Accordo quadro intralcio alla concorrenza

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Uno dei punti fondamentali della recente riforma del Codice degli appalti è la centralità del progetto esecutivo quale punto fondante per la gestione degli appalti da parte di tutte le stazioni appaltanti interessate a tale normativa.

La consuetudine consolidata, peraltro quantomeno dubbia, è invece indirizzata ad un forte ricorso all’utilizzo dell’istituto dell’accordo quadro,  con conseguente restringimento della libera concorrenza.

Sono molteplici le committenti che negli ultimi tempi hanno assunto l’abitudine di bandire gare, sia per lavori che per servizi, utilizzando formula vincente e risolutiva dell’accordo quadro. Si è fin troppo consapevoli che tale formulazione è confacente alla necessità di gestire appalti per diverse tipologie di manutenzioni e fin quando si resta in tale alveo non vi è nulla da eccepire.

Le manutenzioni sono caratterizzate dalla ripetitività della prestazione che è confacente allo strumento, al punto da non rendere assolutamente necessario un progetto esecutivo che dovrebbe essere alla base dell’appalto. Queste prestazioni, in questi contratti, sono soggette solo alla variabile quantitativa e per questo si adattano in modo naturale al concetto di accordo quadro, che corrisponde ad un contratto “aperto” solo per le quantità all’interno di un tetto prefissato.

Quello che però va evidenziato e stigmatizzato è l’incorretto utilizzo di questo strumento anche per lavori nuovi, quindi non manutenzioni, mediante il quale si elude l’obbligo di adozione di un progetto esecutivo.

E’ vieppiù frequente il ricorso di diverse stazioni appaltanti a questo che si sta rivelando un vero e proprio sotterfugio che permette, quindi, di mettere a gara lavori nuovi senza la fondamentale adozione di un progetto esecutivo allo stato obbligatorio come indicato nei punti più importanti della riforma.

Inoltre questo abuso enorme dello strumento, con il quale vengono messi a gara anche servizi di importi rilevanti, costituisce un elemento ostativo dell’accesso al mercato delle piccole realtà economiche. I bandi “monstre” anche degli ultimi mesi, costituiscono la cartina al tornasole di quanto affermiamo.

Basta una semplice consultazione della Gazzetta per avere riscontro di questo nuovo indirizzo, che lascia perplessi su quelle che possono essere le conseguenze per le piccole aziende che vengono tagliate fuori dall’accesso a questo tipo di mercato che viene peraltro impegnato per un lasso temporale importante, visto che tali contratti hanno una durata che oscilla tra i tre e i quattro.

Questo effetto negativo trova limitazione nell’utilizzo dei lotti che, frazionati, rendono meno preclusivo l’accesso che per somme importanti richiede dei robusti requisiti che non rientrano nelle possibilità delle piccole realtà imprenditoriali e che favoriscono indiscutibilmente i grossi operatori.

E’ evidente che questa politica agevola le committenti sia dal punto di vista dei costi che nella gestione degli appalti. Poche gare, con pochi partecipanti, caratterizzate da poco lavoro per arrivare al bando e da una enorme semplificazione per lo svolgimento degli atti di gara. Il tutto una volta ogni tre o quattro anni.

Ma bisogna affermare che i vantaggi di pochi non corrispondono alle necessità pubbliche e soprattutto non favoriscono la concorrenza, precludendo gran parte del mercato. L’utilizzo indifferenziato dell’accordo quadro sia per le manutenzioni che per i lavori nuovi non può essere attuato in modo così pedestre con danni evidenti che ricadono sull’intero paese. Sarebbe non solo utile ma anche opportuno che su questo tema si pronunciasse non solo dell’ANAC ma anche l’Autorità garante della concorrenza.