Anche sulle start up, al Sud è necessario superare il provincialismo. Ne è convinto l’economista Riccardo Varaldo, che dedica all’argomento un ampio intervento sul Mattino del 20 dicembre (pagina 55). “Dal Rapporto annuale della Svimez – spiega Varaldo – vengono alcuni segnali confortanti per l’economia del Mezzogiorno, ma i problemi di fondo permangono”.
L’ANALISI
… e cioè:
· C’è una blanda ripresa ma non c’è crescita strutturale
· Non c’è crescita della produttività e dell’occupazione giovanile.
· Una qualche uscita dalla grande crisi del 2008 è in atto anche nel Sud ma il suo Pil è 1’88% di quello che era nel 2007, mentre il Pil del Nord è il 96%.
· L’ economia meridionale ha accumulato, al pari e più di altre aree, un pesante ritardo nell’uscita dalla grande crisi internazionale.
· La crisi si è innestata su un contesto sociale ed economico già indebolito e impoverito da un lunga fase di ristagno dell’economia e dell’occupazione, con sintomi di deindustrializzazione.
Risultato? Il divario dell’Italia Meridionale, a più di 150 anni dall’unificazione, rimane molto elevato, con il suo Pil pro-capite che è solo il 55,8% di quello del Centro-Nord.
LA PROPOSTA
Qual è la ricetta allora?
“Non ci può essere crescita economica durevole – prosegue Varaldo senza la creazione di nuovi posti di lavoro stabili, anche per il capitale umano più qualificato… Per un’area come quella del Mezzogiorno che deve assolutamente progredire nell’economia della conoscenza, e prendere il treno della nuova rivoluzione industriale 4.0, c’è un assoluto bisogno di cambiare il modello di sviluppo…”.
Per Varaldo bisogna puntare su imprese decisamente innovative. Come distinguerle? Si tratta di imprese con elevata dotazione di “capitale intellettuale, capitale umano e capitale organizzativo”, grazie a cui sono in grado, se hanno i necessari mezzi finanziari, di contribuire alla crescita dell’economia, dell’occupazione e delle esportazioni più e meglio delle altre. “Sorprendentemente il Mezzogiorno – continua l’economista – è una delle aree più dinamiche in fatto di nuove imprese con potenziale innovativo. Se guardiamo i numeri di questo comparto vediamo che:
1) tra il 2013 ed il 2017 (novembre) il peso del Sud è cresciuto sul totale nazionale passando dal 17,33% al 24,4%, mentre per tutte le altre aree è diminuito.
2) In fatto poi di spinoff della ricerca il Sud vanta un peso sul totale nazionale (23%) pari a quello del Nord-Est e solo leggermente inferiore a quello del Nord-Ovest (25%) (
3) Infine, il Mezzogiorno è tra le aree a maggiore crescita di imprese digitali, tra il 2011 ed i12017, con la Campania che ha fatto registrare, con un incremento del 26,3%, il maggiore aumento del numero di imprese, rispetto a tutte le altre regioni italiane.
“Non si tratta di fenomeni casuali – conclude Varaldo – ma di segnali reali che il Sud, in silenzio, sta innovando e si sta digitalizzando, anche se per ora su piccola scala. … È significativo altresì il fatto che trai dipartimenti universitari di ingegneria, dai quali scaturisce il grosso delle spinoff, ce ne siano nel Sud una decina, di cui la metà in Campania, che secondo le rilevazioni dell’Anvur Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario della Ricerca hanno un livello di qualità della ricerca che è superiore al livello medio nazionale specifico”.
Non si può che concordare con l’analisi proposta da Varaldo: è da queste realtà che si può partire sostenendole con mirati interventi per dar vita al loro interno a quel tipo di ambiente aperto, dinamico e internazionale adatto per far valorizzare in senso imprenditoriale le tecnologie avanzate, frutto della ricerca.
IL SEGNALE
Ed è un segnale confortante il fatto che sta crescendo l’interesse per le startup innovative, da parte anche di grandi imprese italiane, tra cui Leonardo, Tim, Ansaldo Energia, Fincantieri, di cui alcune presenti nel Sud.
In conclusione: è “necessario guardare innanzitutto alle punte di eccellenza che esistano nel sistema meridionale della ricerca e dell’alta formazione per aiutarle a diventare, progressivamente, partner intelligenti delle grandi e medie imprese high e med-tech che nell’insieme contano al Sud su una novantina di stabilimenti con circa 50.000 addetti diretti e luoghi privilegiati di germinazione e promozione delle nuove leve dell’imprenditorialità innovativa”.