A passeggio con Pietro Treccagnoli e Sergio Siano nei “Quartieri Spagnoli”

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“Quartieri”, a Napoli, sono tutti i vicoli che da Toledo si dirigono verso la città alta. Stradine strette che si incrociano, “tutte simili e nessuna uguale all’altra”. Un mondo fatto di persone, odori e voci che Pietro Treccagnoli, giornalista e scrittore, e Sergio Siano, fotoreporter de il Mattino, hanno provato a descrivere con parole e immagini in una pubblicazione edita da Rogiosi, “I Quartieri Spagnoli”, per la serie “Passeggiate napoletane”. Il libro conduce il lettore nei rioni di San Ferdinando, Avvocata e Montecalvario che sorgono nella parte storica della città di Napoli, tra curiosità, storia e arte. La nascita dei Quartieri e del nome è legata al periodo in cui dominarono gli spagnoli. La zona, infatti, fu destinata a dare sistemazione alle truppe stanziate in città. 
 
Pietro da quale punto di vista hai raccontato “I Quartieri Spagnoli”, quello dello scrittore, del giornalista, del napoletano?
“Sicuramente da napoletano. Naturalmente il lavoro di giornalista mi ha aiutato molto. Perché per conoscere Napoli, anche da semplice cittadino, occorre tanta curiosità, strumento indispensabile di ogni giornalista. Più che da scrittore ho affrontato questa passeggiata da lettore: lettore di libri e di pietre”. 
 
Panni stesi e squarci di cielo, profumi, di cucine, di caffè, di mestieri, donne che chiacchierano dai balconi o sedute fuori ai “bassi”, ragazzini che giocano in strada e tra i banchi dei venditori. Una quotidianità che avvolge come la tela di un ragno. Il confine tra spazio pubblico e spazio privato, tra lecito e illecito è quasi invisibile. “Dio creò insomma i «Quartieri» per sentirvisi lodato e offeso il maggior numero di volte nel minore spazio possibile” ha scritto Giuseppe Marotta.
 
Come li definiresti ad un visitatore non napoletano?
“Non c’è una sola definizione che possa racchiudere il carattere dei Quartieri Spagnoli. Sono di sicuro il concentrato della bellezza e della dannazione di Napoli. Non ci sono grandi monumenti, sebbene non sia raro trovare palazzi straordinari e chiese magnifiche, purtroppo deturpati e non valorizzati quanto meriterebbero. Il grande monumento dei Quartieri resta, però, la gente, i suoi abitanti: il formicolio instancabile della vita quotidiana, a volte disturbante, ma sempre coinvolgente”.
 
Dalle pagine emergono allegria e tristezza e una bellezza contraddittoria, quella confusione labirintica che affascina e confonde, mascherando, spesso, irrisolte problematiche secolari. Una vera e propria caccia di soggetti e momenti per Sergio Siano che ha potuto scegliere tra una serie infinita di possibilità. Ci sono i pensieri della gente e lo spirito delle cose, le sue immagini non fanno solo guardare questo microcosmo ma anche vederlo. Il denominatore comune di tutte le foto è il tempo, che scivola tra le dita, negli gli occhi, il tempo della vita e delle emozioni, un tempo che è passato eppure è sempre lo stesso.
 
Pietro qual è l’aspetto più caratteristico di questa zona della città?
“I Quartieri Spagnoli sono, come altri rioni popolari di Napoli, la quintessenza della città. Ma a differenza di altri quartieri popolari sono molto aperti, grazie anche alla loro posizione a ridosso del centro di Napoli”.
 
Quale quello che ti ha più colpito?
“La vitalità. Che però non è un’esclusiva dei Quartieri Spagnoli. E’, piuttosto, una caratteristica di quasi tutti i rioni popolari, non solo di Napoli, ma del mondo”. 
 
Fu proprio Don Pedro da Toledo a volere la costruzione del quartiere nel 1536, su una superficie di 765.016 metri quadrati, che subito si trasformò in un luogo di incontro tra i militari e le prostitute. Il Viceré a emanò un editto che stabiliva pene severe per le donne e i loro clienti colti in flagranza ma, in sostanza, le leggi non vennero mai rispettate, anzi fu subito trovato il modo di violarle, costruendo tra le stradine baracche di legno che servivano per gli incontri di piacere, mentre piccole bande criminali giravano tra i vicoli commettendo furti e ogni genere di soprusi ai danni della popolazione.
 
Perché andare a passeggiare nei quartieri spagnoli?
“Passeggiare è il modo migliore per conoscere Napoli, ma anche tutte le altre città del mondo. I piedi aiutano a vedere, come gli occhi, più degli occhi. Nei Quartieri si va per perdersi, come ho detto, ma anche per cercare. Ai Quartieri puoi trovare di tutto, anche quello non avresti mai immaginato. Ma bisogna andarci con un animo empatico che non cancelli, comunque, la cautela”.
 
Quale immagine di Napoli possono offrire al visitatore?
“Attraversando i Quartieri Spagnoli ci sente contemporaneamente protetti e smarriti. Ci si perde. E il mio libro è proprio un invito a perdersi in questo labirinto, a naufragare in questo mare di tufo, balconi, bassi, altarini, scooter, piccoli commerci, musica che esce dalle finestre, femminielli e vecchie devote ai santi e alle madonne”.
 
Di Napoli si è detto tutto, cosa resta ancora da raccontare?
“Napoli è una città senza tempo, ma che cambia continuamente. Per questo appare sempre uguale e diversa. Di Napoli si può e si deve raccontare la bellezza e le sue continue trasformazioni. Con amore, ma senza sconti”.
 
Una messa a fuoco all’unisono quella di Treccagnoli e Siano che sanno dove volgere gli occhi e, nella loro ricerca, pongono sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore.  D’altra parte “L’occhio vede ciò che la mente conosce” ha affermato Goethe e in questo lavoro, entrambi hanno sentito il bisogno di fermare in un ritratto a tutto tondo questo spaccato di Napoli che, forse, in una prospettiva d’insieme, dal punto di vista del senso, è deludente con la sua stratificazione di istinti brutali e indecorosi.  Osservato nel particolare e di sorpresa, è sempre di un’evidenza perfetta, ha un significato che travalica ogni folclorismo e luogo comune, rimanda a una filosofia antica.