Mostre, Carlo III e le antichita’: asse Napoli-Madrid-Città del Messico

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Conservazione e valorizzazione delle opere d’arte. Una priorita’ per Carlo III di Borbone, che seppe tradurre il suo amore per le antichita’ in azioni concrete di tutela e fruizione pubblica, anche come strumento di propaganda, delle sue collezioni. A dare conto di questa sua visione ‘moderna’ dell’arte, una mostra del Museo Archeologico di Napoli, che si sviluppa fino al 16 marzo 2017 in tre sedi contemporaneamente. Il capoluogo campano, infatti, e’ in dialogo con Madrid e Citta’ del Messico grazie a sinergie tra il Mann diretto da Paolo Giulierini e, rispettivamente, l’Accademia di Belle Arti San Ferdinando e la Facolta’ di Arte e design. Al centro di questa mostra con tre poli, le opere in bronzo frutto degli scavi ‘700enteschi nella villa dei Papiri a Ercolano, fortemente voluti dal sovrano di cui quest’anno si celebrano i 300 anni della nascita.
Napoli infatti possiede gli originali, ma Carlo III ne fece fare calchi in gesso, copie portate a Madrid quando nel 1759 divenne re di Spagna per rivedere quei capolavori, e inviate anche all’Academia de San Carlos a Citta’ del Messico per permettere agli studenti di osservare da vicino ‘il bello’ antico. E anche se quelle sudamericane sono andate perse, rimane una robusta raccolta di disegni a illustrarle. I tre poli della mostra sono in connessione grazie anche a tecnologie multimediali, con ricostruzioni 3D, restituzioni ad alta definizione e realta’ virtuale. Circa 60 le opere in mostra, tra dipinti, disegni e incisioni, oltre che una selezione di 200 preziose matrici in rame di recente restaurate delle 5mila conservata nel Mann, utilizzate dalla Stamperia reale per l’opera ‘Antichita’ di Ercolano esposte’ (primo volume 1757), con la quale il sovrano condiziono’ il gusto europeo tanto che l’abate Ferdinando Galiani scriveva al ministro della casa reale Bernardo Tanucci nel 1765: “non si fanno piu’ bronzi, intagli o pitture che non si copino da Ercolano”. “Carlo III e i suoi uomini – spiega Giulierini – superano l’annoso e sterile dibattito, purtroppo ancora attuale, che vede antagoniste conservazione e valorizzazione di un’opera. A loro si deve l’idea geniale di inserire in un’unico ‘cortometraggio’ scavo, restauro, esposizione, veicolazione dei contenuti anche con immagini”.