Il successo dipende dalla qualità dell’incontro

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Un incontro Un incontro inatteso Siamo molto cortesi l’uno con l’altro, diciamo che è bello incontrarsi dopo anni. Le nostre tigri bevono latte. I nostri sparvieri vanno a piedi. I nostri squali affogano nell’acqua. I nostri lupi sbadigliano alla gabbia Un incontro Un incontro inatteso Siamo molto cortesi l’uno con l’altro, diciamo che è bello incontrarsi dopo anni. Le nostre tigri bevono latte. I nostri sparvieri vanno a piedi. I nostri squali affogano nell’acqua. I nostri lupi sbadigliano alla gabbia aperta. Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi, le scimmie gli slanci, i pavoni le penne. I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli. Ci fermiamo a metà della frase, senza scampo sorridenti. La nostra gente non sa parlarsi. Wis?awa Szymborska


Sabato 29 marzo Gian Antonio Stella, bravissimo come sempre, ha pubblicato, sul corriere della sera, un pezzo sul turismo. “49 siti Unesco non bastano per tornare primi nel turismo, con rendite di posizione e prezzi alti siamo finiti quinti”. Un altro esempio plateale della “vocazione” al suicidio della nostra nazione: da un lato le affermazioni che il turismo rappresenta l’industria del futuro, dall’altro la progettazione inesorabile della sua distruzione. Lo dicemmo negli anni 50 per passare poi dal 19% al 16%, però poi lo riannunciammo per scendere nel 70 a 7,7% negli anni 80. Ma nel 90 dicemmo che il turismo era il nostro petrolio quindi precipitammo al 6,1. Si trovò il “coraggio” di dichiarare nuovamente che il futuro stava nel turismo e quindi inesorabilmente arrivammo al 5,9. Ma naturalmente non è finita perché accanto alle solite stucchevoli affermazioni passammo al 4,5 nel 2012 e l’ultima rilevazione appunto al 4,4 nel 2013. Ma perché? Per i soliti motivi che riguardano la distruzione programmata del nostro paese attraverso soprattutto la burocrazia e i suoi effetti collaterali. Un recente studio rileva che lungaggini, burocratiche e altri ostacoli per i visti ci faranno perdere entro il 2015, oltre 46 milioni d’arrivi, con mezzo milione di possibili posti sfumati. Poi il disamore per il territorio in alcuni luoghi, soprattutto in Campania; il crollo del senso civico; un approccio da rapina verso il cliente, l’assenza diffusa di una vera cultura d’accoglienza e ospitalità con prezzi da rapina, scortesia diffusa, superficialità, approssimazione. Secondo un modello prevalente di tipo culturale/strategico, cliente è chi paga e va e vale tanto quanto paga. Una visione strategica evoluta invece considera il momento della verità quello del cliente che ritorna, che parla bene del fornitore di servizio. Questa prospettiva richiede la capacità di stabilire comunicazione di valore, che si stabilisca un incontro tra soggetti veri, che si stabilisca una relazione piacevole e di fiducia, dove c’è un tempo di vita passato insieme bene. Altrove accade, non occorre andare lontano l’hanno capito quasi tutti tranne noi e soprattutto in alcuni luoghi del sud. Il bisogno di soldi ha acuito un cinismo relazionale di strumentalizzazione contingente, di abbassamento drastico della qualità relazionale. Parliamo di Napoli come luogo significativo per segnalare questa debolezza culturale. Le diagnosi su Napoli sono numerose, spesso accurate e in grado di rappresentare la situazione problematica della città in modo convincente segnalando anche le cause che determinano lo stato e la dinamica delle situazioni. Una delle cause principali del problema del turismo a Napoli è rappresentata da un’immagine molto deteriorata verso l’esterno e l’altro che le cause interne che l’hanno determinata non sono ancora eliminate (e forse alcune ineliminabili). Uno dei principali limiti che rendono difficile il recupero è la storica incapacità di sviluppare reali connessioni e sinergie tra tutti i soggetti (pubblici e privati) che potrebbero consentire un cambio di marcia, che sono invece, prevalentemente separati e conflittuali o inerti. Abbiamo assistito e stiamo assistendo continuamente, a impeccabili proclami e nobili dichiarazioni che poi si spengono inesorabilmente in litigi per il mantenimento di posizioni di potere. Servirebbe una visione forte che attragga davvero e servirebbe capacità di applicazione strategica e operativa. Napoli dovrebbe essere considerata, in una logica di turismo innovativo, come una città fornitrice d’esperienze (experiental provider). Questa dovrebbe e potrebbe diventare la sua Visione. Nessuna città al mondo potrebbe essere più adatta di Napoli. Si dovrebbe sviluppare un progetto ambizioso in una prospettiva di riconsiderazione del turismo- esperienza nella nostra città tale da consentire l’inclusione del viaggiatore come protagonista di esperienze di consumo veramente uniche e memorabili, oltre che raccontabili. Si porrebbe quindi, l’esigenza di definire con forza una strategia che consentisse di pianificare e governare la creazione del valore, integrando gli asset tangibili e intangibili determinando la trasformazione delle potenzialità di risultati in progetti per realizzarli. Ma tanto non ci riusciremo perché servirebbero soggetti che non ci sono, con pensieri e visioni che non ci sono. Mi spiace finire con questa riflessione depressa, ma sto passeggiando per la villa comunale e francamente è difficile credere, come diceva Einstein, che un sistema di pensiero che crea i problemi sia lo stesso che riesce a risolverli. Il viaggiatore vuole potenzialità di narrazioni, luoghi e incontri che diano senso al suo essere lì.