Come fare l’Eurodeterrenza nucleare

I molti progetti che circolano, in Italia come negli altri Paesi NATO ed UE, per il “nuovo esercito europeo” mancano di una prospettiva nucleare e batteriologica-chimica, senza la quale un eventuale Forza Armata Unita dell’Europa, dopo l’uscita di una potenza nucleare come la Gran Bretagna dall’UE, sarebbe poco più di un gruppo di scout.
Peraltro, il probabile rallentamento dell’interesse USA per la difesa europea, unito ad una possibile serie di tensioni con la Federazione Russa, rende necessario ripensare l’arsenale N europeo (e batteriologico-chimico, d’altronde) e l’intera dottrina della difesa della penisola eurasiatica.
Siamo ancora tutti dentro l’incantesimo della guerra fredda. Certo, la Federazione Russa non è l’arcinemico di allora, ma è sicuramente un concorrente globale della UE con il quale si possono e debbono fare accordi, strategici e economici, ma che ha idee diverse sull’Eurasia, sul Medio Oriente e sull’Asia Centrale.
Idee diverse non solo da quelle degli USA, ma anche estranee ad un interesse europeo correttamente inteso.
La Francia, quindi, dopo l’uscita di Londra dalla UE, rimane l’unica potenza nucleare europea.
Parigi vuole, con la sua struttura nucleare strategica nazionale, “impedire la guerra”, sia essa nucleare o convenzionale.
La dottrina, anche nel caso della Francia, non è molto cambiata da quella in vigore durante la guerra fredda, anche se oggi la tematica, malposta, del “terrorismo”, che è invece e propriamente il jihad, vede Parigi usare il suo tridente N contro le organizzazioni terroristiche, appunto, o i “capi di stato ce usano armi di distruzione di massa contro il territorio e gli interessi della Francia”.
Troppo poco. E se la Cina lanciasse un attacco missilistico contro l’Esagono, cosa succederebbe?
La teoria nucleare deve analizzare tutti gli scenari, non solo quelli che si credono i più probabili.
Peraltro, nel suo discorso del 19 gennaio 2006, il Presidente Chirac indica, ancora, l’uso legittimo della Force de Frappe “contro dirigenti degli Stati che ricorrano a metodi terroristici” e “contro chi voglia utilizzare armi di distruzione di massa” e ciò, si badi bene, vale sia per il territorio dello Stato francese che per “gli Stati vicini”.
Un lancio strategico N contro dei “dirigenti” di un Paese?
E’ vero, peraltro, che il sistema nucleare di Parigi è estremamente sofisticato per quanto riguarda la precisione delle armi utilizzate, ma esse non sono delle armi individuali che si usano contro un malvivente.
La domanda da porsi è allora questa, in sostanza: la Francia ha interesse a mettere in comune il proprio arsenale nucleare strategico con gli altri Paesi, dopo che Londra se ne è andata dalla UE?
Certamente un ruolo di detentore della risposta nucleare farebbe diventare Parigi il vero dominus della Forza Armata UE, e dell’Europa, ma è ugualmente certo che la Francia non accetterebbe mai di difendere obiettivi infraeuropei che non le interessano o che distolgano tecnologie e mezzi dai punti di difesa già programmati.
Sarebbe una difesa a metà, quindi, senza che nemmeno sia stata posta in discussione la questione delle armi BC, batteriologiche e chimiche, della prossima Forza Armata d’Europa.
E non parliamo nemmeno dei vettori del nucleare, che sono importanti quanto la tecnologia che utilizzano come arma.
La Germania, poi, che è sempre stata sospettosa dell’arma nucleare, che era destinata spesso, in fase di guerra fredda, a colpire obiettivi interni al territorio tedesco, vuole una risposta strategica N organizzata sulla base degli arsenali già esistenti di Francia e Gran Bretagna.
Berlino non vuole trovarsi da sola a gestire un arsenale nucleare solo francese, destinato quindi a “sacrificare” aree tedesche, all’occorrenza, per difendere postazioni e popolazioni interne al confine francese.
Ma la Germania non può credere, come non può crederlo nemmeno l’Italia, che una concorrenza strategica o una compensazione tra Londra e Parigi, in ambito nucleare, possa essere scelta o diretta dagli Stati che vengono protetti quasi gratis.
Le sei basi della NATO, oggi, che ospitano armamento nucleare sono Kleine Brogel, in Belgio, Buchel, in Germania, Aviano e Ghedi in Italia, Volkel in Olanda, Incirlik in Turchia.
Si tratta di oltre 180 ordigni N.
Altre armi nucleari USA in Europa sono, attualmente, a Lakenheath, in Gran Bretagna, Norvenich e Ramstein, oltre alle basi già citate, in Germania, ad Araxos in Grecia e oltre che a Incirlik, armi nucleari americane si trovano, in Turchia, anche nelle basi di Akinci e Bolkesir.
Gli USA, durante la presidenza di Barack Obama, hanno elaborato il programma EPAA (European Phased Adaptive Approach) che dovrebbe proteggere progressivamente tutto il territorio europeo, ma con obiettivi e tempi scelti, naturalmente, da Washington.
Peraltro, non crediamo che, oggi, l’ estensione del programma EPAA dal 2011 al 2020 sarebbe priva di sostegno finanziario da parte degli singoli Stati europei che dovessero accettarla.
Nella prima fase, arriveranno (e lo hanno già fatto) navi USA con intercettori AEGIS (con navi classe Arleigh-Burke) e missili RIM 161 SM3 che operano contro missili nemici a breve e medio raggio. E’ già accaduto nella base di Rota, in Spagna.
E’ ovvio che si tratta qui di proteggere, in prima istanza, le forze USA già presenti nel Mediterraneo meridionale.
In una fase successiva, gli Usa aggiungeranno una componente di terra agli SM-3 a Nord e a Sud dell’Europa, sempre diretta contro intrusioni N a breve e medio raggio.
Infine, nel 2018, tutto il territorio europeo dovrebbe essere coperto da una rete di SM-3, che ha solo una limitata capacità di colpire gli ICBM, Intercontinental Ballistic Missiles.
E quindi siamo ritornati al punto di partenza.
Senza una adeguata copertura e capacità di ritorsione nei confronti di un attacco ICBM, la difesa europea, con o senza il supporto degli USA, è una miccia bagnata.
La Francia, tra l’altro, utilizza, oggi, missili balistici solo nella componente marittima del Tridente Nucleare (Terra-Mare-Cielo) mentre i missili posti a terra sono stati “decommissionati”, come si dice in gergo, a partire dal 1996.
Parigi possiede ancora, comunque, missili da crociera nucleari che possono essere trasportati su aerei, utilizzati, secondo l’attuale dottrina N di Parigi, come “arma tattica” che precede la fase dell’attacco N vero e proprio.
L’”ultima dissuasione” prima di una salva nucleare controforze.
Non basta, e comunque la dottrina francese non è sufficiente, e forse non lo sono nemmeno le sue testate nucleari, a difendere autonomamente il territorio europeo.
La Fase 4 del programma EPAA USA, peraltro, sancisce la presenza di missili in Europa anche a lungo raggio solo dal 2020 in poi, ma naturalmente solo con “chiave” americana.
Riecheggia qui la vecchia domanda che un grande stratega, e quindi grande politico, Charles de Gaulle, pose all’ambasciatore nordamericano a Parigi, nel 1965: “se un missile sovietico colpisce Lione, voi cosa fate?” Ovvero, vale davvero, sul piano della strategia nucleare, l’art. V del Trattato dell’Atlantico del Nord? Per la cronaca, il diplomatico Usa rimase in silenzio.
Le bombe nucleari ospitate in Europa, oggi, lo abbiamo visto, sono oltre 180 e si tratta di armi del tipo B-61 mod. 3-4-7-10.
L’arma suddetta può essere trasportata anche dai nuovi F-35, oltre che dai vecchi Tornado o F-16.
Entro il 2018, tutte le armi nucleari di tipo B-61 saranno convertite alla versione Mod-12.
Un’arma che sarà disponibile nelle potenze di 0,3 kiloton, 50 volte meno potente dell’arma di Hiroshima, fino a un massimo di 50 kiloton.
Il Mod-12 ha una forte caratterizzazione “bunker-buster”, ovvero di penetrazione del terreno e di scoppio sotto la superficie terrestre.
Le 180 e più bombe N presenti in UE dovrebbero rappresentare comunque una dissuasione credibile, dato che, per numero e potenza, non sarebbero sufficienti a distruggere la linea di comando nemica, ma potrebbero servire contro Paesi che possano o vogliano costruire bombe N “in casa” e a basso potenziale.
Ovvero, la Russia non ha deterrente mentre Paesi che oggi hanno altro da pensare che alla strategia nucleare potrebbero essere bloccate nell’”ascesa agli estremi” atomica, o magari si ritiene che questa postura nucleare possa dissuadere gli artefici di qualche “bomba sporca”.
Un pensiero strategico piuttosto debole, ci sembra di poterlo proprio dire.
Già, ma chi sarebbero questi Paesi che subirebbero la dissuasione europea? Non l’Iran, certo non la Federazione Russa e nemmeno, per quel poco che c’è di capacità N, alcune nazioni del Maghreb come Marocco e Egitto.
Si tratta quindi di una semplice garanzia politica, in mano agli USA e sotto diretto comando di Washington.
In questo contesto, alcuni analisti tedeschi hanno proposto che l’intero sistema N francese possa essere esteso alla UE, con finanziamenti quasi unicamente tedeschi e in parallelo, non in alternativa, al deterrente USA già presente in Europa.
Abbiamo visto però che, a parte la componente marittima, l’arsenale francese non ha un vero potenziale contro gli ICBM e, probabilmente, contro i vettori nucleari di raggio intermedio, qualora siano tanti e lanciati da postazioni vicine ai confini UE.
Parigi, infine, vuole mantenere l’assoluta discrezionalità sugli obiettivi e sull’uso del suo deterrente nucleare che, in caso di estensione dell’ombrello francese a tutta l’UE, dovrebbe proteggere gli Stati Baltici da un attacco, anche convenzionale, delle forze russe.
Nessuno ha voglia di svegliare l’orso russo, ma semmai di fargli capire che la prima salva nucleare di Mosca potrebbe generare una controsalva tale da creare danni controforze sufficientemente gravi, ma non tali da bloccare una seconda salva, che diventerebbe base per una trattativa politica.
Peraltro, se ci fosse un attacco N sulla Russia Mosca lancerebbe, ancora oggi, vettori nucleari direttamente sull’America del Nord, e questo, oggi, non è più tollerabile per Washington, che non ha alcuna intenzione di proteggere un concorrente geoeconomico, l’Unione Europea, a costo quasi zero per gli europei stessi.
Ma come si è organizzata la Federazione Russa in ambito d guerra N?
Secondo gli ultimi dati scambiati con l’Occidente secondo il trattato START, Mosca possiede 1643 testate nucleari poste su 528 sistemi di lancio strategici.
La Francia ha 300 testate nucleari. Sono poste su quattro sottomarini e la componente aerea è in dotazione a quattro squadre aeree.
La Gran Bretagna ha invece 215 testate N. Anche in questo caso, il vettore è soprattutto marittimo.
La Cina, poi, possiede 260 bombe atomiche, l’India 120 testate N, il Pakistan 130.
La Russia continua ancora a produrre il RS 24 YARS, in codice NATO lo SS-29, che è un ICBM trasportabile via terra, mentre ha appena messo in campo un nuovo ICBM sempre per il trasporto su strada, il RS-26 RUBEZH, che è specificamente diretto contro le difese missilistiche avversarie.
Lo RS 24 è un MIRV, ovvero può ospitare più testate, ed ha una gittata di 11.000 chilometri, mentre il RUBEZH può arrivare a 12.600 chilometri.
C’è poi in fase di avanzata costruzione un nuovo ICBM russo, sarà terminato nel 2018 e operativo nell’anno successivo, che è posto in silos e sarà a carburante liquido.
Per la componente marittima della minaccia N, Mosca ha già sviluppato, e posto in servizio dal 2013, il R-30 BULAVA, codice NATO SS-NX-30 MACE, che sarà lanciato dai nuovi sottomarini classe Borey entrati in servizio sempre nel 2013.
Il BULAVA ha una gittata da 8000 a 10.000 chilometri.
La componente aerea del tridente nucleare russo è composta soprattutto dal Kh-55, codice NATO KENT, che raggiunge i 2500 chilometri di gittata, che è di solito lanciato dai Tupolev 95 MS (cod. NATO BEAR H) e Tupolev 160 (cod. NATO BLACKJACK).
Il secondo Tupolev è un bombardiere strategico supersonico ad ala variabile, con un carico possibile di 40 tonnellate, sia N che convenzionali.
Mosca ha già poi sviluppato un’altra arma N aria-superficie, il KH 101, un missile da crociera sempre a lungo raggio.
Inoltre, la Federazione Russa sta ancora mettendo in linea Ground Launched Cruise Missiles, GLCM come lo R500.
Altrimenti detto “Iskander”, il GLCM suddetto è filoguidato e ha una gittata di 500 chilometri.
Per la Russia, l’arma nucleare e il suo uso servono a mettere in atto la nuova dottrina di sicurezza nazionale di Mosca, che consiste nella sua affermazione come potenza leader indipendente nel globo, in un panorama della sicurezza mondiale è fluido, pericoloso e incerto, con una forte competizione per le risorse economiche e immateriali.
Mosca poi ritiene che il mondo si sta avviando ad una composizione policentrica dei nuovi poteri e che, infine, la Russia deve circondarsi di buffer zone e aree di protezione contro ogni tipo di minaccia esterna.
Ecco, se mettiamo in conto anche l’autonomo dispositivo N francese, e la sua dottrina di uso immediato “antiterrorismo” e la rete di missili a medio e breve raggio USA, per la protezione delle Forze più che del territorio, abbiamo a che fare con una equazione strategica irragionevole.
Non serve per la dissuasione o la deterrenza nei confronti della Russia, non è utile per la difesa contro le c.d. “bombe sporche”, non serve nemmeno a proteggerci da una eventuale salva atomica lanciata da un gruppo terroristico.
La Federazione Russa può quindi colpire a lungo raggio il territorio della UE, mentre la eventuale risposta europea e NATO si basa su armi N a medio-breve raggio che colpiscono appena il primo fronte dell’attacco nemico.
Probabilmente dentro gli stessi confini dell’Europa.
Ma quanto può essere dissuasivo, per l’attuale Federazione Russa, l’assetto nucleare (e non parliamo qui del BC. Biologico-Chimico) che si prospetta in Europa?
Una domanda alla quale possono rispondere solo i decisori politici e militari russi, che hanno tutto l’interesse a mantenere alta la pressione strategica sul territorio europeo per creare equilibri politici e economici che, senza l’asimmetria nucleare a loro favore, non potrebbero raggiungere.

Giancarlo Elia Valori