Tradizione come faro dell’innovazione

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Dopo qualche anno di lavori strutturali il Museo del Corallo di Torre del Greco è stato di recente riaperto al pubblico. Dirigenti e curatori hanno auspicato per la struttura un radioso futuro di volano per l’economia turistica della città. Tuttinpiedi, battiamo le mani. Il corallo, il greco korallion, ha rappresentato per Torre del Greco la grande svolta economica e il trampolino per il mercato mondiale della gioielleria. Con la qualifica di eccellenza, abusatissimo termine che vuole indicare una preziosa peculiarità di un territorio, la lavorazione artigianale del corallo rappresenta nel mondo uno dei simboli della creatività e del design made in Italy. Pensare che non si sente parlare che di barriere coralline lontanissime, dispensatrici di emozioni marine dal sapore esotico!! Il famoso oro rosso di Torre del Greco è perfino candidato da novembre 2016 a diventare patrimonio dell’UNESCO. Facile immaginare uno strepitoso incremento del movimento di visitatori per il Museo torrese nel quale sono in mostra preziose opere in corallo e momenti e strumenti della sua lavorazione. 28 visitatori al giorno. Questa la media per un totale di 10000 visitatori all’anno secondo la stima di Confartiginato. Un po’ poco per ottenere il risultato auspicato alla sua riapertura dalla Preside dell’Istituto Degni nel quale è ubicato il Museo. L’antica Scuola della lavorazione del Corallo oggi è diventata Istituto d’Arte. Il Museo è al suo interno. Gli oggetti in mostra sono tanti e la lavorazione preziosa. Eppure i tre livelli: cosmo, evoluzione e rigenerazione che il corallo rappresenta, restano misteriosamente racchiusi in qualche scrigno che al turista non è dato di aprire. Il simbolismo dell’Albero, inteso come Asse del Mondo, dell’Acqua, vista come Origine del Mondo, e del colore Rosso, simbolo del Sangue che con la forma ricorda i vasi sanguigni e i meandri delle viscere, aleggia vago come anche la leggenda del sangue di Medusa che, caduto in mare, pietrificò le piante marine trasformandole nel prezioso materiale. Poche volte si ha a disposizione un materiale così ricco e prodigo di spunti per l’interpretazione. Un acquario nel quale sistemare i grandi rami rossi movimentati, magari, da bolle d’ossigeno che possano rammentare il drammatico movimento subacqueo della pietrificazione dei rami delle piante nel mare, gli oggetti affiancati dagli strumenti necessari alla lavorazione, una camera buia nella quale trasformare il visitatore in un corallaro virtuale. Anche una veste di foggia cinquecentesca, recante alla cintura un rosario o un ramo di corallo, (con una foto del quadro nel quale balie e domestiche dei fanciulli nobili usavano l’elemento come protezione e auspicio di buona salute) potrebbe dare l’esatta dimensione dell’uso e dei significati di questo materiale tanti secoli fa. Per raggiungere la trasformazione del museo in volano dell’economia turistica, tanto auspicato dalla preside dell’Istituto d’arte Valentina Bia, è necessaria una revisione totale della tecnica espositiva alla luce dei principi dell’interpretazione. A onore del vero il Museo Ascione a Napoli o il Museo del Corallo di Alghero non espongono il loro prezioso materiale nel modo più accattivante e coinvolgente. Il problema, infatti, non è di questo o quel museo ma di tecniche espositive senza pathos che non possono ottenere risultati speciali nonostante l’unicità di quanto esposto. Certamente ognuno di questi tre musei ha la propria storia, le proprie speciali esperienze. Ognuno di essi potrebbe raccontarle coinvolgendo il visitatore in un esperienza unica. Difficilmente altrimenti, chi è stato nel museo di Torre de Greco potrebbe desiderare di andare a cercare anche quello di Alghero, non prima di aver vissuto l’entusiasmante esperienza testimoniata dalla famiglia Ascione. Un auditorium-teatro, un centro educativo, un negozio e un ristorante panoramico se disponibili per I visitatori, avrebbero un impatto vincente sul numero di frequentatori non solo nelle così dette stagioni turistiche ma ogni giorno dell’anno. La vicinanza della scuola di lavorazione del prezioso materiale potrebbe, e dovrebbe, generare stage d’interesse internazionale per la formazione di artigiani provenienti da tutto il mondo, capaci di produrre con tecnica antica oggetti di design contemporaneo e gioielli adeguati ai nostri tempi. Sfruttiamola pure, l’antica capacità del nostro made in Italy! Usare la tradizione per promuovere l’innovazione è il modo migliore d’interpretare l’essenza di un luogo.