Boscoreale e le ville romane cancellate dall’eruzione

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Pompei, Ercolano, Stabia. Bastano queste parole ad evocare un passato glorioso, vestigia meravigliose conosciute in tutto il mondo che narrano di una società evolutissima, di una cultura millenaria che una immane tragedia ha consegnato ai posteri quale testimonianza pressoché intatta del passato.
 
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Ebbene, nella stessa area geografica, alle pendici del Vesuvio, dove sono ubicati i celeberrimi siti citati, nel corso di scavi che a più riprese, dal 1700 fino al secolo scorso hanno interessato la zona, sono stati rinvenuti ulteriori importantissimi reperti archeologici, sebbene gli scavi non siano stati sempre professionali e molti dei tesori rinvenuti siano stati distrutti o depredati, finendo lontano dalla terra d’origine. 
Si trattava di un complesso di ville romane per lo più rustiche, concentrate in quella zona che secondo alcuni ricondurrebbe al Pagus Augustus Felix Suburbanus, ossia un sobborgo pompeiano, compreso oggi nel territorio comunale di Boscoreale e in quello di Terzigno. La zona era considerata estremamente fertile, e così sin dall’epoca sannita erano sorte ville romane rustiche che sfruttavano le condizioni particolarmente favorevoli del territorio. La definizione di ville rustiche lascia pensare a strutture caratterizzate unicamente dalle attività produttive svolte al loro interno, mentre in realtà esse nascono in un contesto signorile, in cui è facile distinguere la pars urbana da quella più propriamente rustica.
Anche le ville di Boscoreale, come le più note città di Pompei ed Ercolano, furono distrutte dalla disastrosa eruzione del 79 d.C., ma in seguito il territorio venne rioccupato, come testimoniato dai ritrovamenti di reperti risalenti ad epoca cristiana.
 
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La Villa Regina ( scavata a partire dal 1977),unica ad oggi visibile, era dotata di ogni attrezzatura utile per l’attività vinaria: orchi vinari e oleari, celle vinarie con dolia parzialmente interrati, oltre naturalmente i necessari strumenti agricoli.  Si trattava di un ambiente di modeste dimensioni, a circa 6 metri dal livello stradale. In particolare nella villa è stato rinvenuto un apposito ambiente per la torchiatura dei grappoli, una cella vinaria con 18 dolia, delimitato da un portico, dove è visibile il larario, e nel quale, durante lo scavo, fu ritrovato un carro da trasporto, una vasca per la premitura dell’uva e un contenitore dove raccogliere il mosto, un granaio, una cisterna per l’acqua e un’aia scoperta delimitata da un bordo in pietra. 
Il ritrovamento di una statuetta e una pittura raffigurante Bacco testimoniano come nella villa fosse praticato il culto dionisiaco, legato alla produzione del vino. L’attività della fattoria, costruita intorno al I secolo a.C., a conduzione familiare, era incentrata, infatti, sulla produzione e conservazione del vino ottenuto dal vigneto che circondava la villa e della quale è stato possibile ricostruire l’impianto. Oltre a questa produzione, la fattoria era dedita anche alla coltivazione dell’ulivo e dei cereali, cosicché gli scavi realizzati, sebbene non completi, hanno permesso di ricostruire il quadro socio economico del territorio sub urbano a nord di Pompei. 
 A fianco all’ambiente rustico, tuttavia, si potevano ammirare ambienti dedicati alla vita domestica, in particolare  un bellissimo triclinium ornato da pitture del IV stile che consentiva ai padroni di casa di pranzare insieme ai loro ospiti, comodamente adagiati sui cuscini, a fianco del quale si trovava un fienile comunicante con l’aia.
Gran parte delle ville rinvenute furono scavate ad opera di privati, allo scopo di recuperare suppellettili e decorazioni parietali, sicché in seguito al ritrovamento dei reperti, esse furono rinterrate e ad oggi non risultano visibili.
Nelle adiacenze di Villa Regina è sorto, nel 1991, l’Antiquarium Nazionale “Uomo e ambiente nel territorio vesuviano”. Si tratta di un’esposizione molto interessante, articolata in due sale. In esse viene ricostruito l’ambiente e l’economia di età romana prima del 79 d.C. , vi si trovano reperti provenienti da Pompei, Ercolano, Stabia, ma anche ritrovati presso le ville di Boscoreale. Le vetrine mostrano utensili tipici dell’attività agricola  e dell’allevamento, ma anche strumenti per medici, articoli dedicati alla cosmesi, pettini, specchi, pinzette, oltre a piante utilizzate durante i riti religiosi o frammenti di tessuti, fino ai resti carbonizzati di pane e altri alimenti. A colpire particolarmente il visitatore, certamente i calchi, ottenuti col metodo Fiorelli, inventato dall’archeologo napoletano che fu direttore degli scavi dal 1861 al 1875, che prevede una colata di gesso liquido nella cavità lasciata dal corpo nel materiale vulcanico, permettendo di risalire alla posa della vittima al momento dell’eruzione. In particolare sono visibili un maiale, rinvenuto in loco e prova che l’animale veniva allevato nelle fattorie già nel I secolo, e soprattutto il cane, proveniente da Pompei:  l’animale, presumibilmente a guardia di una villa, appare rannicchiato, con le zampe contratte, e restitisce in quella posa tutta la drammaticità della sua atroce fine, legato al guinzaglio, la cui impronta è ben visibile, che gli impedì la fuga.
 
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Il complesso di Boscoreale è decisamente meno noto di quelli notissimi dell’area, eppure meriterebbe maggiore attenzione per lo spaccato di vita rustica suburbana che è in grado di offrire. Purtroppo la Villa Regina è visibile sono esternamente, non essendo stati completati i lavori di messa in sicurezza necessari all’agibilità, ma la ricchezza dei reperti dell’Antiquarium e la loro particolarità che raccontano di un mondo fatto di agricoltura, allevamento, lontano da quello urbano, dal lusso, dalla politica, offrono uno spaccato interessante, un punto di vista insolito su un epoca lontana, gloriosa e sempre affascinante.