Avvocati contro Inps, tutti i lati oscuri dell’operazione Poseidone

2671

 

Cresce la tensione tra avvocati e Inps. Dopo aver dato notizia dello scontro in corso, ildenaro.it pubblica un documento sottoscritto da alcune centinaia di professionisti per riassumere i passaggi di una vicenda che ha molti lati oscuri e che arriva fino alla Corte dei Conti.
“Nel 2011 – inizia il documento – Mastrapasqua, ex Presidente Inps (tristemente noto per una serie di fatti di cronaca), annuncia una “mega” operazione, in concerto con l’Agenzia delle Entrate, per il recupero di oltre 6 milioni di euro di contributi “sommersi”, attraverso l’iscrizione di ufficio, alla propria gestione separata, dei professionisti iscritti ad un albo dotato di propria Cassa previdenziale.
L’operazione si chiama, per l’appunto, Poseidone, e coinvolge ingegneri, architetti, dottori commercialisti, ragionieri, geometri, medici, soci amministratori di società semplici e avvocati.
Partono centinaia di migliaia di raccomandate con richieste di pagamento per somme non versate cinque anni prima (cioè nel 2005/2006). Molte sono già prescritte, quindi soldi spesi inutilmente per mancanza di attenzione. Seguono azioni giudiziali in tutta Italia. L’Inps risulta soccombente nella maggior parte dei casi (Inaredis, sindacato degli ingegneri, raccoglie innumerevoli vittorie), e nel caso dei 22.000 soci amministratori di società semplici interviene anche la Cassazione che ritiene illegittima l’operazione stessa.
Quindi, nel 2012, il Governo chiede di bloccare l’operazione poiché risultano poco chiare una serie di cose: 1) l’oggetto specifico del protocollo con l’Agenzia delle Entrate (se debba essere una semplice consultazione, ovvero l’estrazione e l’uso della documentazione fiscale, in spregio della privacy); 2) il grave ritardo, al limite della prescrizione, di riscossione (visto che i dati sono immediatamente consultabili).
Senonché – scrivono ancora gli avvocati – tra giugno e luglio 2015 (quando il buco di bilancio arriva ad oltre 40 miliardi euro), l’Inps riprende l’operazione (stavolta la n. 2) inviando solo agli avvocati circa 65.000 avvisi in tutta Italia (cui vanno aggiunti quelli per tutte le altre categorie).
Le richieste, di entità importanti, sono nell’ordine di circa  2.500/3.000 euro ad avviso (in alcuni casi arrivando anche fino ad € 30.000,00), garantendo pertanto un’iniezione di liquidità per il bilancio ordinario dell’Inps, ormai devastato dalla fusione con lnpdap. E poiché tali versamenti non possono produrre una pensione, in tutta Italia con in testa Bari, anche gli avvocati si muovono giudizialmente, depositando circa un migliaio di ricorsi. Ovviamente vengono raccolte da subito oltre 100 sentenze positive (solo per avvocati, si ribadisce). Ma nonostante ciò, arriva l’estate del 2016 e l’Inps ci riprova. Di nuovo le richieste di pagamento, ma stavolta con una platea ben più ampia, pari a quasi tre volte la vecchia ondata.
Investendo – prosegue ancora il documento – anche chi aveva avuto giudizialmente provvedimenti di cancellazione dell’iscrizione di ufficio, chi aveva effettuato i pagamenti alla propria Cassa previdenziale, chi aveva provveduto a presentare la dichiarazione dei redditi in tempo di molto antecedente alla data prescrizionale indicata dall’Inps, con un evidentissimo spreco di risorse e danno erariale connesso. E l’Inps, ritenendo ciò lecito, arriva ad impugnare in appello anche le sentenze positive… con i soldi di chi?!
Ma la storia diventa ancor più grave quando, a gennaio del 2017, comincia ad inviare persino cartelle esattoriali (cfr. “avvisi di addebito”), in violazione dei principi basilari di legge, secondo cui, in pendenza di giudizio, non si può procedere alla riscossione coatta. Ma addirittura, cosa quasi sconvolgente, la cartella arriva anche a chi aveva avuto la sentenza positiva. L’Inps si giustifica adducendo il comportamento ad un errore dei terminali, gestiti da una società esterna!
Per cui: 1) marea di raccomandate spedite; 2) soccombenza nel 90% dei giudizi con condanna alle spese in danno dell’Inps; 3) Cassazione che in taluni casi considera illegittima l’operazione; 4) costi della procedura esecutiva (che vede coinvolta anche Equitalia) che peraltro lo stesso Inps sta provvedendo ad annullare (quindi con riconoscimento della propria responsabilità); 5) costi degli affidamenti degli incarichi legali a professionisti esterni all’Ente, per (solo per gli avvocati, per cui il numero è parziale), oltre 3.000 procedimenti.
Reazione degli avvocati: denunce-querele presso le Procure territorialmente competenti ed esposti collettivi (per danno erariale) nelle Corti dei Conti di Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Lazio e Lombardia.
Certo che – concludono gli avvocati – se tutta la platea investita pagasse, effettivamente il buco di “oltre 140 miliardi di euro di contributi previdenziali non versati”, sebbene “lo stesso istituto né da 90 per persi” (quifinanza.it del 01.07.2016 “Inps, buco da 140 miliardi di cui 90 non recuperabili”), forse comincerebbe a colmarsi, ma sarebbe davvero giusto così?”.