizzazione degli orari nel commercio definita dal Governo Monti. Modificarla si può, ma non si deve tornare al regime precedente la riforma Bersani. Bisogna rispettare le regole che già ci sono ed evitare di cadere nel vizio, tutto italiano, di cambiare le regole che non vengono rispettate.