Pubblico Impiego, Petriccioli (Cisl Fp): Ape? Strada giusta anche se ci sono ancora iniquità

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in foto Maurizio Petriccioli, segretario Generale della Cisl Fp

Maurizio Petriccioli, 53 anni, toscano di Pontremoli, è da qualche mese commissario della Funzione Pubblica della Cisl, la categoria che rappresenta i lavoratori del comparto pubblico della sanità ed assistenza pubblica e privata, ministeri, agenzie fiscali, Comuni, Province e Regioni, enti pubblici non economici, terzo settore. Il Comitato Esecutivo Cisl lo ha nominato lo scorso 13 gennaio deliberando il commissariamento della categoria. Con lui Ildenaro.it fa il punto della situazione in un’intervista che tocca itemi più importanti che riguardano il settore pubblico.

Quali prospettive si aprono in relazione alla trattativa Aran sul rinnovo contrattuale, in particolare per il terzo settore e il recupero del potere di acquisto per i dipendenti pubblici?
Attualmente hanno preso avvio i tavoli tematici per il nuovo contratto delle Funzioni centrali, mentre continua il confronto anche fra l’Aran e le Confederazioni sulle tematiche “trasversali” ai diversi contratti. Intendiamo proseguire parallelamente con la discussione per il rinnovo di tutti i contratti pubblici, con l’obiettivo di chiudere i rinnovi entro la fine dell’anno. Tuttavia, per pervenire a questo obiettivo è indispensabile avere contezza delle risorse che verranno destinate con la prossima legge di bilancio ai rinnovi contrattuali. Abbiamo più volte rappresentato al Ministro Madia l’esigenza che le risorse siano adeguate rispetto agli impegni assunti dal Governo nell’intesa del 30 Novembre 2016: occorre finanziare aumenti contrattuali medi lordi pari a 85 euro, neutralizzare gli effetti negativi che gli aumenti stessi potrebbero avere sulla fruizione del bonus fiscale di 80 euro, per chi ne beneficia ed estendere anche al lavoro pubblico le agevolazioni fiscali previste nei settori privati per il welfare contrattuale e sui premi di produttività erogati tramite i contratti collettivi integrativi.

Qual è il punto più delicato della trattativa?
Quello di assicurare il necessario riequilibrio fra legge e contratto, secondo lo spirito dell’intesa del 30 Novembre. Questo resta uno degli obiettivi prioritari della nostra azione contrattuale, perché la valorizzazione del lavoro pubblico passa attraverso un maggiore ruolo della contrattazione collettiva ai diversi livelli e per lo sviluppo di relazioni sindacali autenticamente partecipative. C’è anche l’esigenza di riscrivere gli ordinamenti professionali per renderli più aderenti all’evoluzione del lavoro pubblico ed occorre creare gli strumenti e le condizioni per aggiornare il livello delle competenze e delle conoscenze dei lavoratori pubblici e per innovare l’organizzazione del lavoro negli uffici, determinando un miglioramento della qualità del servizio a beneficio dei cittadini. Anche per questo motivo il Governo non può ignorare le nostre richieste e deve mostrare la giusta attenzione verso un investimento che è fondamentale per modernizzare la pubblica amministrazione e sostenere lo sviluppo del Paese.

Dopo la “buona scuola” e lo sblocco del turnover in alcuni amministrazioni, in particolare nelle forze dell’ordine, come pensa che si possa risolvere la cronica carenza degli organici della P.A. che ha perso il 30 % del personale negli ultimi tre anni?
Nel nuovo Testo unico ci sono strumenti utili ed importanti che possono agevolare l’implementazione dei piani assunzionali per far fronte al problema della carenza degli organici, ormai all’attenzione di tutti, a cui si accompagna il fenomeno dell’invecchiamento progressivo della forza lavoro. Nei prossimi anni i pensionamenti potranno favorire un maggiore turnover ma è chiaro che le risorse risparmiate, derivanti dai differenziali del costo del lavoro, fra chi esce e chi entra nella pubblica amministrazione, devono rimanere nella disponibilità del lavoro pubblico, per rispondere alle emergenze di carenza degli organici di alcune amministrazioni ma anche per premiare il maggior impegno che in questi anni è stato richiesto ai dipendenti pubblici nelle diverse sedi di lavoro. La digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’investimento nella formazione e nell’aggiornamento professionale rappresentano ulteriori strumenti che possono far fronte al problema.

Su quale leva fiscale agirebbe, per diminuire la pressione fiscale sul lavoro dipendente? Sul cosiddetto “cuneo fiscale”, sui bonus o sulla detassazione della produttività così come avviene parzialmente nel privato?
Intanto è indispensabile rimuovere le disparità esistenti dal punto di vista della disciplina fiscale fra i dipendenti pubblici e quelli privati. Si tratta di disparità che si manifestano sia nella mancata estensione al lavoro pubblico delle agevolazioni fiscali concesse nei settori privati sui premi di produttività erogati tramite i contratti collettivi integrativi, sia nella più elevata tassazione sulle prestazioni finali di previdenza complementare che insiste, rispetto ai privati, sui lavoratori pubblici iscritti ai fondi pensione. Nel terzo settore e nella sanità privata, così come nel restante mondo del lavoro privato la riduzione del cuneo contributivo può agevolare la competitività delle imprese, così come determinare anche un risultato positivo in busta paga per i lavoratori e le lavoratrici interessati ma va risolto il problema della copertura previdenziale figurativa o trovati strumenti idonei per evitare che, in prospettiva, questa operazione determini una riduzione del livello di copertura pensionistica nell’età anziana La riduzione del cuneo contributivo o fiscale a favore delle imprese va, a nostro avviso, sempre ancorata al miglioramento qualitativo e quantitativo della base occupazionale.

Le politiche del governo “bonus” o detassazione degli investimenti per le imprese, la convincono o si potrebbe fare di più?
Il problema è sempre stato quello di verificare se effettivamente le agevolazioni fiscali conseguano il risultato sperato: determinare cioè una crescita delle potenzialità produttive delle imprese ed il miglioramento del loro grado di specializzazione. Questo mi porta a dire che agli interventi a pioggia andrebbero preferite misure di agevolazione selettive, che leghino il bonus o la detassazione degli investimenti a risultati e parametri concreti anche dal punto di vista sociale.

Infine lei, che è molto attento anche ai problemi della previdenza, come giudica l’Ape e la proposta di modifica dell’età pensionabile, in particolare la modifica della bistrattata legge Fornero?
Con l’intesa del 28 settembre 2016 sono arrivate alcune risposte importanti per la parte del mondo del lavoro più esposta ai rischi di emarginazione sociale e povertà o ai problemi legati allo svolgimento di attività di lavoro gravose o più faticose e pesanti. E’ stata introdotta al possibilità di cumulo gratuito della contribuzione versata presso gestioni previdenziali diverse, che consente, specie nel lavoro pubblico, di utilizzare tutti i periodi contributivi maturati per l’accesso alla pensione senza dover ricorrere all’istituto della ricongiunzione onerosa. Sono state eliminate in modo definitivo le penalizzazioni in caso di accesso al pensionamento anticipato prima dei 62 anni. Si è reinserito, attraverso l’Ape sociale, uno strumento di flessibilità che introduce, a mio avviso, un principio utile nel sistema previdenziale e cioè che non tutti i lavori sono uguali. L’ape volontaria, invece, è un’opportunità di anticipo pensionistico che i potenziali beneficiari avranno la possibilità di valutare sulla base dei propri personali calcoli di convenienza, che consente di accedere ad un reddito ponte dai 63 anni fino alla maturazione del requisito pensionistico. Dobbiamo però evidenziare, anche sul versante previdenziale, le iniquità presenti a danno del lavoro pubblico.

A cosa fa riferimento?
Al fatto che da un lato si offre la possibilità anche a molti dipendenti pubblici impegnati in alcune attività di lavoro considerate gravose o che si trovano in situazioni di grave invalidità o di disagio sociale di accedere all’Ape sociale o di sfruttare lo strumento della Rita per ottenere la propria posizione previdenziale complementare in forma di rendita temporanea, agevolata fiscalmente in caso di anticipo pensionistico; dall’altro rimangono le pesanti limitazioni previste per la liquidazione ai dipendenti pubblici del trattamento di fine servizio o del trattamento di fine rapporto la cui erogazione, peraltro in modo differito rispetto ai dipendenti del settore privato che l’ottengono al momento della cessazione del rapporto di lavoro, continuerà ad avvenire, in caso di accesso a Rita, al momento della maturazione degli ordinari requisiti pensionistici.

Cosa si farà su questo fronte?
Molte di queste norme e di questi strumenti sono migliorabili ed è in corso di svolgimento il confronto con il Governo sulla “fase due” dell’intesa, che intende principalmente attutire l’impatto dell’aumento dell’aspettativa di vita sull’incremento progressivo dei requisiti pensionistici ed offrire prospettive previdenziali migliori alle giovani generazioni che avranno la pensione interamente calcolata col metodo contributivo.