Il valore assoluto della reputazione per non diventare come dei robot

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I robot conquistano spazi sempre più estesi in tutti i campi dell’attività dell’uomo. Il quale, per contro, messo a nudo da un’onda alta di dati a corroborare quanto già sostenevano diversi studiosi del comportamento tenuto nel suo agire, non appare più in veste di Home Economicus, una sorta di robot super razionale che dotato di tutta l’informazione rilevante massimizza la sua utilità in quanto consumatore e il profitto se imprenditore. La vita reale, non quella schematizzata nei testi della tradizionale cultura economica, vede un’eterogeneità di individui i cui pregiudizi cognitivi e irrazionalità le più varie li inducono ad adattarsi continuamente, in modo evolutivo, alle circostanze, ai cambiamenti improvvisi, utilizzando meccanismi di retroazione.
Nell’adattarsi alle mutevoli condizioni, ciascuno di noi fa uso della propria reputazione che è il credito spendibile nelle personali relazioni culturali, sociali, politiche e commerciali. La reputazione ha il volto bifronte di Giano. 
Una faccia è rivolta verso l’entrata di reputazione (come gli altri ci giudicano); l’altra faccia è girata verso l’uscita (la nostra offerta di reputazione). In entrambe le direzioni si vengono a creare equilibri precari e quindi mutevoli tra comportamenti egoistici e condotte altruistiche. L’ago della bilancia oscilla tra due estremi. 
Da un lato, prevale la volontà altruistica di beneficiare i propri simili – proposito che è al centro dell’opera De beneficiiis di Seneca. Dal lato opposto, domina l’atteggiamento di coloro che preoccupandosi unicamente di loro stessi sono mossi da una così forte propensione al perseguimento dell’interesse personale da recare danno agli altri e, alla lunga, anche a se stessi. Infatti, il loro comportamento fa peggiorare nel tempo lo stato di salute della comunità in cui vivono. 
L’ago della bilancia si sposterebbe verso l’altruista qualora l’egoista che tiene ben stretti nelle sue mani gli interessi personali le usasse per stringere relazioni cooperative a beneficio dell’interesse generale. Ci vorrebbe, insomma, che la mano invisibile di Adam Smith della Ricchezza delle nazioni fosse allenata per una stretta di mano cui gli esseri umani in quanto creature sociali devono tendere per meglio regolare le loro relazioni, come suggerisce la sua Teoria dei sentimenti morali. Questo non è il caso del Bazar delle Follie, un paese dove è netta la prevalenza della rendita  a vantaggio di pochi,  ottenuta con pratiche collusive che deformano e restringono la concorrenza mentre soffocano la cooperazione.  •••