Cina, missione in Italia per investire sui porti. Napoli non è in agenda

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La Cina e’ interessata a investire sui porti italiani. L’ennesima prova arriva dalla visita di una delegazione del Ministero dei Trasporti cinese a Trieste dal 10 al 12 luglio in occasione del 14th Implementation Meeting of Eu-China Maritime Agreement, organismo multilaterale nato nel 2002 e attivo dal 2008 con lo scopo di migliorare le condizioni del trasporto marittimo intercontinentale. Tra i delegati vi sono anche rappresentanti di COSCO (China Ocean Shipping Company), gigante cinese delle spedizioni marittime che nel 2016 ha acquisito la maggioranza del capitale del porto del Pireo. Lo riferiscono all’AGI fonti diplomatiche. La partecipazione al summit potrebbe essere un’occasione per effettuare un sopralluogo al porto di Trieste. Si conferma dunque l’impegno della Cina a valutare un investimento sui porti italiani, come emerso nel corso della recente partecipazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni al Forum internazionale di Pechino sulla Via della Seta (14-15 maggio), il progetto infrastrutturale lanciato dal presidente Xi Jinping nel 2013 per integrare l’Asia e l’Europa via terra e via mare. La Cina ha manifestato “esplicitamente” l’interesse a investire sui porti di Trieste e Genova e l’Italia non e’ in competizione con il Pireo, aveva dichiarato Paolo Gentiloni al termine della visita in Cina, insieme ad altri ventotto tra primi ministri e capi di Stato invitati al forum pechinese. “Non abbiamo alcuna intenzione, non solo per amicizia verso la Grecia, ma anche per chiarezza nei confronti verso la Cina, di mettere in competizione o in alternativa i porti dell’alto Adriatico con il Pireo”. Gentiloni aveva poi parlato dell’interesse italiano rispetto ai porti del Pireo “essendo il principale operatore ferroviario greco di proprieta’ di Trenitalia”.

La nuova Via della Seta
“Belt and Road Initiative” (Bri), la nuova Via della Seta, e’ il progetto lanciato dal presidente Xi Jinping nel 2013 per integrare l’Asia e l’Europa via terra e via mare, toccando anche l’Africa. “Una cintura una via” (Yi dai yi lu) si presenta come la risposta cinese al cambiamento degli scenari geopolitici e alla crisi economica globale; punta non tanto a definire un nuovo ordine mondiale quanto a dettare le regole del sistema attuale, di cui la Cina, seconda economia mondiale, e’ la principale beneficiaria. In controtendenza al risorgente protezionismo, il progetto e’ l’incarnazione del Sogno Cinese di “rinascita” ed e’ legato al piano di innovazione del settore manifatturiero “Made in China 2025”. Xi Jinping, nel discorso pronunciato a Davos il 17 gennaio scorso che ha cambiato il corso della politica estera, ha proposto un nuovo modello di globalizzazione, piu’ inclusivo ed equilibrato. Lo Statuto ufficiale di Bri del marzo del 2015 definisce infatti l’iniziativa un “impegno solenne di cui beneficeranno tutti i popoli del Pianeta”. Una globalizzazione con la Cina al centro, che altro non e’ che la visione tradizionale cinese dell’ordine mondiale (??,Tianxia: “all under heaven”). Ma l’iniziativa e’ soprattutto un grande progetto economico che punta a integrare l’Asia e l’Europa costruendo sei corridoi di trasporto via terra e via mare, attraverso i quali circoleranno merci, tecnologie, cultura. Al Belt and Road Forum di Pechino, oltre ai 900 miliardi di dollari che la Cina ha gia’ programmato di investire sui corridoi economici, Xi ha promesso finanziamenti per nuovi 780 miliardi di yuan (113 miliardi di dollari). Di questa somma 14,5 miliardi di dollari andranno al Silk Road Fund, uno dei grandi bracci finanziari dell’iniziativa.

Opportunità e sviluppo
La Cina ha comprato il Pireo e oggi punta a investire sulle ferrovie nel Balcani per creare un collegamento diretto con l’Europa centrale. La vera sfida del rilancio della connettivita’ promosso dalla Cina lungo le antiche rotte sui mari, la Via della Seta Marittima del Ventunesimo secolo, per l’Italia si gioca sui porti. Con il raddoppio del Canale di Suez nel 2015, il Mediterraneo ha assunto una nuova centralita’. Dopo l’acquisizione del Pireo da parte di Cosco (China Ocean Shipping Company) nel 2016 per un valore di circa 360 milioni di euro, il numero di container che il porto greco movimenta e’ passato da 500mila a 3,1 milioni. Questo, come altri investimenti in programma, ad esempio la possibile acquisizione del porto algerino di Cherchell, se da un lato rendono il Mediterraneo piu’ competitivo, dall’altro lato rischiano di sottrarre traffico ai porti dell’Adriatico: Ravenna, Venezia e Trieste. Nessuno ha dimenticato il fallito accordo su Gioia Tauro, che occupa nel Mediterraneo una posizione centrale e sarebbe stato per i cinesi il porto ideale sul quale investire. Cosco si e’ scontrato con le criticita’ del nostro sistema di governance. Quella e’ una partita persa. 

Primi passi
 Paolo Gentiloni e’ stato l’unico leader del G7, di cui l’Italia ha quest’anno la presidenza, a riunirsi a Pechino al primo forum internazionale di cooperazione sulle nuove vie della seta con altri 29 capi di stato e ministri di oltre 80 Paesi. Una presenza che i cinesi hanno evidentemente gradito: l’obiettivo del governo di far inserire i porti italiani tra i terminali della via della seta marittima e’ diventato piu’ concreto. Al termine dei due giorni a Pechino, dopo i colloqui bilaterali con il primo ministro cinese, Li Keqiang, prima, e con il presidente cinese, Xi Jinping, subito dopo, Gentiloni si era detto “favorevolmente colpito” dall’inserimento dei porti italiani “tra i porti sui quali investire in questo gigantesco programma di investimenti”. In particolare, il presidente del Consiglio aveva citato Trieste e Genova collegati “al cuore ricco dell’Europa”. C’e’ un impegno concreto, da parte cinese, a investire nei porti italiani e, in particolare, quelli dell’alto Adriatico: “La leadership cinese ha dichiarato esplicitamente l’intenzione di volere investire su Trieste e Genova. Avverra’. C’e’ una data x; c’e’ un impegno”, aveva affermato il presidente del Consiglio. E non c’e’ concorrenza con il porto del Pireo: “Sono progetti diversi che possono essere sviluppati in modo diverso e parallelo”.