Il Mezzogiorno che vuole riscattarsi

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Negli ultimi tempi si parla sempre con maggior insistenza della Macro Regione Mezzogiorno, c’è però da considerare, cosa intendiamo e a cosa aspiriamo nel voler realizzare una nuova entità politico amministrativa. Credo che tutti noi del Mezzogiorno d’Italia, condividiamo di voler uscire dal profondo degrado e arretratezza in cui siamo precipitati da decenni ed ancora non troviamo una soluzione per invertire questa condizione ed è questo il punto cruciale.
C’è un dibattito nel rivedere l’assetto regionale italiano, tra cui coloro che vorrebbero la cancellazione delle regioni e portare a livello di governo centrale le competenze oggi affidate all’amministrazione regionale. Ho la sensazione che coloro che propongono la cancellazione delle Regioni “tout court” qui al Sud, sia solo un modo di come abbattere quel muro cresciuto tra le Regioni del Nord e quelle del Sud, per come nascondere l’efficientismo del Nord rispetto al degrado ed alla arretratezza del Sud che aumenta sempre più, come tentare di eliminare i meccanismi di finanziamento squilibrato che nuoce al nostro Meridione, più volte denunciato, in fin dei conti di come avere nuovamente quei finanziamenti, che fino agli anni 80 del secolo scorso il Meridione riceveva in abbondanza, senza però risolvere i suoi problemi e creando di fatto lo scontro con le regioni dell’asse Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto.
Ci sono tuttavia alcuni aspetti che noi del Sud trascuriamo o facciamo finta di non vedere, come quello di un Nord che guarda ed è sempre più inserito nel contesto europeo, mentre noi rimaniamo ai margini dell’Italia. La modifica del Titolo V della Costituzione, con l’ampliamento delle competenze affidate alle Regioni, è stato a mio avviso, la cartina di tornasole del valore delle nostre classi dirigenti, sono la prova provata di come ogni società regionale si è rapportata alla propria classe dirigente. Il fallimento delle nostre classi dirigenti è dimostrato dall’ulteriore arretramento del Mezzogiorno. Quando discutiamo ad esempio di Sanità e si dimostra il grande divario Nord Sud, le sperequazioni esistenti, che al netto dei trasferimenti finanziari sottostimati a livello governativo e trasferiti alle Regioni del Sud, fa emergere l’incapacità delle nostre classi dirigenti regionali meridionali, la loro assenza dai tavoli decisionali romani, una mancata programmazione, la scelta di dirigenti sanitari valutati per la fedeltà politica e non per le capacità professionali, una politica clientelare e non una politica di programmazione di ampio respiro e competitiva, tutto questo è parte del fallimento dell’amministrazione regionale meridionale, messe alla prova proprio con la maggiore responsabilizzazione ottenuta dalla modifica del Titolo V della Costituzione.
Ciò che noi dobbiamo considerare è che la caduta del muro di Berlino, ha posto il rafforzamento dell’Unione Europea, la nascita dell’Euro e la globalizzazione ancor di più ha obbligato a più soggetti, sia come istituzioni politiche, che imprenditoriali, che finanziarie, a costituire aggregati tesi a razionalizzare risorse ed energie per poter meglio affrontare una competizione dura, aggressiva, cinica, ecco quindi, vedere in questa arena competere la sola Campania, la sola Basilicata, la sola Puglia, per non parlare della Calabria o del Molise è velleitario. Realtà quelle del Mezzogiorno, talmente insignificanti rispetto ad una Baviera o all’area di Rotterdam, o di altre realtà sia europee che dell’Oriente, dove invece, le Regioni del Nord Italia come la Lombardia, l’Emilia – Romagna, il Veneto, il Friuli, stanno investendo, in quanto hanno un tessuto produttivo forte, quello che ha permesso all’Italia ad essere tra i paesi più industrializzati del mondo, sia perché esse fanno sistema, per cui si parla di area del Nord-Est o del triangolo TO – MI – GE, oggi sostituito in parte da un nuovo triangolo, MI – VE – BO, abitato da un terzo della popolazione italiana, il quadrante lombardo-veneto- emiliano produce il 40% del Pil nazionale, occupa il 49% degli addetti al manifatturiero ed esporta il 54% del “made in Italy”, noi rimaniamo al palo. Secondo i dati SVIMEZ, al Nord cresce inoltre il peso della piccola impresa, arrivata ad occupare il 72% degli addetti. Il rapporto rileva come sia avvenuto il passaggio dalla concentrazione urbana alla “nuvola” dei distretti, ed una terziarizzazione dell’economia con il passaggio dall’industria manifatturiera alle produzioni di servizi.
Ecco basta questo a convincerci che il Sud ha una sola possibilità, quella di unirsi per fare squadra, per fare sistema. Gli analisti più accorti hanno più volte evidenziato delle potenzialità del Sud, come hanno indicato i dati SVIMEZ del dicembre 2016 o come hanno riportato gli studi della fondazione “La Malfa”, però cosa accade? Si discute ancora di Mezzogiorno però per disquisire del livello regionale, continuando a parlare di Puglia, Campania, Basilicata, questo è una contraddizione in termini, cioè ritorniamo sul livello micro. Quindi come superare questo “empasse”? L’idea della costituzione della Macro Regione Mezzogiorno può essere la soluzione, in quanto permette di avere una unica cabina di regia, un centro decisionale che può pianificare interventi su tutto il territorio del meridione in modo uniforme, con una visione generale e organica, che valuti le caratteristiche di territori contigui, in particolare nelle zone interne, che in molti casi sono zone di confine tra regioni, che oggi pianificano per proprio conto, per cui la progettualità può risultare contenuta se non monca, priva di proiezione verso aree che possono contribuire maggiormente ad uno sviluppo. Vi è la necessità di scelte strategiche che devono essere affrontate in modo razionale, analizzando tutti gli aspetti che possono essere induttori di crescita, dalla programmazione infrastrutturale (che senso ha che ogni Regione del Sud programmi per proprio conto le infrastrutture), alla pianificazione per i potenziamento e la messa in rete delle Start Up, all’apertura/facilitazione di industrie straniere, ad una regolamentazione normativa valida per tutto il territorio della Macro Regione. Ragionare sulla creazione di un Hub portuale composto dalla integrazione dei maggiori porti meridionali (Gioia Tauro, Bari, Napoli, Salerno, Taranto), con linee ferroviarie dedicate, può significare realmente divenire porta d’ingresso da Sud per l’Europa.
A chi può far paura una Macro Regione Mezzogiorno? Tutti gli indici economici sono contro di noi, sono fortemente negativi e segnalano il continuo aumentare della forbice Nord – Sud. Solo unendoci possiamo salvarci. Uno dei più devastanti danni subiti negli ultimi decenni è stata la perdita del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, acquisiti da Banche del Nord, Unicredit e San Paolo di Torino in primis, ciò comporta che i nostri risparmi sostengono l’economia del Nord. Noi abbiamo bisogno che si crei una macro area competitiva con il resto dell’Europa, le nostre regioni disunite e senza una visione strategica sono condannate a soccombere. Bisogna che il meglio di ognuna di essa faccia sistema con le altre, creando una convergenza tra imprenditori, università, classe politica, finanza locale, media, puntando ad ottenere all’interno di una Italia federale margini di manovra tali da poter rendere appetibile la venuta di capitali stranieri, di modificare le normative del lavoro per creare più posti di lavoro qui da noi, dove vi è la maggiore percentuale di disoccupazione e non essere solo, il mercato delle aziende del Nord. Offrire gratuitamente aziende dismesse agli imprenditori stranieri che vogliano investire e creare lavoro qui da noi! A chi può far paura tutto ciò? Noi abbiamo il dovere di non soccombere e di riscattarci, questo è possibile solo se siamo convinti che ci salviamo se uniti e contiamo esclusivamente sulle nostre forze e che non ci sarà nessuno che verrà a salvarci!!!
Questa è una opportunità a cui molti iniziano a credere, anche se sono conscio che tutto ciò può far paura a molti.

Stanislao Napolano, presidente dell’associazione “Carlo Filangieri”