Letteratura, Napoli celebra i 95 anni di Raffaele La Capria

126

”La parte biografica e indispensabile, e richiesta. Benissimo, allora diciamo: nato a Napoli nel 1922. E poi? Poi niente. Quando mai a uno scrittore italiano capitano nella vita cose ed eventi memorabili, da raccontare? lo non sono stato cercatore d’oro in Alaska come London, non ho dato la caccia alle balene come Melville, non ho attraversato un tifone con un veliero come Conrad, non ho venduto armi a un ras abissino come Rimbaud, non ho percorso a piedi la Patagonia o l’Australia come Chatwin. E allora? Cosa diciamo? Diciamo che gli scrittori italiani sono quasi tutti sedentari e casalinghi, e lo restano anche se viaggiano occasionalmente qua e la. E così sono stato io”. Così, qualche libro fa, si raccontava Raffaele La Capria, tra i maestri italiani della letteratura italiana dell’ultimo secolo, Premio Strega nel 1961 per il suo celebre ”Ferito a morte”, saggista, poeta, sceneggiatore e presidente della giuria del Premio Malaparte (di cui è protagonista sin dalla fondazione nel 1983), che oggi compie 95 anni. Non un pioniere in cerca d’oro, come diceva, ma il figlio di quella Napoli, in cui nacque il 3 ottobre 1922 e in cui sarebbe cresciuto tra compagni di scuola come Peppino Patroni Griffi, Francesco Rosi, Antonio Ghirelli e il futuro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Amici, ha spesso ammesso, ”senza i quali non sarei diventato quello che sono”. Da sempre,, infatti, per La Capria vita e sentimenti personali hanno alimentato pagine e scritti, sin da quel ”Un giorno d’impazienza” del 1952 che con ”Ferito a morte” e ”Amore e Psiche” avrebbe poi formato la trilogia dei ”Tre romanzi di una giornata”. La sua Napoli, Roma che è diventata la sua casa, Capri con la sua bellezza malinconica e struggente, sono le sue muse (”La neve del Vesuvio”; ”Capri e non più Capri”; ”L’occhio di Napoli”; ”Napolitan graffiti: come eravamo”, ”Un amore al tempo della Dolce Vita”; ”Quando la mattina scendevo in piazzetta”). Ma ecco poi anche l’autobiografico ”L’amorosa inchiesta”, con le epistole indirizzate al primo amore, alla figlia e al padre; ”Guappo e altri animali” intitolato al suo amato cane; o ”A cuore aperto”, memoir di convalescenza dopo l’infarto che lo colpì nel 2006, in cui La Capria ricuce lungo il filo della memoria ricordi personali, meditazioni filosofiche ed esperienze letterarie. Da quasi 60 anni accanto al grande amore della sua vita, la sua seconda moglie Ilaria Occhini, in contrata proprio l’anno dello Strega (”lo scrittore e l’attrice”, titolavano i giornali di gossip nei primi giorni dei loro incontri), La Capria ha vinto anche il Premio Campiello alla carriera nel 2001. Firma delle pagine culturali del Corriere della Sera, condirettore della rivista letteraria Nuovi Argomenti, autore di radiodrammi è stato anche co-sceneggiatore di molti film di Francesco Rosi, come ”Le mani sulla città” e ”Uomini contro”, collaborando anche con Lina Wertmueller per ”Ferdinando e Carolina”. E la vita di Dudù La Capria, come lo chiamano affettuosamente gli amici, è ancora protagonista degli ultimi lavori, da ”Novant’anni di impazienza. Un’autobiografia letteraria”, ”regalo” per il proprio compleanno a cifra tonda, fino ”Ai dolci amici addio” nel 2016. Il suo segreto? Forse in un consiglio regalato al pubblico di una serata omaggio a lui dedicata a Roma qualche mese fa: ”Dobbiamo accostarci con meraviglia alle cose. Come fosse sempre la prima volta”.