Neonati abbandonati alla nascita, la nuova emergenza italiana

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Rifiutati alla nascita e consegnati al loro destino, nel bagno di un fast food o nel cassonetto dell’immondizia, come è accaduto pochi giorni fa a Napoli, dove gli agenti della polizia insospettiti dalle macchie di sangue, hanno bloccato la donna che stava per sbarazzarsi del bambino appena partorito nella spezzatura, mettendo in salvo la piccola creatura. Bambini abbandonati, meno spesso, purtroppo, lasciati nelle culle della vita, le moderne “ruote degli esposti”, una quarantina ad oggi in Italia tra ospedali, parrocchie e centri di assistenza. Sono circa 3000, secondo un’indagine della Società italiana di neonatologia, i neonati abbandonati ogni anno nel nostro Paese. Il 73% è figlio di italiane, il 27 di donne immigrate, in gran parte tra i 20 ed i 40 anni, mentre le minorenni rappresentano il 6 per cento. Gli abbandonati in ospedale sono 400. Bilancio in linea con i recenti fatti: Maria Sole è una delle ultime neonate abbandonate, è stata ritrovata la mattina del 30 novembre scorso a Villa Literno, avvolta in una coperta, abbandonata in una scatola, fuori da un negozio di frutta e verdura. Aveva fra le 48 e le 72 ore di vita. Dietro i casi “da nera” tante storie simili, segnate da disagio, disperazione, solitudine, con conseguenze a volte irreparabili. Perché dall’angoscia di non poter accudire ed amare il figlio indesiderato all’infanticidio: il passo è terribilmente breve. La “culla della vita” per gli abbandonati, se la propria creatura la si affida al mondo, diventa l’unica scelta. In Italia ne esistono diverse: a Varese, Milano, Firenze, nate da un progetto pilota del Policlinico Calino di Roma. La “culla della vita” richiama alla “ruota degli esposti” posta al di fuori dei conventi, aveva una forma a bussola girevole, di solito costruita in legno, divisa in due parti chiuse per protezione da uno sportello: una verso l’interno ed un’altra verso l’esterno che, combaciando con un’apertura su un muro, permettesse di collocare, senza essere visti dall’interno i bambini indesiderati. Facendo girare la ruota, la parte con l’infante veniva immessa nell’interno dove, aperto lo sportello si poteva prendere il neonato per dargli le prime cure. Spesso vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato, ed anche una feritoia al muro, per imbucare lettere, offerte e sostenere chi si prendeva cura degli esposti. La prima ruota nasce in Francia, nell’ospedale dei Canonici di Marsiglia nel 1188. In Italia arrivarono intorno al 1806 col napoleonico regno italico, fu chiamata “rota proiecti” venne ufficialmente istituita anche nei comuni dell’Italia Meridionale per la tutela pubblica dell’infanzia abbandonata. Una ruota degli esposti era in realtà già presente a Napoli: quella della Santa Casa dell’Annunziata, di cui esistono documenti d’immissione risalenti al 1601. L’abolizione delle ruote avvenne intorno al 1800, si discusse molto in quegli anni visto anche l’aumento demografico e le “ruote” pesavano non poco sulle casse pubbliche, poiché spesso venivano affidati all’assistenza pubblica anche i figli legittimi. Oggi, tornano più che mai attuali e se ne sente sempre più l’esigenza per evitare abbandoni drammatici e per sostenere il diritto alla vita delle creature. La culla per la vita è un segno di speranza, è scegliere la vita anche nell’abbandono, un segno per dire che c’è una possibilità di far vivere quel bambino, anche nella scelta dolorosa dell’abbandono. Questo è il primo compito delle culle, che poi offrono un servizio concreto. Una mappa completa delle culle per la vita in Italia non c’è, sono circa 50 stando ai numeri forniti dal Movimento per la Vita. Ad oggi si richiedono più culle per la vita e anche come chiesto giorni fa da Marco Griffini, presidente di AiBi, ma Griffini chiede anche una legge che abolisca il reato di abbandono del minore, perché ad oggi una madre può essere ricercata ed accusata di abbandono del proprio figlio. I recenti casi di abbandoni ci spingono però a riflettere quanto la crisi economica e dei valori abbia preso il sopravvento tanto da minacciare e spaventare uno degli eventi più belli e significativi di una donna: dare al mondo un figlio.