Il valore si genera nello scambio

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In foto il compianto Massimo Troisi

di Ugo Righi

Il valore si genera nello scambio, nell’integrazione tra soggetti.
Vuol dire che se si mette in comune qualcosa che è utile a entrambi i soggetti che s’incontrano questo crea, appunto, Valore.
Semplice ma potente come le cose semplici e buone. Sono in questo bar, è la prima volta che ci entro, e chiedo un caffè al bancone.
La giovane barista esegue tutti i classici rituali di preparazione: scalda la tazza al vapore, fa scorrere l’acqua dalla macchina, mette la polvere nel filtro, lo fa scendere a goccia a goccia e me lo pone davanti con cura sorridendo, aspettando che lo beva.
Lo assaporo, sento che è davvero buono e lo dico, utilizzando il classico luogo comune: “E’proprio vero che il caffè a Napoli lo sapete fare bene”.
Lei mi guarda con aria simpatica e risponde: “Sì, è vero lo sappiamo fare, quasi dappertutto, ma per gustarlo davvero, si ricordi, che bisogna anche saperlo bere altrimenti essere bravi a prepararlo accuratamente da un punto di vista tecnico, serve a poco e vale meno, anche se naturalmente si sente che è buono”; sono colpito dalla considerazione e chiedo di spiegarmi meglio.
Intanto penso che questa giovane ragazza possiede qualcosa di fondamentale nel servizio: la consistenza!
Lei compie dei gesti professionalmente precisi che non sono solo il risultato di un pensiero esperto, ma di una schiettezza che avvicina e determina scambio.
Penso a situazioni di servizio stereotipato, dove il fornitore (per esempio un cameriere in un ristorante di lusso) con aria piena di sussiego ti spiega com’è fatto un vino senza conoscerlo veramente e senza probabilmente averlo bevuto e amato.
Tornando alla giovane lei mi dice:
“Voglio dire che nel berlo il cliente, se vuole davvero che la preparazione sia valorizzata, deve consumarlo, con tutti i sensi, anche se velocemente”; “con i sensi, oltre a quello del gusto?”; “Si certo, all’inizio deve guardarlo: il primo contatto con una tazzina di caffè è quello visivo.
Si deve vedere la schiumina, di un colore dal nocciola, testa di moro con striature brune, consistente e durevole. Una buona crema è un segno di un espresso di qualità. Poi occorre annusarlo in un’inspirazione intensa, Il forte profumo di un espresso può essere ricondotto agli agrumi, ai fiori (gelsomino) o al cioccolato.
Poi naturalmente occorre gustarlo, non berlo.
Si può anche” toccarlo”, gli oli e gli zuccheri presenti nel caffè offrono una piacevole morbidezza al palato, che è identificata come corposità.”
Mi accorgo di aver di fronte una competenza e capisco ancora una volta che, davvero, la “professionalità” è trasversale a qualsiasi ruolo e dipende dalla relazione che il fornitore di un prodotto o servizio stabilisce con il suo sistema cliente e dalla qualità dello scambio che si determina.
Non c’è gente nel bar e chiedo se mi può dire qualcos’altro visto la sua preparazione appassionata. Lei aggiunge che dopo aver sorseggiato l’espresso, si cominciano a sentire anche quegli aromi che si rivelano per via retro nasale. La finezza, la ricchezza e la persistenza sono valutate dunque, anche, in seguito alla deglutizione.
Per identificare queste sensazioni occorre soffermarsi con intenzionalità su ciò che permane in seguito all’assaggio vero e proprio.
Penso che, come in altri aspetti piacevoli della vita, occorra un poco di lentezza, una sospensione del ritmo e lo sviluppo dell’ascolto: come si fa quando si ozia in modo vitale.
Le chiedo di farmene un altro perché voglio berlo seguendo le istruzioni.
Qualcosa è cambiato e davvero e acquisto più valore.
Ecco in questo piccolo episodio c’è stato uno scambio e si è generato valore, non accade sempre ma se succede lo ricordi e scegli e racconti.
Il principio evidenzia che, fino a che l’output di ogni azione non è “ceduto” ad altri e non ha prodotto utilità per altri, non si produce valore.
Il valore si genera nel momento in cui il cliente utilizza, con vantaggio, ciò che il fornitore ha prodotto per lui, sia in termini tangibili o soft.
Finché l’azienda ha prodotto e venduto, ha generato per sé ricchezza, ma non ancora valore patrimoniale. Perché questo si determini, occorre che i prodotti e le vendite effettuate abbiano generato utilità e risposto a una funzione d’uso, abbiano prodotto clienti soddisfatti e fedeli, si sia determinato uno scambio di valore significativo e distintivo. Infatti, se lo scopo dell’acquirente è solo quello di acquistare a un prezzo minore il rapporto col fornitore può essere conflittuale e comunque non si determina sinergia.
Ripeto: Il valore si genera nello “scambio”, nel momento in cui si cede ad altri, a valle e all’origine, un vantaggio duraturo nel tempo, e quindi si produce “integrazione”.
Possiamo parlare di “integrazione”, e non di semplice collaborazione, quando la relazione tra due parti produce un risultato che ciascuno da solo non può perseguire e che è riconosciuto come importante per la soddisfazione dei propri bisogni.
In questo senso diventa importante lo scambio, aiuta a essere migliori per l’altro e quindi per se: se io aiuto il mio fornitore a servirmi meglio, questo conviene a lui e a me.
Naturalmente vale sia in termini di episodi minimi come quello del caffè o importanti come quello di essere cittadini e non sudditi in una città o in un luogo di vita.