A.A.A. emozione cercasi disperatamene

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Da…yes….oui…bitte… No non è uno sfoggio di polinguismo. Nel silenzio della Cappella Sansevero il bisbiglio in mille lingue diverse parla chiaro. Davanti al Cristo Velato passa, si ferma, indugia e si emoziona tutto il mondo. Maschio Angioino: mostra fotografica “Lumen Cristo Velato” dell’artista bolognese Nino Migliori, ore 11 del mattino, giorno feriale ma di festa per una ricorrenza di Stato, circa un migliaio di persone nel cortile, numero visitatori della mostra numero 2 persone che entrano, passano, forse guardano, escono. Eppure le foto sono molto interessanti ed offrono la possibilità di guardare l’opera di Sammartino in una condizione di luce molto simile a quella in cui la videro i contemporanei dell’autore. E allora? Quale incredibile maleficio incombe intorno alla Cappella Palatina? Quale drago lanciafiamme tiene lontani i turisti? Un tripudio di specchi in cui si moltiplica un altrettanto abbagliante trionfo di candele accese, lampadine, lampade e candelotti accoglie, abbagliandolo, il visitatore. Una malfatta citazione dell’installazione di specchi all’ingresso del Museo Madre. Ecco la bocca del drago, un passo e ci sei dentro. Poi, le foto. De profundis clamavi. Se almeno il salmo fosse recitato da una voce fuori campo. L’oggetto delle foto è il Cristo morto, coperto anzi velato. Bene, ma chiedo istruzioni: come posso emozionarmi? Forse grazie ad alcune cimiteriali candele che, sistemate a terra, segnano il percorso espositivo? Il turista cammina, non si ferma, curiosa oltre il tendone dietro al quale c’è un video che spiega le ragioni delle foto esposte. E poi? A.A.A. emozione cercasi, disperatamente.
Sotto le foto una luce bianca, cemetery exhibition, crea ulteriori ombre alle immagini esposte.
Purtroppo non giova alle opere dell’artista. Eppure ci sono luci che inquadrando direttamente l’immagine la proiettano in una dimensione quasi 3D. Tecnologia, oh dove sei? Troppo. Troppo nero all’intorno. Per qualcuno fa moderno, ma qui l’effetto è solo di buio, neanche cimiteriale, lontanissimo, di sicuro, dagli effetti delle moderne esposizioni. “O provincia, o mores” (libera
contraffazione dell’antica esclamazione). Prima che intervenga una noia mortale, vampiri, poltergeist e strane creature si dichiarano assenti, e i turisti evacuano. Non si rende giustizia così ad un valente fotografo. Il grande obiettivo di mostrare il Cristo velato con le luci tipiche dell’epoca naufraga tra ondate di tecnologia mista (candele e lampadine) e risacche di lumini segna passo. Travolta dalla luce cimiteriale dei neon sotto le fotografie, l’esposizione perde l’appeal di una resa dell’immagine sconosciuta ai nostri contemporanei che non la degnano del dovuto interesse e, finito il giro, evacuano chiedendosi il significato di tutto questo. Il Maschio Angioino, Castelnuovo, è visitatissimo. Inaccettabile l’esiguo numero di visitatori della mostra, sebbene a ingresso gratuito.
Facciamo un esercizio di fantasia? Chiudiamo gli occhi ed immaginiamo. Entrare nella Cappella Palatina col sottofondo di un requiem tra i più conosciuti. Salire scalini segnati, questi sì, da
candele e giungere su passerelle, alte rispetto al suolo, nell’incalzare delle note. Siamo al buio. All’ improvviso le luci si accendono su foto che posta a terra si vedono dall’alto, così come le ha realizzate l’artista con lenti d’ingrandimento che amplifichino i particolari . il crescendo del requiem incalza, ogni particolare è ingrandito e di colpo stop. Tutto tace e le luci si spengono. Rimane il mesto incedere verso l’uscita di chi ha visto e sentito la tragedia del dio fato uomo e poi morto nell’immenso dolore dichi resta. Pensate ci sarebbe voluto chissà quale impiego di capitali?
Ovviamente no. Non ci sono appelli. Bisogna conoscere i modi e le tecniche. L’alternativa è i fallimento.